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C’è una progettualità legata al vino che dalla Valle dei Templi di Agrigento a Selinunte fino a Mozia, unisce la Sicilia tra storia, arte, paesaggi e turismo, e grazie a Cva Canicattì, Cantine Settesoli e Tasca d’Almerita preserva i gioielli italiani

Non sono solo la Sicilia e secoli di storia ed arte, sullo sfondo di paesaggi mozzafiato, ad unire la Valle dei Templi di Agrigento e l’antica città greca di Selinunte. E neppure l’essere tra le meraviglie della storia dell’umanità, l’una Patrimonio Unesco, l’altra Parco archeologico più grande d’Europa, entrambe custodi nei secoli anche di un’agricoltura che racconta le antiche civiltà (vigneti, uliveti e mandorleti della Valle dei Templi erano considerati “giardini preziosi”, e Selinunte dal greco Sèlinon, indica l’appio, un prezzemolo selvatico). In comune hanno anche una progettualità legata al vino, espressione delle più importanti realtà cooperative dell’isola, che contribuisce a preservare questi due gioielli italiani: ad Agrigento, dalla vendemmia 2012, grazie ad una convenzione con l’Autorità del Parco, la Cva Canicattì ha fatto rinascere “Diodoros”, il vino della Valle dei Templi, le cui royalties sono reinvestite nel Parco (oltre 6.000 euro con la prima annata, destinati a crescire grazie all’aumento della produzione); a Selinunte invece, dopo una vicenda quasi “pirandelliana”, iniziata nel 2014 e rimasta impantanata nella burocrazia, Cantine Settesoli, grazie alla firma di una convenzione con la Regione Siciliana, è ora soggetto promotore di fundraising con l’obbiettivo di raccogliere una somma di 500.000 euro da destinare al Parco che fa da sfondo ai suoi vigneti, con una serie di attività a partire da settembre 2016 quando per ogni bottiglia venduta nella gdo, 10 centesimi saranno donati al Parco attraverso l’art bonus. È da tempo ormai che gli agricoltori rivendicano il ruolo di custodi delle bellezze che si trovano nei loro territori, spesso direttamente nelle loro proprietà, vero ed inimitabile valore aggiunto delle produzioni italiane che già contribuiscono a mantenere: le case history siciliane ne sono un esempio, che vede pubblico e privato uniti dalla comune volontà di rilanciare il proprio territorio.
Intenti nobili, più difficili poi da mettere in pratica. Nel 2014 Cantine Settesoli si è fatta promotrice di un progetto di “interesse pubblico” che avrebbe portato qualcosa come 500.000 euro, da destinare ad interventi di manutenzione del Parco di Selinunte, attraverso soprattutto attività di fundraising per coinvolgere anche i consumatori. Ma il progetto è rimasto fermo in Regione, tra avvicendamenti di Assessorati e vuoti normativi in materia di sponsorizzazioni a beni pubblici. “Con la nuova gestione dell’Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana dell’assessore Claudio Vermiglio la vicenda si è sbloccata - spiega a WineNews Salvatore Li Petri, dg Cantine Settesoli - con la firma di una convenzione che prevede due tipi di azioni da parte di Settesoli: una a titolo di puro sponsor, per una somma di 12.000 euro destinata alla realizzazione dell’illuminazione della parete Est dei muri di cinta dell’acropoli di Selinunte; poi c’è l’aspetto delle donazioni che Settesoli e i consumatori possono fare attraverso attività di fundraising di cui Settesoli si pone come soggetto promotore. L’obbiettivo è raccogliere la stessa somma dei 500.000 euro. Da settembre, su ogni bottiglia a marchio Settesoli (con collarino che racconta il progetto, e un codice Iban che a giorni la Regione ci dovrà fornire) che venderemo nella grande distribuzione, doneremo 10 centesimi al Parco, con l’art bonus, e raccogliendo altri fondi grazie ad attività di comunicazione sulle bottiglie allo scaffale, con attività di trademarketing ed eventi ad hoc”.
Nella Valle dei Templi ad Agrigento, dalla vendemmia 2012, nei vigneti sotto il tempio di Giunone è rinato “Diodoros” - blend di Nero d’Avola, Nerello Cappuccio e Nerello Mascalese, prodotto su 3 ettari, in 6.000 bottiglie numerate nella prima annata, 7.000 nella seconda ancora in affinamento ma presto sul mercato, “vestite” da un’etichetta ispirata alle colonne doriche - grazie ad una convenzione pubblico-privata tra l’Autorità del Parco e la Cva Canicattì stipulata nel 2011, in un più ampio progetto per riprendere la coltivazione nelle aree demaniali della Valle (400 ettari su 1.300 ettari di giacimento agricolo), dall’olio alle mandorle, con i produttori locali e, tra gli altri, Fai e Università di Palermo. La Cva Canicattì, con l’enologo Tonino Guzzo, segue tutte le operazioni, dalla vendemmia alla commercializzazione delle bottiglie, partita nel 2014, e le cui royalties sono reinvestite nel Parco (il prezzo allo scaffale è sui 20 euro). “Con la prima annata abbiamo garantito oltre 6.000 euro di royalties all’ente Parco - sottolinea a WineNews Giovanni Greco, presidente Cva Canicattì - ma puntiamo ad incrementare la produzione delle prossime annate. In questi giorni infatti, stiamo ultimando la ricognizione di un nuovo vigneto di un ettaro e mezzo sempre nell’area archeologica e presto definiremo i dettagli di questa nuova concessione. Già da questa vendemmia Diodoros potrà toccare quota 10.000 bottiglie”.

Focus - Sull’isola di Mozia la vite rinasce con Tasca d’Almerita, e contribuisce a custodire il patrimonio della Riserva Naturale e Archeologica dello Stagnone di Marsala
Da quasi un decennio, Tasca d’Almerita si prende cura dei vigneti coltivati a Grillo sull’isola Mozia di fronte alla costa occidentale della Sicilia, la stessa dove Joseph “Pip” Whitaker, commerciante inglese e archeologo dilettante, la piantò nell’Ottocento per produrre un vino, il Marsala, che potesse competere con il Madeira e il Porto. Grazie alla rinnovata collaborazione con la Fondazione Giuseppe Whitaker, proprietaria dell’isola, Tasca d’Almerita, “con grande entusiasmo e tanti nuovi progetti continua questa avventura - ha spiegato a WineNews Alberto Tasca - in collaborazione con la Fondazione, che con altrettanto entusiasmo, ha rinnovato questo progetto, a lungo termine, per 12 vendemmie a partire dalla prossima”. Anche l’antica città fenicia di Mozia è una Riserva naturale e archeologica tutelata dello Stagnone di Marsala, la cantina siciliana dà vita d un vino con il marchio Tasca-Withaker, rilasciando una royalty sul fatturato delle bottiglie (30.000 quelle della vendemmia 2015, per arrivare, a regime, a 40.000-45.000, su circa 15 ettari coltivati ad alberello, salvati dall’abbandono e reimpiantati a metà anni Settanta dall’Istituto Regionale della Vite e del Vino della Regione Siciliana, con il grande enologo Giacomo Tachis) alla Fondazione, cui finora, sono stati donati oltre 200.000 euro.

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