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Sondaggio WineNews - “Sentiment” positivo sul 2016 per oltre la metà dei Consorzi del Vino più importanti della Toscana. Il 2015 si chiude con l’export in crescita per il 77%, a +7% in media sul 2014. Mercato interno con qualche incognita in più

Per oltre la metà dei Consorzi del Vino di Toscana (77%) il 2015 si è chiuso con un flusso di bottiglie destinate all’estero in crescita, con una variazione in percentuale che mediamente si attesta a +7% sui risultati del 2014. Più articolato il 2015 espresso dal mercato interno. Qui, il 40% dei Consorzi delle Denominazioni della regione vede le proprie vendite rimanere stabili, mentre il 30% dichiara una crescita che mediamente è del 6%, ma c’è anche un 30% che denuncia una flessione, in media del 3% delle vendite sul mercato domestico. “Sentiment” su come sarà il 2016 decisamente leggibile, visto che per il 55% dei Consorzi è positivo, mentre per il resto è comunque abbastanza positivo. Ecco la fotografia scattata da un sondaggio di www.winenews.it, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, tra i Consorzi delle 13 Denominazioni più importanti della Toscana del vino (Bianco di Pitigliano e Sovana, Brunello di Montalcino, Chianti, Chianti Classico, Colline Lucchesi, Maremma Doc, Montecucco, Morellino di Scansano, Valdarno di Sopra Doc, Vernaccia di San Gimignano, Vini Cortona, Vini di Carmignano, Vino Nobile di Montepulciano), pronte al debutto delle nuove annate, tutte assieme con Toscana Promozione, nelle “Anteprime di Toscana” a Firenze, e nei loro territori (dal 12 al 20 febbraio, e il 12 e il 13 c’è “Buy Wine”, la “borsa del vino” con buyer da tutto il mondo; www.toscanapromozione.it).
Il clima positivo dei 13 Consorzi del Vino di Toscana sul 2016 è principalmente dettato dai risultati della vendemmia 2015 che, tanto per non fare inutili giri di parole, si annuncia una delle migliori degli ultimi 20 anni. Un punto di partenza importante, questo, che “risponde” in modo solido alle preoccupazioni suscitate dalla difficile annata 2014, con una, per certi aspetti, tendenza ad acquistare meno vino nell’anno appena concluso.
Protagonista indiscusso delle transazioni commerciali dei Consorzi toscani è il mercato estero, dove le performance si mantengono ad un livello generalmente importante, anche per le Denominazioni più piccole e/o meno blasonate. La crescita delle vendite delle etichette dei Consorzi toscani nel 2015, mediamente del 7%, si inserisce in un contesto generale ormai consolidato da un trend di crescita tra il 6% e l’8% che dura per il vino italiano dal 2005 (unica eccezione il 2009, secondo i dati Istat) e con un 2015 che, nonostante la difficile vendemmia 2014, è stimato a +6% (stime di Wine Monitor Nomisma).
Il mercato italiano, che sembra sempre meno interessato alle realtà locali, presenta ancora qualche criticità e non solo a causa del protrarsi della crisi. Forse, qualche politica meno incisiva da parte degli stessi Consorzi, costantemente proiettati oltreconfine, non ha giovato alla ricostruzione di un mercato che, non scordiamocelo, pur con tutte le sue debolezze, in termini soprattutto di consumi in discesa (siamo ormai vicini ai 35 litri pro capite, erano 55 nel 1997), resta uno sbocco commerciale importante non solo numericamente (sono oltre 20 i milioni di ettolitri che restano, comunque, in Italia), ma anche per il suo ruolo di “specchio”, proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali. È il mercato domestico, insomma, che garantisce quella visibilità dell’immagine consortile, necessaria all’“assalto” delle piazze internazionali più importanti.
