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11 capitoli con 16 interviste a produttori e ristoratori, 6 approfondimenti su enologia, terroir e comunicazione e con 32 cartine vinicole: ecco “Il vino. Istruzioni per l’uso”, il manuale firmato da alcune delle migliori penne del giornalismo enoico

11 capitoli con 16 interviste a produttori e ristoratori, 6 approfondimenti su enologia, terroir e comunicazione e con 32 cartine vinicole tra Italia, Europa e resto del Mondo: ecco la seconda edizione di “Il vino. Istruzioni per l’uso” (Cinquesensi Editore), il manuale firmato da alcune delle migliori penne del giornalismo enoico, curato da Roberto Racca, e che vede tra gli autori Antonio Boco, Giuseppe Carrus, Beppe Caviola, Federico Curtaz, Paolo De Cristofaro, Gianni Fabrizio, Nicola Frasson, Eleonora Guerini, Donato Lanati, Vittorio Manganelli, Andrea Rea, Gian Piero Romana.
Un libro che spazia il mondo del vino a 360°,
dalla storia, con il capitolo “Dalla Georgia al Nuovo Mondo”, a come si produce un vino dalla vigna alla bottiglia, con i capitoli “La terra e il frutto” e “Dall’uva al vino”, all’importanza che il nettare di Bacco ha nelle diverse nazioni del mondo con “Il giro del mondo nel bicchiere”, fino ai principali vitigni italiani con “Ampelografia nazionale”. Ma il manuale spazia anche tutte le Doc e Docg del Belpaese e l’analisi sensoriale del vino, ma anche “Il marketing del vino in Italia” e la “Distribuzione e vendita”.
C’è poi uno spazio importante dato alla comunicazione del vino nel capitolo “Comunicare il vino”, un punto su quanto sia complesso parlare correttamente di vino dalle maggiori testate di settore italiane e internazionali alla nuova frontiera del web (e-commerce compreso).
Molti i nomi che hanno contribuito alla stesura del libro, da Silvia Baratta a Michela Borsa, da Giancarlo Gariglio ad Andrea Gori e Alfredo Pratolongo, oltre agli intervistati come Massimo Bottura, Daniele Cernilli, Mario Cordero, Oscar Farinetti, Alessandro Regoli e Davide Scabin, tra gli altri.

Focus - I capitoli di “Vino. Istuzioni per l’uso”
1. Dalla Georgia al Nuovo Mondo
Quando nasce la vite? E la viticoltura? E in quali Paesi si diffonde? Dalla A di Albori alla V di Vermouth, tutto quello che c’è da sapere sulla storia del vino.

Prima di cercare di risalire all’origine della viticoltura e quindi della produzione di vino è bene fare un passo indietro e andare a scoprire quando è nata la vite. Anche se è difficile fornire dati certi, pare che la famiglia delle vitacee abbia fatto la sua comparsa sulla terra circa 140 milioni di anni fa. Già allora la famiglia era numerosa e comprendeva centinaia di specie diverse, molte delle quali estinte durante le varie glaciazioni. L’ultima risale a circa 13.000 anni fa, a seguito della quale si sono salvate circa 60 specie del genere vitis, la metà nell’America settentrionale e l’altra in Asia. Una di queste è la vitis vinifera, ritrovata in un’area posta tra il Caucaso, il Mar Caspio e il Mar Nero. Sembra quindi che dal genere vitis siano nate delle specie distinte, ciascuna delle quali si è abituata a diversi ambienti e a diversi fattori climatici. È comunque alla vitis vinifera che si deve la maggior parte del vino prodotto nel mondo.

2. La terra e il frutto

Dalle caratteristiche dei terreni all’importanza dell’esposizione, dalle diverse forme di allevamento ai tempi giusto del raccolto: un buon vino nasce in vigna.
La vite ha come obiettivo principale quello di favorire la propria riproduzione: nella sua attività fisiologica, quindi, lo sviluppo vegetativo tende sempre a prendere il sopravvento. La vite, come tutte le piante perenni, ha dei cicli biologici che si ripetono. Per ciclo vegetativo si intende la sequenza delle diverse fasi dello sviluppo annuale fra un riposo invernale e quello successivo. In primavera, quando si raggiungono temperature sufficienti, la pianta germoglia. Al germogliamento segue una fase di accrescimento vegetativo, in cui la parte aerea della pianta raggiunge il suo massimo sviluppo. Al termine della crescita inizia il periodo di elaborazione (agostamento), in cui l’attività principale della pianta è quella di concentrare nei tessuti legnosi e nel frutto gli elaborati prodotti con l’attività foto sintetica delle foglie.

