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Ocm Vino, c’è lo schema di decreto per la misura promozione nei Paesi Terzi, e questa è la buona notizia. Ma non mancano elementi di criticità: a WineNews le osservazioni, più e meno positive, di Federvini, Unione Italiana Vini e Business Strategies

Italia
Ocm vino, decreto pronto ma con tante criticità

La notizia migliore, a quanto pare, almeno a sentire le organizzazioni della filiera del vino, è che, finalmente, lo schema di decreto per l’accesso ai fondi Ocm per la promozione nei Paesi terzi (100 milioni di euro all’anno per i prossimi 3 anni) è stato approvato, dopo il via libera della Commissione Stato-Regioni di ieri, come annunciato dal Ministero delle Politiche Agricole. Una misura fondamentale che ha contribuito in maniera decisiva alla crescita dell’export del vino italiano e al record di 5,4 miliardi di euro nel 2015. Decreto che, vale la pena ricordarlo, salvo modifiche sarà valido fino alla campagna 2020. Per il resto, come anticipato da WineNews (http://goo.gl/wYm8j8), non c’è grandissima soddisfazione tra le più importanti organizzazioni della filiera, visto che non piacciono alcuni dei punti cardine del decreto dal quale poi verrà emanato il bando nazionale (dove ballano il 30% delle risorse) e poi quelli Regionali (che si spartiscono il 70% del plafond).

A partire dai criteri di priorità che, a differenza di quanto indicato e richiesto dai player più importanti e più “pesanti” sull’export nazionale, premieranno soprattutto raggruppamenti di soggetti piccoli e medio piccoli, che non abbiamo mai beneficiato in passato dei fondi, piuttosto che organizzazioni con una spiccata e dimostrata propensione all’export, e che sono stati capaci, negli anni, di dare vita ad azioni consistenti ed efficaci, e in mercati nuovi, rischiando così di disperdere l’efficacia di investimenti a lungo termine lanciati in passato sulle piazze più importanti del mercato enoico del pianeta. Richiesta che, in realtà, non è stato possibile accogliere soprattutto per i vincoli imposti dal Regolamento Europeo in materia.
L’importo del sostegno a valere sui fondi europei è pari al massimo al 50% delle spese sostenute per svolgere le azioni promozionali (relazioni pubbliche, promozione e pubblicità, partecipazione a manifestazioni, fiere ed esposizioni di importanza internazionale, campagne di informazione, in particolare sui sistemi delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e della produzione biologica vigenti nell’Unione, studi per valutare i risultati delle azioni di informazione e promozione, ma anche attività di incoming di buyer e stampa stranieri che si possono svolgere nel territorio nazionale, ndr).
Questo sostegno europeo, spiega il Ministero, può essere integrato con fondi nazionali o regionali con un ulteriore importo fino a un massimo del 30% del contributo richiesto, per azioni senza marchi commerciali. Pertanto, l’ammontare complessivo del sostegno erogato con fondi europei e con l’integrazione nazionale o regionale non supera l’80% delle spese sostenute per realizzare il progetto. Sono ammissibili, a valere sui fondi quota nazionale, progetti aventi un importo complessivo minimo, ammesso a seguito dell’istruttoria di valutazione, per Paese terzo/anno non inferiore a 50.000 euro. Qualora il progetto sia destinato a un solo Paese terzo, il suo importo non deve essere inferiore a 100.000 euro.
“Bene che si sia arrivati alla fine di questo percorso, che ora speriamo porti alla pubblicazione del bando il più velocemente possibile - commenta a WineNews Ottavio Cagiano, dg Federvini - perché c’è un enorme lavoro da fare per mettere in piedi le campagne promozionali, e c’è l’esigenza di agire velocemente. Detto questo, il giudizio complessivo non può essere positivo, perché comprendiamo che le difficoltà a recepire certe indicazioni che abbiamo dato siano legate al regolamento Ue, che mette come priorità nuovi Paesi e obiettivo e nuove aziende, ma questo deve far riflettere e deve spingere i Paesi europei che hanno interessi importanti nell’export di vino, come l’Italia, a trovare un nuovo dialogo con l’Unione in questo senso. Non si tratta di voler escludere nessuno dai finanziamenti - precisa Cagiano - ma ricordiamo che queste misure servono per migliorare i flussi commerciali, e questo non si fa semplicemente dicendo di andare in nuovi Paesi e con nuove aziende, magari penalizzando chi ha una forte propensione all’export e ha investito negli anni, su mercati che sono sostanziali, privilegiando investimenti in luoghi minori che, al netto di quanto si spende, non garantiscono risultati commisurati agli investimenti. Non dimentichiamoci che quelli dell’Ocm promozione sono fondi di cofinanziamento, che si attivano solo se c’è l’impegno del privato. E dove questo deve andare non può essere deciso “a tavolino”. Niente vieta che chi ha sufficienti capacità di spesa in futuro, se questa è la strada, decida di rinunciare ai fondi pubblici ed investire solo con le proprie risorse dove meglio ritiene. Ma se avvenisse, poi non chiediamoci perchè altri Paesi hanno un livello di penetrazione commerciali sui mercati più efficace del nostro. In ogni caso, ora è fondamentale agire con rapidità anche a livello regionale. E poi, se è vero che ci vantiamo, giustamente, dei primati e dei record del settore a livello nazionale, dobbiamo anche pensare al vino come sistema Paese, con meno logiche di campanile”.

Pensiero in parte condiviso da Unione Italiana Vini, che però ha un giudizio meno negativa dello schema di decreto, come spiega il segretario generale Paolo Castelletti:
“intanto va riconosciuto il valore del difficile lavoro che il Ministero delle Politiche Agricole ha fatto nel rapporto con le Regioni, che è stato travagliato, ed il cui atteggiamento ha fatto scivolare in avanti i tempi. Poi, nel merito, è vero che ci sono delle criticità che non ci piacciono sui alcuni criteri di premialità, ma ci sono elementi positvi. Intanto, che i criteri principali saranno gli stessi sia per il bando nazionale che per quelli regionali, e questo eviterà che ci si trovi con regole completamente diversi tra Regione e Regione. Bene anche che sia stato introdotto il concetto di “mercato nuovo del Paese terzo”, che tradotto vuol dire che se io negli anni ho investito negli Stati Uniti in California o Florida, per esempio, non è che non posso più andare in Usa, ma magari devo concentrarmi su un nuovo Stato. Altro aspetto da sottolineare è che i progetti giudicati finanziabili saranno finanziati in toto, senza la possibilità di rimodulazione su quelli giudicati ammissibili ma non finanziabili. Che è molto importante - sottolinea Castelletti - perché così non si mina l’efficacia di un progetto che inizialmente si dichiara finanziato con il 50% massimo dell’importo totale, come consentito dalla legge, e poi si decide di rifinanziare al 40% per poter spalmare il taglio su altri progetti. Ma ci sono anche cose che non ci piacciono. Per esempio, noi avremmo voluto che non ci fossero i progetti multiregionali, che incidono sui fondi gestiti dal Ministero a livello nazionale, che invece sono rimasti, anche se con un plafond ridotto (4 milioni di euro invece di 10). Poi sui criteri di premialità, dico che premiare soprattutto le aggregazioni di piccoli produttori può essere inefficiente, perché il tempo ha dimostrato che le piccole aziende beneficiano all’estero del traino di realtà più strutturate, mentre da sole probabilmente, salvo eccezioni, vanno poco lontano. Ma quello che ci preme veramente - conclude Castelletti - e su cui sollecitiamo ancora una volta il Ministero, è che si trovi il modo di far spendere alla Regioni tutti i fondi promozione per questa misura, che è fondamentale e strategica per le nostre esportazioni, evitando che invece, come successo fino ad oggi, una parte delle risorse (70 milioni di euro nel complesso, ndr), venga poi stornata su altre misure. Comunque, nel complesso, è un decreto che migliora le cose rispetto al passato, anche se si può sempre fare di più”.
“Fatto il decreto, ora tocca ai singoli bandi, regionali e/o nazionali - commenta invece Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies, azienda fiorentina che cura l’internazionalizzazione di 500 imprese vitivinicole italiane - cercare di fare emergere il meglio della misura. Il decreto pone infatti delle regole che lasciano margini di scelta alle singole regioni chiamate a realizzare i bandi, si spera in tempi brevi. Seppure con i vincoli imposti dal decreto, le amministrazioni regionali possono infatti tenere conto degli specifici obiettivi e necessità della propria filiera: avranno quindi facoltà di attivare o meno i progetti multiregionali, di definire specifiche premialità e categorie di vini oggetto di intervento, così come i Paesi target e la durata dei programmi oggetto del sostegno. Ma tra le pieghe del decreto ci sono elementi da guardare con molta attenzione, e che in qualche modo complicano le cose rispetto al passato. Come - sottolinea Ballotta a WineNews - l’innalzamento del 70% all’85% della soglia di realizzazione del progetto, pena la revoca totale del finanziamento”.

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