Fanno bene 9 Consorzi su 12 a concentrare i loro sforzi all’estero sugli Stati Uniti (senza dimenticare però il Canada), un mercato decisamente propizio per il vino italiano e spesso, a torto, considerato maturo (molti Stati dell’Unione iniziano soltanto ora a guardare verso le etichette del Bel Paese). È proprio il 2015, infatti, l’anno di un nuovo record per il vino tricolore: le esportazioni italiane hanno superato i 2,5 milioni di ettolitri, per un valore di 1,3 miliardi di dollari (dati Italian Wine & Food Institute). Altra piazza che sarà oggetto di particolare attenzione è l’Italia (7 Consorzi su 12 prevedono di pianificare operazioni di promozione in patria), proprio in virtù della sua importanza strategica e non solo in fatto di vendite. Altro luogo che è storicamente un passaggio necessario per i vini toscani è l’Europa. Qui 6 Consorzi su 12 organizzeranno iniziative di promozione, guardando a centri nevralgici, come per esempio Zurigo e Monaco di Baviera, e/o ad area come il Nord Europa, dove il vino tricolore sta riscuotendo sempre più interesse. E il tanto celebrato Oriente? I Consorzi toscani sembrano avere un atteggiamento prudente su questa parte del mondo. E non a torto, visto anche gli andamenti delle varie economie dell’area. In questo senso, restano sporadiche le pianificazioni verso l’Asia, con una maggiore attenzione verso il Giappone più che per la Cina. Stesso atteggiamento, cambiando Continente, verso il Sud America.
Il panorama dei Consorzi toscani, che emerge dal sondaggio WineNews, evidentemente, non possiede un profilo unico. Alcune Denominazioni possono contare su una politica di marchio ormai consolidata, altre su un appeal del proprio prodotto celebrato e conosciuto mondialmente, altre stanno cominciando ad affacciarsi in modo più deciso sui mercati internazionali e sul mercato italiano, altre ancora incrociano una massa critica in termini di bottiglie e di produttori modesta, ma non per questo meno interessante. Un mosaico, non privo di differenze profonde, quindi, specialmente sul piano della disponibilità economica destinata ai piani di sviluppo consortili. Continuano, però, a dare una mano i finanziamenti Ocm e/o Pif, che, tuttavia, se da un lato permettono una certa capacità di spesa anche alle realtà più piccole (magari consociate a progetti più articolati sul territorio) non potranno essere considerati un flusso di risorse senza fine. Ad incrociarsi spesso sono poi obiettivi aziendali differenti, ma che, alla fine, passano da iniziative sostanzialmente comuni. Sei Consorzi su 10, infatti, puntano la loro attenzione su degustazioni in città particolarmente strategiche sia italiane che estere, 5 Consorzi hanno in programma eventi ad hoc e, in questo caso, una tale scelta, evidentemente è possibile per quelli con più disponibilità economiche. Praticamente l’intero campione punta sulle fiere di settore e i nomi più “gettonati” sono quelli, nell’ordine, di Vinitaly a Verona e ProWein a Düsseldorf. Altre iniziative che trovano una forte convergenza sono i tour nel territorio e gli educational per giornalisti italiani e stranieri, ma anche per chi vende il vino.
Il periodo, certo, resta delicato e i Consorzi non hanno mancato di segnalare le criticità che ancora possono rappresentare un ostacolo allo sviluppo in senso generale. Restano per 6 Consorzi su 13 ancora incombenti le incognite economiche, mentre sono allineate sullo stesso piano il rischio di una perdita di competitività del sistema vino made in Italy, la pressione competitiva delle altre zone di produzione del mondo e un aumento nei costi di gestione. Da più parti si è evidenziata anche la permanente scarsa coesione del distretto vitivinicolo italiano. Un problema che, specie in Toscana dove i “campanili” costituiscono ancora un significativo elemento di distinzione, è necessario risolvere. In questo senso, i Consorzi sono unanimi nel vedere un’azione comune, magari sotto la bandiera regionale, piuttosto che una serie di attività singole, che in un mondo sempre più complesso, rischiano di rimanere poco efficaci. Un segnale preciso, questo, vedremo se riuscirà a diventare anche un modus operandi.

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