3. Dall’uva al vino
Come nasce il vino? Qual è il processo che trasforma il succo d’uva nel nettare tanto amato da Bacco? Dalla A di Aceto alla V di Vendemmia, tutto sui metodi di vinificazione e affinamento.
Per vinificazione si intende quel processo chimico-fisico che consente la trasformazione del succo dell’uva in una sostanza liquida del tutto nuova: il vino. Basta lasciare dell’uva in un contenitore per osservare che si tratta di un processo del tutto naturale: senza operare alcun tipo di intervento, infatti, questa si trasformerà autonomamente in vino e, in un secondo tempo, a causa di batteri acetici, in aceto. Nel processo di vinificazione l’intervento dell’uomo è volto esclusivamente ad “agevolare” questo passaggio, per consentire che si svolga nei modi e nei tempi migliori. Nel corso dei millenni, proprio per l’aspetto naturale di questa trasformazione, si può dire che poco sia cambiato: geroglifici egizi mostrano le fasi della vendemmia e della pigiatura esattamente come avviene oggi; gli aspetti sui quali l’uomo ha agito sono legati all’attenzione per la materia prima e allo sviluppo di tecniche che evitino la degenerazione di questo processo. Ma cosa distingue un vino bianco da un rosato o da un rosso, a parte l’aspetto cromatico?

4. Il giro del mondo nel bicchiere
Dalla Francia al Sudafrica, dalla Spagna all’Australia, la cultura enologica internazionale tra consumi, produzione, storia, ampelografia. Con 11 cartine dedicate.
La Francia. È un Paese che ha senza ombra di dubbio una posizione molto importante, possiamo dire preminente, nel mondo del vino. Il che è dovuto a due fattori fondamentali. Da una parte è stata la nazione che prima e meglio di altre ha saputo tutelare il proprio patrimonio produttivo, forte anche di un secolare prestigio internazionale e di un’antica capacità commerciale, dall’altra è dotata di un valore incontestabile di terroir e vitigni, che già oltre mille anni fa i due ordini monastici dei benedettini e dei cistercensi avevano saputo curare e valorizzare in modo perfetto. Risale infatti proprio all’XI secolo l’apice di importanza ed espansione di questi ordini, il periodo dei primi grandi disboscamenti e dell’impianto di alcuni di quei celeberrimi cru sopravvissuti fino a oggi.

5. Ampelografia nazionale
Dalla A di Aglianico alla V di Vernaccia, storia, caratteristiche e diffusione dei principali vitigni coltivati nel nostro Paese.
Aglianico. È certamente uno dei vitigni più antichi d’Italia, diffuso nell’area meridionale della penisola fin dal VII secolo a.C. grazie all’opera dei Greci, cui deve molto probabilmente anche il nome (ellenico). Se nell’antichità costituiva verosimilmente la base dell’antico e apprezzato Falerno, oggi entra in molte delle denominazioni di Campania, Basilicata e Molise, ottenendo i risultati migliori quando viene coltivato su terreni di origine vulcanica. L’ampia espressione aromatica, unita a una fitta trama tannica che gli conferisce longevità e potenza, ha fatto sì che venisse spesso accostato al nebbiolo, venendo definito il Barolo del Sud. Tra i sinonimi diffusi ricordiamo aglianicone, ellenico, gesualdo e guanico. Fra le numerose denominazioni interessate, ricordiamo le Docg Taurasi in provincia di Avellino e Aglianico del Vulture Superiore, mentre tra le Doc Aglianico del Vulture in provincia di Potenza e Falerno del Massico Rosso in provincia di Caserta.

6. Doc & Docg
Regione per regione, cartina dopo cartina, un compendio aggiornato sulle principali e più significative Doc e Docg d’Italia.
L’attuale normativa sulle Denominazioni italiane ha origine nel 1963, quando con la legge 930 furono istituite le Denominazioni di Origine Controllata (Doc), cui fecero seguito le Denominazioni di Origine Controllata e Garantita (Docg) nel 1980. La nuova Ocm Vino, istituita dall’Unione Europea nel 2008 ed entrata in vigore in Italia nel 2010, unifica le Doc e le Docg in Dop (Denominazione di Origine Protetta), prevedendo che i vini possano rientrare in tale categoria solo se rispettano quanto previsto dai singoli Disciplinari di produzione e dopo essere stati sottoposti ad analisi fisico-chimiche e organolettiche da parte di enti a ciò specificamente delegati. Sempre a partire dal 2010, l’istituzione di nuove Doc e Docg (Dop) deve essere approvata dall’Unione Europea e non più dai singoli Paesi. La situazione attuale vede la presenza di 330 Doc e 74 Docg, con tendenza la continuo aumento, anche se da più parti viene ormai evidenziata la necessità di un riordino complessivo del sistema delle denominazioni. Siamo infatti in presenza di numerose Doc di tipo “rustico” (ad esempio Alba, Roma, Venezia), di decine di Doc quasi del tutto inutilizzate e di Doc dall’estensione eccessiva (ad es. Piemonte e Sicilia) in cui sono contemplate miriadi di tipologie diverse e spesso poco significative.

