In Usa è boom del vino sfuso, che ha conquistato l’entusiasmo delle cantine e l’interesse di 3.900 locali in 49 Stati, tra ristoranti e grandi catene alberghiere. Oggi vale lo 0,5% dei consumi, ma l’obiettivo è arrivare al 10% nei prossimi 10 anni

Fino a quattro anni fa il vino alla spina, negli Stati Uniti, non era altro che un fenomeno emergente e poco attraente. Oggi, invece, grazie all’entusiasmo di tante cantine ed all’interesse sempre più forte del mondo della ristorazione, sono bel 3.900 i locali che si sono dotati di impianti e fusti, in 49 Stati diversi, il doppio di due anni fa. Tra i protagonisti di una vera e propria rivoluzione dei consumi, la californiana Free Flow Wines, che lavora con 250 cantine di tutto il mondo, e distribuisce qualcosa come 250.000 fusti di vino all’anno. E non di vino di bassa qualità, anzi, la forza del successo sta proprio nella possibilità di offrire un buon bicchiere di vino alla giusta temperatura e senza difetti: il fusto, da 19,5 litri, pari a 26 bottiglie, grazie ad un gas inerte, mantiene l’integrità del vino, bianco o rosso che sia, persino meglio della bottiglia.
Così, quello che nel Vecchio Continente, a partire dall’Italia, è diventato ormai un fenomeno marginale, dall’altra parte dell’Oceano, come racconta il magazine più letto dai wine lover Usa, “Wine Spectator” (www.winespectator.com), sta conquistando le più importanti catene alberghiere del Paese, da Kimpton a Mariott Hotels, da Pebble Beach Resorts a P.F. Chang, con i vini di Hall Wines, in Napa Valley, Chateau St. Jean, in Sonoma Valley, e Chehalem, in Oregon, aziende abbastanza grandi da poter fornire un mercato che, ad oggi, vale appena lo 0,5% dei consumi fuori casa, ma l’obiettivo, ambizioso, è quello di arrivare al 10% entro i prossimi 10 anni.