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Le manovre di Bruxelles spaventano il vino europeo. Ma, fuori dalla Ue, i vitigni autoctoni sono usati da anni, specie Oltreoceano, dove Charles Smith Wines, azienda simbolo di Washington State, ha lanciato Sangiovese, Primitivo e Barbera made in Usa

Le manovre di Bruxelles, che sta lentamente spogliando il mondo del vino di quella fitta rete di sicurezza, fatta di tutele e leggi, fondamentale per garantirne la sopravvivenza e la redditività commerciale, oltre ovviamente a tutelarne peculiarità ed unicità nei singoli territori, sono da settimane nel mirino di produttori ed associazioni. Specie per quanto riguarda la possibilità, ben più che ipotetica, di liberalizzare l’uso dei vitigni autoctoni in tutta Europa. Che, manco a dirlo, colpirebbe per prima l’Italia, che tradizionalmente ha legato spesso il nome dei proprio vini più importanti, e quindi delle proprie denominazioni, a quello del vitigno. Sarebbe uno smacco, anche se fuori dai confini della Ue, dove il riconoscimento delle denominazioni, non solo del vino, ma di qualsiasi altra produzione alimentare, è praticamente inesistente (basti pensare al giro d’affari legato al fenomeno dell’italian sounding), è così da sempre. Ma preoccupa meno, perché un Sangiovese prodotto in Usa o in Israele (come fa la boutique winery “La Terra Promessa”, del parmense Sandro Pellegrini) difficilmente potrà competere con gli omologhi del Belpaese, legati a territori unici, e con alle spalle decenni, se non secoli, di storia.

Eppure, proprio dagli Usa la minaccia si fa un po’ più seria, perché a puntare forte sulle varietà italiane non è un’azienda qualsiasi, ma Charles Smith Wines (www.charlessmithwines), “Winemaker of the Year” di “Wine Enthusiast nel 2014, che dallo Stato di Washington (a quasi 9.000 km dalla Toscana, per farsi un’idea, ndr), dove produce 9 milioni di bottiglie l’anno, è pronto a lanciare sul mercato l’annata 2014 di Sangiovese e Primitivo e la 2012 e la 2014 di Barbera. Nella convinzione che “i grandi vini italiani - come ha spiegato lo stesso Charles Smith, che negli anni ’90 è stato il manager di diversi gruppi rock del Nord Europa - non si trovano solo in Italia. I nostri sono vini di Washington, ma da varietà italiane, con le quali lavoriamo in un modo tutto nostro, e sono felice di poterne condividere il risultato con gli amici produttori italiani”. Chissà se i colleghi al di qua dell’Oceano ne siano felici quanto lui ...

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