7. L’arte del bere
Capire un vino passa attraverso l’analisi sensoriale. Interpretarne correttamente colori, sapori, profumi, saper attingere alla propria memoria, arrivare a riconoscerne provenienza e caratteristiche: l’arte della degustazione è tutto questo. E molto altro.
Capire di vino non è quella cosa complicata che tanti credono. Anche se è certamente un percorso lungo e dispendioso, difficile negarlo, disseminato di variabili ed eccezioni, reso scivoloso dall’ambiguo intreccio di percezioni personali e correnti di pensiero collettive. Avere passione, una buona conoscenza e un portafoglio capiente aiuta, senza dubbio, ma il viaggio alla scoperta del mondo di Bacco è davvero alla portata di tutti. Per mettersi in cammino è sufficiente avere dimestichezza con due operazioni tra le più naturali e istintive per il genere umano: aprire gli occhi e trattenere i ricordi. Ogni volta che beviamo qualcosa, volenti o nolenti, corpo e mente intensificano il loro già fitto scambio di informazioni: un traffico di dati sensoriali ed emozionali che confluiscono nella memoria del nostro vissuto. Ricordi costituiti in parte da colori e profumi, sapori e consistenze, in parte da domande perennemente aperte le cui risposte vanno cercate anche e soprattutto fuori dal bicchiere.

8. Dalla Cantina alla tavola
Un vino, per essere apprezzato pienamente, va conservato, servito, abbinato in maniera appropriata: quali le temperature più adatte? E il vino giusto per accompagnare dei crostacei? Quanto prima stappare una bottiglia? Quale bicchiere scegliere?
Ci sono due modi a dir poco inconciliabili di trattare le questioni relative al rapporto tra il cibo e il vino. Da una parte c’è chi le considera assolutamente irrilevanti nei propri comportamenti di consumo, dall’altra non mancano coloro che le prendono talmente sul serio da rinunciare a un piatto o a una bottiglia se ritenuti incompatibili. Da una parte, quindi, il ritornello del “bevi e mangia quel che vuoi, basta che sia buono”, dall’altra una tavola che diventa qualcosa di molto simile a un sofisticato laboratorio di analisi, uno spazio dominato dalle regole della chimica e della fisica più che quelle dell’enogastronomia e del piacere personale. Da una parte la convinzione che alla fine tutto va bene con tutto, dall’altra il pensiero che quasi esista un unico vino per un unico piatto, o viceversa.

9. Il marketing del vino in Italia
La filiera del vino continua: dalla distribuzione ai punti vendita, dalle logiche di prezzo alle aspettative dei consumatori, tutto quello che concorre all’acquisto di un vino.
Negli ultimi anni è sempre maggiore la quota di consumatori che hanno modificato le loro motivazioni e modalità di acquisto del vino: da prodotto alimentare è diventato prodotto che genera esperienza, emozioni, appartenenza e status. Nuove generazioni scelgono il vino come bevanda trendy e i cinquantenni, oggi prediligono il vino per l’aperitivo e il pasto. La “mania” del vino ha invaso nuovi mercati radicati in abitudini alimentari diverse e affascina anche le donne. Il vino è diventato simbolo di eleganza e piacere della vita, di buon gusto, di moda. Un prodotto che esula dalla sue caratteristiche più funzionali, legato, invece, all’idea di cura e attenzione verso l’altro/gli altri. Il vino diventa il “mezzo” con cui condividere momenti di piacere e allegria in compagnia, ma anche co-attore nella costruzione di un’intimità più ricercata.

10. Distribuzione e vendita
Quanto vino italiano si beve nel mondo? E dove? Qual è l’andamento dei consumi? Quali le tipologie di vino più apprezzate? Tra mercato straniero e interno, riflessioni su un comparto fondamentale per il nostro Pil.
La commercializzazione rappresenta, per tutte le merceologie, l’anello finale della filiera, spesso il più importante, quello che determina concretamente l’esistenza stessa di un prodotto o di un’azienda. Per quanto riguarda il complesso e articolato mondo del vino, uno tra i settori più trasversali in assoluto e il primo comparto dell’agroalimentare italiano in fatto di export, la commercializzazione si può raccontare e analizzare dividendo le logiche dei mercati esteri da quelle del mercato interno. Al fine di rendere il più chiaro possibile un tema così vasto e magmatico, ci avvarremo del contributo di una serie di grafici significativi, attraverso i quali potremo, pur in estrema sintesi, riuscire a leggere con precisione alcuni importanti indicatori e le tendenze in essere o in divenire.

11. Comunicare il vino
Dalle maggiori testate di settore italiane e internazionali alla nuova frontiera del web - e-commerce compreso - facciamo il punto su quanto sia complesso parlare correttamente di vino.
Di vino si parla tanto, eppure quello tra il nettare di Bacco e la comunicazione non è per niente un rapporto facile. Non lo è perché, a differenza di altri campi decisamente più dinamici e predisposti all’innovazione, il vino ha parole d’ordine ben codificate ed è capace di sviluppare al meglio tutta la sua attrattiva quando incrocia i parametri della storia e della tradizione, regalando all’appassionato la sensazione di avere a che fare con qualcosa di duraturo e consolidato nel tempo. Non è un caso che molte cantine tentino, in vari modi, di ammantare la propria immagine con richiami al passato, alla storia familiare, a qualche avo a cui si possa far risalire l’attività, a una data di fondazione che suoni lontana. E non è un caso che, a parte le solite eccezioni, siano i casati di più lungo corso e le imprese consolidate dal tempo a suscitare maggiore interesse, assurgendo a volte al ruolo di “mito enologico”.

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