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L’import enoico della Cina, nel 2015, cresce del 44,7% in volume e del 37,3% in valore, e supera, per la prima volta, il Giappone. Déglise, ceo Vinexpo: “il futuro è qui, ed è legato alla crescita della classe media, che premierà i vini del Belpaese”

I quattro mercati principali dell’Asia, quelli di Cina, Giappone, Hong Kong e Corea del Sud, hanno chiuso il 2015 in forte crescita sul fronte delle importazioni enoiche, sia in termini di volumi che di valori, registrando massimi storici da entrambi i punti di vista. Come raccontano gli ultimi dati dell’Oemv - Observatorio Español del Mercado del Vino (www.oemv.es), la Cina ha così superato per la prima volta il Giappone anche in termini di valori, grazie ad una crescita del 37,3%, e del 44,7% in volumi, mentre il Giappone, tra i Paesi asiatici, è quello che registra la crescita minore, il +4%. Tra i dati più interessanti, il peso dell’imbottigliato, che nel 2015 ha rappresentato il 92% degli investimenti: nel 2000, al contrario, era lo sfuso a dominare il mercato, pesando per l’80% della spesa enoica, con l’imbottigliato appena al 17,3%.
Nonostante indici di crescita roboanti, il settore del vino in Cina è ancora relativamente marginale, ma offre un enorme potenziale di crescita, legato allo sviluppo della classe media, e quindi alla crescita degli stipendi ed al processo di urbanizzazione dei consumi. È pur vero che la Cina è il quinto bevitore di vino al mondo, ma i consumi a persona sono ancora bassissimi,
ed il mercato non risponde alle dinamiche di un settore maturo ed informato su prezzi, qualità e varietà. Comunque, la popolarità di Bacco è in crescita, e le aziende di tutto il mondo puntano sulle grandi città, da Pechino a Shanghai, da Shenzhen a Canton, in una dinamica estremamente competitiva, per la quale è necessaria una strategia di lunga prospettiva.
Che il mercato cinese sia in grande fermento, e che si stia finalmente aprendo alle classi media, disancorando il vino dal consumo elitario, lo pensa anche Guillaume Déglise, ceo di Vinexpo, che al magazine britannico “The Drinks Business” ha spiegato come “fino al 2012 il vino veniva comprato in quanto status symbol, ma oggi sta finalmente diventando un prodotto di consumo, grazie alle classi medie, e questo vuol dire acquistare bottiglie diverse dai soliti Bordeaux, sia per motivi di prezzo che di curiosità”. Una tendenza che, secondo i dati di Vinexpo (www.vinexpo.com), porterà ad un’ulteriore crescita del mercato dei consumi cinesi, oggi a quota 1,343 miliardi di litri, che nel 2019 diventeranno 1,393 miliardi di litri, con ovvie ricadute sulle importazioni, che valgono il 20% del mercato cinese. “Il mercato - continua Déglise - è in continua evoluzione, Bordeaux è ancora un punto di riferimento, ma il prezzo non è più l’unico parametro per giudicare la qualità di una bottiglia, e questo apre lo spazio a tanti altri territori di tutto il mondo”.
Ed in prima fila, “tra le nuove tendenze enoiche, potrebbe esserci l’Italia, che sta già conquistando le classi più agiate”, come racconta il ceo di Vinexpo, che nella sua declinazione asiatica, ad Hong Kong, dal 24 al 26 maggio, avrà proprio il Belpaese come ospite d’onore. “L’Italia è il più grande esportatore di vino al mondo, eppure in Asia vive delle difficoltà, è il quinto nel Continente ed appena il sesto in Cina. Credo - spiega Déglise - che possa crescere ancora molto. Nonostante i gusti, almeno per ora premino i blend a base Cabernet Sauvignon, il vitigno più piantato ed amato in Cina”.
Anche da un punto di vista gustativo, del resto, qualcosa è destinato a cambiare, con Déglise che punta forte “sullo Shiraz, dalle declinazioni del Rodano a quelle australiane, può diventare la prossima tendenza in Asia. Per i vini bianchi, invece, al di là delle bollicine, non vedo grossi margini in Cina, almeno sul breve periodo”.

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