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Il 2016, in Usa, è l’anno dei Millenials: con 1,915 miliardi di bottiglie consumate nel 2015 valgono il 42% dei consumi enoici, sono aperti a qualsiasi tipo di varietà e curiosi verso ogni territorio enoico del mondo, con un debole per l’Italia

Italia
In Usa il vino è in mano ai Millenials, che rappresentano il 42% dei consumi complessivi

L’inizio del 2016, neanche troppo simbolicamente, è il momento in cui i Millenials più giovani hanno ormai compiuto 21 anni, portando la generazione più giovane dei consumatori Usa a quota 79 milioni di persone, capaci, nel 2015, di consumare 1,915 miliardi di bottiglie, pari al 42% dei consumi complessivi, più di qualsiasi altra generazione, almeno secondo l’ultimo report sui consumi enoici del Wine Market Council (www.winemarketcouncil.com).
L’impatto dei Millenials, del resto, era atteso da anni sul mercato Usa, ma è ancora difficile quantificarne la portata e, soprattutto, i trend di consumo per i prossimi anni. Il primo dato sottolineato dal report del Wine Market Council, è il peso dei Millenials sui bevitori ad “alta frequenza”, che bevono vino abitualmente durante la settimana, e rappresentano il 90% dei consumi enoici totali: una categoria in cui primeggiano ancora i Baby Boomers, che sono il 38% dei bevitori ad “alta frequenza”, mentre i Millenials sono il 30% e la Generazione X il 20%. Per un consumo che, come raccontano i dati Nielsen, passa più per lo scaffale dei retailer che per il bancone del bar o il tavolino del ristorante.
Il cambiamento più importante degli ultimi cinque anni, tra i Millenials, è la stabilità della fascia più matura, quella che va dai 30 ai 38 anni, sia in termini economici che di gusti, con i wine lover che “stanno prendendo sempre maggior consapevolezza di sé, in quanto amanti del buon vino, e dei propri gusti”, come ha spiegato il presidente del Wine Market Council, John Gillespie. Cresce, in generale, la capacità di spesa, con il 37% dei bevitori ad “alta frequenza” che nel 2015 ha acquistato almeno una bottiglia a settimana da 20 dollari o più esattamente il doppio di quanti se ne contavano nel 2010. Inoltre, lo studio Nielsen sui consumi enoici fuori casa, sottolinea come il prezzo medio della bottiglia è passato dai 6,31 dollari del 2011 ai 7,81 dollari dello scorso anno, con il 17% degli acquisti in negozio che riguardano bottiglie da 15 dollari o più.
Quando si parla di gusti, al di là dei costi, non è esagerato dire che i Millenials sono, senza dubbio, la generazione con la più variegata gamma di preferenze che gli Usa abbiano mai visto. Nel 2011 sul mercato Usa ci fu il boom di Malbec e Moscato, le cui vendite si sono assestate nell’ultimo anno, mentre la crescita, più recente, di Pinot Nero e Sauvignon Blanc non pare arrestarsi, specie tra chi spende di più. Al contrario, sono in sofferenza le vendite di Merlot e Syrah, presenti comunque in molti blend prodotti nel Paese, che invece continuano a crescere. Quando si parla di zone di produzione, è impressionante notare come la curiosità si traduca in acquisti dai territori più disparati, con il 72% dei Millenials che ha dichiarato di aver comprato un vino italiano negli ultimi 3 mesi (+10% sul 2012), mentre il 69% ha scelto la Francia (+9% sul 2012) ed il 46% l’Australia. E ancora, il 30% dei wine lovers più giovani ha acquistato bottiglie Washington, Oregon, Cile, Argentina, Germania, Portogallo, Sudafrica, Grecia, Austria, New York, Nuova Zelanda o Spagna negli ultimi tre mesi, una percentuale sensibilmente più alta dei Boomers.
Tutta quest’apertura per territori e stili diversi, si traduce in una segmentazione del mercato molto diversa da com’era qualche anno fa: gli spumanti, ad esempio, rappresentano, in valore, il 9% degli acquisti fuori casa, con le bollicine del Belpaese, guidate dal Prosecco, che hanno raddoppiato le vendite negli ultimi cinque anni, mentre il giro d’affari dei rosé, una nicchia, quintuplicato dal 2011 ad oggi. Un’altra novità, è la profonda spaccatura di genere tra i Millenials: se le donne, nel complesso, rappresentano una quota leggermente superiore a quella degli uomini, tra gli under 30 pesano addirittura per i due terzi dei consumi. Le donne, in effetti, sono disposte a spendere più degli uomini, e si sentono molto ben rappresentate dal mondo enoico, a differenza degli uomini, creando qualche preoccupazione nel mondo del vino Usa.
Ci sono poi aspetti tecnologici e generazionali che molto hanno a che vedere con i modelli di business dei giorni nostri, capaci di portare il vino fuori dalla propria cornice abituale (ad esempio, da Starbucks), puntando su canali di vendita nuovi (come l’e-commerce), con i primi a beneficiarne che, per forza di cose, sono proprio i Millenials. Con riverberi a livello comunicativo, che passano ovviamente per i social: il 50% dei giovani wine lover parla di vino su Facebook, mentre un terzo di loro condivide le proprie idee su YouTube, Twitter ed Instagram, in un panorama in cui la comunicazione è fondamentale, tanto che il 56% dei Millenials ritiene fondamentale leggere recensioni enoiche, contro il 21% dei Boomers. Originalità, innovazione e qualità, insomma, sembrano le chiavi per conquistare una generazione letteralmente assetata di vino: quando escono, bevono una media di 3,1 bicchieri a testa, più di qualsiasi altra generazione li abbia preceduti ...

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