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“Vinitaly 1988. Nel ribollire dello spazio Gaja un piemontese amico mediatore mi sussurra che è in vendita una proprietà a vigneto nell’area del Barolo”. Angelo Gaja racconta a WineNews per #Vinitaly50Story l’acquisto del vigneto da cui nasce Sperss

Italia
Angelo Gaja ed il suo Sperss

“Vinitaly 1988, domenica pomeriggio. Nel ribollire dello spazio Gaja, un piemontese amico mediatore mi sussurra che è in vendita una proprietà a vigneto nell’area del Barolo. Gli rispondo che non è il momento per parlarne, lo chiamerò al mio rientro. Mentre sta per andarsene però, mi vien da chiedergli: “dove?”, “a Serralunga” mi risponde. Ed io ancora: “di che proprietà si tratta?” e lui mi descrive pari pari il vigneto del quale mio padre mi aveva spesso parlato, per esserci andato a raccogliere l’uva quando aveva 17, 18 e 19 anni (1925-1927). I proprietari erano stati con lui riguardosi ed a fine vendemmia gli avevano perfino riconosciuto una lauta ricompensa. Fu così che mio padre serbò di quel vigneto memoria esaltante, considerandolo il più bello che avesse mai veduto. Se gli fosse capitato di acquistare un vigneto nell’area del Barolo, avrebbe dovuto essere quello stesso nel quale aveva raccolto le uve, solo quello. In vita sua non gli riuscì di farlo, i grandi vigneti di Langa non sono così facili da acquistare, raramente vengono posti in vendita. L’opportunità si presentava invece a me la domenica di Vinitaly 1988”. Così Angelo Gaja, le “roi” del vino italiano, racconta a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, di quella volta che lasciò Vinitaly, per andare ad acquistare un vigneto. E che vigneto: quello da cui nasce Sperss, uno dei più famosi Barolo ed uno dei vini italiani più celebrati al mondo. Dall’artigiano più celebre del vino italiano, e dalle sue rivelazioni enoiche svelate agli appassionati, inizia la cronistoria di WineNews di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com).

“Dissi al mediatore che avrei cancellato gli appuntamenti e sarei rientrato a Barbaresco, che fissasse l’incontro con i venditori il giorno successivo, lunedì dopo cena - racconta Angelo Gaja - mi fu possibile perfezionare l’acquisto quella sera stessa, sulla carta, senza neppure avere avuto il tempo di visionare la proprietà, tanto mio padre me ne aveva a lungo parlato. Il vino che produciamo da quel vigneto porta il nome Sperss, che in dialetto piemontese significa nostalgia, quella che mio padre aveva coltivato così a lungo, dagli anni della sua giovinezza”.

Il 1988 non è un’annata qualunque per Gaja, e l’acquisizione uno dei momenti della carriera lunga mezzo secolo del grande produttore piemontese, pioniere della rivoluzione qualitativa del vino italiano, artefice del suo Rinascimento in epoca moderna. Compiendo scelte che continuano ancora a far discutere, Angelo Gaja per primo “osò” innovare radicalmente l’enologia piemontese e non solo: dall’abbattimento delle rese per ettaro al controllo della temperatura di fermentazione, dall’uso di tappi sovradimensionati all’affinamento in barriques, al completo sacrificio della produzione nelle annate cattive, tra i primi sostenitori dell’importanza del terroir e dei singoli vigneti, solo per fare alcuni esempi, oggi scontati, ma agli inizi degli anni ’60 letteralmente dirompenti. Scelte alla base di grandi vini come il Barbaresco, il Sorì Tildin o il Sorì San Lorenzo, tanto famosi quanto quotati. Eppure questo “Signore del vino” italiano alla guida della cantina di famiglia a Barbaresco, accanto all’antica tenuta della Pieve di Santa Restituta a Montalcino e all’avveniristica cantina d’autore Ca’ Marcanda a Bolgheri, preferisce considerarsi un artigiano, esortando tutto il mondo del vino “ad essere orgoglioso della sua artigianalità”.

“Vinitaly - dice ancora Gaja - ha celebrato nel tempo la festa popolare del vino italiano. Soddisfare tutti è impossibile. Molti produttori lo vorrebbero a cadenza biennale mentre i veronesi che operano nell’accoglienza, di Vinitaly ne gradirebbero due all’anno. Nei prossimi cinquant’anni l’evento continuerà a crescere di importanza, prestigio ed efficienza, ed attirerà dal mondo intero gli operatori interessati ad importare i vini italiani: diventando così irrinunciabile, se saprà anche offrire pari opportunità alle cantine che vi espongono, ma hanno sede al di fuori del Veneto”.

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