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“Febbre da Brunello”: cantine vuote, prezzi di sfuso e terreni alle stelle (1.000 euro a quintale; 500.000 euro per 1 ettaro a Brunello) e ancora investimenti top a Montalcino. ColleMassari (Poggio di Sotto) compra La Velona (12 ettari, 7 a Brunello)

Italia
Febbre da Brunello: a Montalcino, cantine vuote, vino e terreni alle stelle ed ancora investimenti in aziende

Il successo di una vendemmia 2010 che ha portato le cantine del territorio al quasi “tutto esaurito” (comprese le scorte delle vendemmie precedenti), con le quotazioni delle sfuso (pressoché inesistente) che sfiorano i 1.000 euro al quintale, ed un vero e proprio “Risiko” in corso su terreni e proprietà, con tante aziende passate di mano negli ultimi 12 mesi, e dove chi può, sull’onda di fatturati in crescita e ottime marginalità, e anche le piccole aziende, cerca di comprare il possibile, compresi piccolissimi appezzamenti di vigneto in uno dei territori più pregiati d’Italia e del mondo, e dove un ettaro di vigna, grazie al successo del vino sul mercato e tra la critica internazionale, è quotato sui 500.000 euro: ecco, in estrema sintesi, l’“health check” tra i filari del Brunello di Montalcino fotografato da WineNews, alla vigilia di “Benvenuto Brunello” 2016 (19-22 febbraio, www.consorziobrunellodimontalcino.it), dove debutteranno il Brunello 2011, la Riserva 2010 ed il Rosso di Montalcino 2014.
Sul fronte delle compravendite, l’ultima notizia è quella dell’acquisizione, da parte del Gruppo ColleMassari di Claudio Tipa (ColleMassari nel Montecucco, Grattamacco a Bolgheri e Poggio di Sotto a Montalcino) dell’azienda agricola La Velona da Eugenio Buontempo, una delle realtà più prestigiose del territorio, con 12 ettari di vigneto, di cui 7 a Brunello, per un affare stimato sui 6 milioni di euro. Con il Gruppo che, così, porta a 23 gli ettari complessivi iscritti a Brunello (con i 16 di Poggio di Sotto), e continua nella sua strategia, come spiega lo stesso Claudio Tipa a WineNews: “vogliamo diventare una delle realtà di riferimento del territorio di Montalcino, e compreremo tutto quello che ci sarà possibile comprare, anche fossero piccoli pezzi di vigna alla volta”. Una strategia chiara, per un affare importante, che è solo l’ultimo di una lunga serie, guardando solo i mesi recenti. E, dai rumors di WineNews, altri affari starebbero per concretizzarsi, come l’acquisto di un ulteriore ettaro di vigna a Brunello da parte di Mastojanni del Gruppo illy, guidato da Riccardo Illy, vicino a Podere Le Ripi del fratello Francesco Illy (che il 20 febbraio inaugurerà la nuova “Cantina Aurea”, costruita secondo le tecniche degli antichi Romani, ndr), e quello di 30 ettari di terreno, di cui 1,5 vitato a Brunello, da parte di Elisabetta Gnudi, proprietaria di Caparzo e Altesino (90 ettari di vigneto complessivi a Montalcino, di cui 9 a Brunello), sfruttando il diritto di prelazione sui terreni confinanti.
Senza contare le tante voci di grandi gruppi del lusso e del vino di alta gamma come Lvmh (che ha tra i suoi marchi Moët et Chandon, Château d’Yquem, Dom Perignon e Cheval Blanc) sempre attenti ed interessati a comprare, qualora se ne presentasse l’occasione, anche i gioielli più importanti e storici del Brunello di Montalcino, o l’interesse di fondi di investimento londinesi a capitalizzare in uno dei territori più prestigiosi del vino mondiale, investendo moneta o proponendo alle cantine di entrare nei loro capitali mettendo l’azienda stessa a garanzia dell’operazione. O l’interesse dichiarato di realtà importanti già sul territorio, come Frescobaldi con Castelgiocondo - Luce della Vite, a nuove acquisizioni.
Ma negli ultimi mesi, di compravendite già concretizzate, se ne contano molte: già in questo scorcio di 2016 è passata di mano un’altra firma del territorio, Podere Salicutti (11 ettari di cui 3,7 di vigneto - divisi tra le vigne Piaggione, Teatro, Sorgente - di cui 2,1 a Brunello), prima azienda del Brunello di Montalcino ad aver ottenuto la certificazione per la viticoltura biologica già nel 1996, acquistata da un imprenditore tedesco dalle mani del suo fondatore, Francesco Leanza (che è rimasto, comunque, nel management dell’azienda) per una cifra riservata, ma stimabile tra i 3 ed i 4 milioni di euro. E, nel 2015, vanno ricordati l’acquisto, da parte dell’imprenditore americano Gary Rieschel, ora al timone della Qiming Venture Partners di Shanghai, della chicca La Cerbaiona, tra i marchi del territorio più prestigiosi e premiati nel mondo (podere di 14,6 ettari sul versante Est di Montalcino, di cui 7 ettari a