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Se nasci in una terra di vitigni greco-romani, un padre paladino della loro rinascita, oggi realtà nel Taurasi e a Pompei, una vita da vigneron, professore e artista non è poi così strana. Piero Mastroberardino si racconta a WineNews #Vinitaly50Story

Se nasci in una terra i cui vitigni hanno origini greco-romane, dall’Aglianico al Fiano, dal Greco di Tufo alla Falanghina, dal Piedirosso al Coda di Volpe, un padre che, alla guida della più antica azienda della Campania, si erge a paladino della loro rinascita, oggi realtà in vini dalla storia affascinante come il Radici Taurasi, simbolo di un’intera Regione, e il Villa dei Misteri, che nasce nei vigneti tra gli scavi di Pompei, non è poi così difficile immaginare una vita da vigneron, ma anche professore, scrittore ed artista. Come quella di Piero Mastroberardino, oggi alla guida della cantina di famiglia (e dell’Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi), ordinario di Discipline manageriali all’Università degli Studi di Foggia, autore di molte pubblicazioni (“Giro di vite” è il suo ultimo romanzo; 2015) oltre che pittore e disegnatore accreditato, che a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, per #Vinitaly50Story, la cronistoria di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com), ricorda che anche lui, quest’anno, compie “50 anni, e con Vinitaly siamo coetanei. Vien da sé l’intreccio di racconti, un crocevia di persone di ogni parte del mondo che confluiscono in un luogo per un comune piacere, e per conoscere mio padre, Antonio Mastroberardino. E, poi, la prima volta del Taurasi Radici, nel 1990 (quello della vendemmia 1986), e il successo di un vino che sarebbe presto divenuto ambasciatore di una nuova fase della viticoltura dell’Aglianico e del Taurasi. Come già era accaduto, vent’anni prima, con la leggendaria Riserva 1968 del Taurasi”.
“Da un lato affiora alla mente l’intreccio dei racconti ascoltati in famiglia, che risalgono sino alla nascita di Vinitaly, dall’altro i ricordi da ragazzino, osservatore privilegiato, figlio di una famiglia del vino, fino all’esperienza diretta, come attore di questo mondo - racconta Piero Mastroberardino - poi tutt’a un tratto sono diventato adulto, assumendo molto presto per la mia età un incarico di prestigio, la presidenza di Federvini, insieme ad altri ruoli di rappresentanza istituzionale a Roma e a Bruxelles, e la mia partecipazione a Verona ha ancora una volta cambiato veste”.
Le prime tracce della famiglia Mastroberardino risalgono al catasto borbonico della metà del Settecento, mentre è dell’Ottocento la cantina ad Atripalda, in Irpinia, una terra piccola, ma dove si concentrano le tre Docg più importanti della Campania: dieci generazioni, impegnate nella riscoperta degli antichi vitigni autoctoni irpini, testimoniata da un Caveau familiare in cui, come pochi in Italia, sono conservate bottiglie di oltre un secolo. Ma non solo, perché merito di questa storica famiglia è anche quello di averne avviato le esportazioni, con pionieristici viaggi già alla fine dell’Ottocento dall’Europa fino in America. Ed è merito della lungimiranza di Antonio Mastroberardino, nell’immediato Dopoguerra, dopo aver affrontato il Conflitto Mondiale e la crisi della fillossera, aver rinnovato il vigneto e averli vinificati in purezza, fino a redigere personalmente i loro disciplinari, unico loro custode e difensore per molti anni, di fronte alla fuga dalle campagne. Il Taurasi Radici, la cui denominazione risale a Tito Livio (“Campi Taurasini”), unico vino rosso Docg della Campania, con la sua proverbiale longevità, rappresenta la storia e la cultura enologica di un intero territorio.
Le Tenute Mastroberardino abbracciano tutta l’Irpina, da Mirabella Eclano a Tufo, da Santo Stefano del Sole a Montemarano, da Montefusco a Santa Paolina, da Apice al Vesuvio, dove nascono vini come il Naturalis Historia Radici, il Fiano di Avellino Radici, il Greco di Tufo Novaserra, dalla Falanghina all’Aglianico, dal Viagnadangelo al Lacryma Christi.
Ma il simbolo di quella che per Mastroberardino è una vera e propria missione per la sua terra, è il Villa dei Misteri, vino che è un progetto enoico e culturale allo stesso tempo, perché nasce nei vigneti dell’area archeologica di Pompei, impiantati su incarico della Soprintendenza per i Beni Archeologici, per recuperare le antiche tecniche di viticoltura prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

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