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Se c’è un Paese in cui, a rigor di logica, il vino non dovrebbe nemmeno essere contemplato tra le attività su cui puntare, è il Senegal: la sfida di “Clos les Baobabs”, cuore francese tra i filari di Cabernet, Cinsault, Grenache, Syrah e Sangiovese

Se c’è un Paese in cui, a rigor di logica, il vino non dovrebbe nemmeno essere contemplato tra le attività economiche su cui puntare, quello è il Senegal: clima difficilissimo, senza alternanza tra le stagioni, particolarmente arido, ed una popolazione di appena 14 milioni di persone, perlopiù di fede islamica, rendono l’impresa a dir poco ardua.
Ma l’amore per l’Africa, ed in particolare per Dakar, e per il mondo di Bacco, di due imprenditori francesi, Philippe Franchois, ex broker finanziario, e Francois Normant, ingegnere informatico in pensione, è stato capace di abbattere anche questa barriera, come racconta il portale “Yahoo News” (www.news.yahoo.com). Qualche anno fa i due soci ed amici hanno comprato 10 ettari di terra, sulla pittoresca Petite Cote, impiantando nel primo ettaro cinque varietà, Cabernet Sauvignon, Cinsault, Grenache, Syrah e Sangiovese, da cui sono nate le prime etichette di “Clos les Baobabs” (il nome, ovviamente, è dovuto alle gigantesche piante di Baobab che svettano tra i filari, ndr).
I costi di produzione non sono certo bassi, anche se il vigneto senegalese può contare su due vendemmie all’anno, tutto si regge grazie ad un capillare impianto di irrigazione, ma le prime bottiglie di Cabernet Sauvignon e Grenache sono già sul mercato, alla cifra tutt’altro che irrisoria di 11 euro a bottiglia, per quella che si presenta come una vera e propria scommessa in un mercato che, nonostante tutto, consuma 20 milioni di bottiglie di vino l’anno, quasi tutte d’importazione, nonostante i dazi salatissimi, pari al 125% del valore del vino importato.

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