02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Italian style, facilità, qualità e un livello di competenza in campo agricolo ed enologico senza pari: ecco i punti di forza del vino italiano emersi dal workshop del “Wine Management Lab” di Sda Bocconi. Ma sul marketing c’è ancora tanto da fare ...

Gran parte del business del vino italiano, ormai, passa per i mercati esteri, ma che percezione ha il mondo delle etichette tricolori, quali sono i punti di forza, e quali le debolezze? Il “Wine Management Lab” di Sda Bocconi (www.sdabocconi.it), la scuola di management nata dall’omonima Università, se lo chiede da 10 anni, da quando ha iniziato ad analizzare le linee evolutive del vino italiano, con particolare riferimento alle strategie di mercato. Con i dati raccolti dal sondaggio Ice sulla “Percezione del vino italiano” tra gli operatori professionali presenti nei principali mercati esteri, e con l’anteprima della ricerca sulle “Strategie di mercato dei produttori italiani di vino”, emerge così uno scenario in cui il vino italiano è apprezzato in modo particolare per il flavour dell’Italian style, ma anche per facilità, qualità e varietà, anche se l’ultima è un’arma a doppio taglio, che spesso complica e limita la memorizzazione di nomi ed etichette. I francesi, invece, appaiono impolverati da una patina di antico, rendendo i californiani i concorrenti più dinamici e temibili, come hanno raccontato i professori Roberta De Sanctis e Armando Cirrincione al workshop “La leadership del vino italiano come ambasciatore del made in Italy. Possibilità o realtà?”, di scena ieri a Milano.
Secondo gli importatori, i vini icona dell’Italia sono Chianti, Barolo, Pinot Grigio e Prosecco, con Brunello e Lambrusco pronti ad emergere, mentre tra le Regioni le più rappresentative sono Piemonte, Toscana e Veneto, con la Sicilia in rampa di lancio. Le imprese hanno idee più chiare sul prodotto, orientate alla ricerca di una qualità, di vini naturali e di pregio e, anche se cresce l’attenzione alla marca e all’identità aziendale, le scelte di canale e dei mercati restano confuse, e segnalano una priorità della vendita, che contrasta con gli orientamenti sul prodotto e sulla marca.
In questo, è importante sottolineare che il 42% dei vini italiani all’estero viene venduto in gdo, ma la quota sale, vertiginosamente, al 92%, quando si parla di bottiglie sotto i 25 euro (basic, premium e super premium). Sempre per il posizionamento sul mercato, è ancora grande la forbice che divide Francia e Italia: il prezzo medio dell’imbottigliato d’Oltralpe tocca i 5,46 dollari al litro, contro i 3,63 di quello italiano, mentre il prezzo medio degli sparkling francesi è addirittura di 18,59 dollari al litro, contro i 3,98 dollari dello spumante tricolore.
Un aspetto importante per la crescita all’estero, quindi, è la comunicazione, che non esprime segnali di innovazione, salvo la maggiore attenzione ai social network: in sostanza, l’opinione degli importatori sulla debolezza del marketing italiano sembra confermata, specie a livello stratgico. Le aziende italiane, in altri termini, non esprimono in campo manageriale (non solo nel marketing) lo stesso livello di competenza che hanno acquisito in campo agricolo ed enologico, dove, invece, il miglioramento è evidente.
Il focus del workshop, quindi, si è spostato sulla relazione difficile tra i brand del vino italiano - Italia, territori, aziende, prodotti - su cui si determina il valore dei vini italiani e la leadership (in quantità e valore) sui mercati esteri, da cui sono emersi i tre temi di cui si occuperà il “Wine Management Lab” nei prossimi mesi. Per prima cosa, il vino italiano esplode in molte “marche”, dall’Italia (sinonimo di un life Style conosciuto in tutto il mondo), ai territori (che possono comprendere le denominazioni, i vitigni, le tipologie di prodotti specifici), oltre ovviamente alle “marche aziendali” e di prodotto: bisogna trovare il modo di fare sintesi senza perdere valore e di coniugare le “marche aziendali” con le “marche collettive” (Italia e territori).
Un’altra priorità è come valorizzare la relazione “intima” con il vino richiesta dai consumatori, la sua mitologia, il fascino della natura, con la difesa dei volumi e le richieste dei canali commerciali. L’immagine del vino italiano, infine, si polarizza tra estremi, per esempio il Barolo e il Prosecco: una polarizzazione che rischia di generare un effetto di immagine media, in contrasto con l’evoluzione dei mercati, che sembra continuare a privilegiare, anche nel food & beverage, solamente i prodotti di lusso o di convenienza.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli