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Passaggio generazionale, momento delicato per le aziende, ma se pianificato porta anche vantaggi fiscali. Così l’Unione Imprese Storiche Italiane riunite ieri da Barone Ricasoli. In Italia solo il 25% delle aziende sopravvive alla seconda generazione

Il trasferimento della proprietà e del controllo dell’azienda da una generazione all’altra, spesso, mette in discussione la sopravvivenza dell’impresa stessa. Gli imprenditori italiani con più di sessant’anni sono il 60% del totale, e significa che le loro aziende affronteranno nei prossimi anni un passaggio generazionale. Di questi, il 70% desidera lasciare l’azienda ad un familiare, ma solo il 25% delle imprese sopravvive alla seconda generazione di imprenditori e solo il 15% alla terza. Il passaggio generazionale è un momento cruciale nella vita di un’azienda, perché implica il trasferimento da una generazione all’altra di un vero e proprio patrimonio di know how e competenze di gestione, acquisite in anni di esperienza. Con il passaggio sono a rischio anche l’insieme di relazioni con il territorio, nonché posti di lavoro. Ma come realizzarlo in modo corretto e senza traumi? La sua pianificazione è fondamentale, e può portare anche vantaggi fiscali alle aziende, secondo gli esperti riuniti al convegno “Imprese storiche: il passaggio generazionale tra Famiglia e Capitale”, promosso dall’Unione Imprese Storiche Italiane (www.uisitalia.org), l’associazione che riunisce 46 brand ultracentenari di 8 Regioni d’Italia, di scena ieri al Castello di Brolio, nel cuore del Chianti Classico, ospite di Barone Ricasoli 1141, la più longeva realtà del mondo enoico italiano.
“In un mondo che oggi viaggia a velocità incontrollabile, il passaggio generazionale è qualcosa di molto serio da prendere in considerazione - ha detto Francesco Ricasoli, generazione n. 32 discendente del “Barone di Ferro” - perché le nuove generazioni non necessariamente vogliono seguire un percorso paterno, e in una stessa generazione, a volte, si fa fatica a mandare avanti l’azienda che è stata per secoli all’interno di una famiglia”. L’impresa storica, come sanno bene storiche famiglie del vino come Marchesi Antinori, Biondi Santi, Carpenè Malvolti, Cecchi, Marchesi Mazzei o Travignoli, non si presenta solo come un’organizzazione produttiva, ma anche come un soggetto vivente, che sfugge alle leggi del ciclo vitale biologico degli esseri umani, potendo perdurare su un arco di tempo sostanzialmente indefinito. È dotata di una longevità che poggia sulla capacità di assicurare una continuità imprenditoriale all’organismo aziendale, vuoi attraverso il conseguimento di condizioni di convivenza e ricambio generazionale nel gruppo familiare, vuoi attraverso processi di ricambio esterni alla famiglia. In generale, tuttavia, gli imprenditori considerano il passaggio generazionale un fenomeno di delicata gestione. Pur trattandosi di un tema spinoso, in realtà minimizzare i rischi è possibile.
“Le imprese storiche in realtà sono quelle che già hanno compiuto il percorso del ricambio generazionale - afferma il professore di Economia aziendale dell’Università di Verona Claudio Baccanti - ma attualmente il dialogo tra le generazioni è sempre più difficile. Nel passato recente le generazioni si avvicendavano più gradualmente perché il fenomeno era legato ai mutamenti culturali. Oggi, con la rivoluzione informatica, è tutto più veloce e si assiste alla convivenza di varie generazioni, spesso incapaci di dialogare, perché le letture del mondo sono molto diverse e il passaggio generazionale è diventato molto più complicato. Ma la continuità è un dovere dell’impresa - conclude Baccanti - anche dal punto di vista etico, societario, appunto”.
Può anche accadere che l’imprenditore di prima generazione, pur in presenza di validi successori, rimandi continuamente il momento del passaggio generazionale ritenendo i successori inadeguati o rifiutando l’idea che l’azienda non sia più sotto il proprio controllo. In fase di passaggio, allora, la convivenza tra vecchia e nuova generazione può creare conflitti e dannose sovrapposizioni di dinamiche aziendali e psicologiche.
“Il capitale personale fatto di reti relazionali non può essere tramandato - osserva Franco Cesaro della Cesaro & Associati - e talvolta può accadere che il successore non possegga le qualità dell’imprenditore, perché imprenditori, probabilmente, si nasce e un po’ lo si diventa. Il 66% delle imprese familiari italiane non passano agli eredi, o perché chiuse o perché vendute, e la convivenza generazionale è al centro di questa criticità”. Spesso la volontà del titolare di lasciare l’azienda a figli o nipoti è molto forte: se capacità o motivazioni dei successori non sono sufficienti, però, può arrivare un insuccesso dell’impresa, nel medio o addirittura nel breve periodo. Per questo, l’imprenditore deve affrontare la questione per tempo (nessuno è eterno) e con una giusta pianificazione, prendendo coscienza di quale sia la reale volontà degli eredi rispetto al subentro nella gestione. “L’80% delle successioni imprenditoriali - aggiunge Cesaro - usano come “strumento” principale la morte, senza nessun tipo di pianificazione. In pochissimi sanno veramente quanto vale la propria impresa e in pochi considerano il capitale umano e il marchio un valore. Bisogna invece mettere al primo posto il progetto di vita della propria impresa come lo si fa della propria vita”.
Anche dal punto di vista giuridico-fiscale il passaggio generazionale può svolgersi in modo indolore “se è basato su un’adeguata pianificazione - spiega il notaio Jacopo Sodi - non sempre si tratta di una transazione tra senior e junior, sempre più spesso la casistica è quella rappresentata dal passaggio generazionale come apertura a capitali esterni che entrano nella compagine proprietaria dell’impresa. Solo per fare l’esempio forse più importante - continua il notaio - lo strumento fiscale più efficace per realizzare un passaggio pianificato generazionale è quello rappresentato dalle agevolazioni delle tasse di successione e donazione. Praticamente, è possibile realizzare un passaggio di proprietà generazionale di una società a tasse azzerate, almeno finché il regime fiscale nazionale non sarà mutato. La riforma delle società del 2003-2004 e i patti di famiglia del 2006 - conclude Sodi - hanno, infatti, aumentato gli strumenti e le agevolazioni in questa materia e non mancano gli esempi come quello offerto recentemente dall’operazione di successione familiare di Brunello Cucinelli”.

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