bosco e 1,5 ettari ad uliveto; il vigneto è esteso in tutto per 3,2 ettari, di cui 1,7 ettari iscritti a Brunello), ceduta dai proprietari Diego e Nora Molinari, per una cifra stimabile sui 6 milioni di euro. Ma anche quello de “Il Forteto del Drago”, ceduto dalla famiglia lombarda Troise a Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo, proprietari di Carpineto, alla guida della Carpineto (53 ettari di terra complessivi, 11 vitati, di cui 3,5 a Brunello, 2 ad oliveto e 39 a bosco, che abbracciano il podere e la cantina), per un affare stimabile sui 7-8 milioni di euro. E, ancora, andando a ritroso nel 2015, c’è stato anche l’acquisto della fattoria Casisano Colombaio (53 ettari, di cui 22 a vigneto tra Brunello e Rosso di Montalcino, e 12 ettari a oliveto, ubicata tra l’Abbazia di Sant’Antimo e la vallata del fiume Orcia) da parte dalla prestigiosa Tommasi Family Estates, realtà con base in Veneto della famiglia Tommasi.
Mentre un’altra griffe, Allegrini, è salita al 100% di San Polo, una delle realtà più in vista del territorio di Montalcino, come confermato a WineNews dalla stessa Marilisa Allegrini, che ha rilevato tutte le quote della società (il 50%) detenute da Leonardo LoCascio, fondatore di Winebow, dopo l’acquisto di San Polo, in joint venture, nel 2007, diventando così proprietaria di tutta la cantina e dei 16 ettari di vigneto (di cui 8 a Brunello), con un affare, dicono rumors locali, da 6-7 milioni di euro.
Tutte testimonianze, già concretizzate o potenziali, che dicono di una vivacità e di un appeal di Montalcino e del suo Brunello nel mondo decisamente non comune rispetto ad altri territori e vini, grazie ai successi di mercato e di critica, che continuano ad arrivare. La vendemmia 2010, per esempio, celebratissima dalla critica mondiale, ha portato, tra le altre cose, due 100/100 del prestigioso “The Wine Advocate”, la voce più influente della critica mondiale (la corrispondente dall’Italia è Monica Larner) assegnati nel 2015 al Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2010 de Il Marroneto e al Brunello Tenuta Nuova 2010 di Casanova di Neri (inseriti anche nella “Robert Parker Wine Advocate Best 50 of 2015”, la classifica dei migliori assaggi dell’ultimo anno). E anche quelli dell’“International Wine Report”, conquistati dal Brunello 2010 di La Cerbaiola-Salvioni e dal Brunello 2010 di Biondi-Santi. Un’annata straordinaria che continua a conquistare i palati del mondo, visto che la prestigiosa rivista Usa “Wine Enthusiast” (la responsabile dall’Italia è Kerin O’Keefe) ha recentemente assegnato i 100/100 al Brunello di Montalcino Riserva di Biondi Santi, e che, da rumors, sarebbe in arrivo almeno un altro 100/100 da “The Wine Advocate”, per un altro Brunello di Montalcino 2010.
Punteggi e giudizi lusinghieri, quelli della critica internazionale che, ovviamente, insieme ad un appeal storicizzato del Brunello di Montalcino, aiuta a mantenere alte le quotazioni dei terreni (sui 500.000 euro ad ettaro) da cui nasce uno dei vini più amati e quotati nel mondo. E che aiuta molto anche il mercato di un vino che esporta quasi l’80% della propria produzione, soprattutto negli Stati Uniti. Il caso delle vendemmia 2010, ancora una volta, è emblematico, come ribadisce a WineNews il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci: “il successo di questa annata ha portato ad un sostanziale “tutto esaurito” nelle nostre cantine, al punto che praticamente non c’è più una bottiglia di 2010. Inoltre su questa scia, è stato venduto anche tutto il 2009 che era rimasto, e anche i primi numeri sul 2011, che peraltro è stata una vendemmia meno generosa e produttiva della 2010, ci dicono che le cose stanno andando benissimo. C’è più richiesta che offerta. Al punto che le quotazioni dello sfuso - che praticamente non esiste - sono a 1.000 euro al quintale, dopo picchi di 1.400 raggiunti per l’annata 2010. Una cosa che ci deve far riflettere, perché visto che la produzione di Brunello di Montalcino, di fatto, non si può aumentare, si dovrebbe lavorare sul prezzo, anche se ritoccare i listini verso l’alto è sempre una cosa complicata e delicata. Comunque - dice il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci - siamo in una situazione ideale, che meglio di così è difficile da immaginare, tra mercato che tira e investimenti che continuano ad arrivare. Testimonianza della forza del territorio, che è stato capace di rialzarsi e rilanciarsi alla grande dopo i problemi di qualche anno fa che, probabilmente, avrebbero affossato definitivamente molte altre realtà”.

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