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“Credo di chiudere Expo attorno ai 25-26 milioni di euro di fatturato”: lo ha detto a WineNews Oscar Farinetti. Un “fiume in piena”, tra lo sbarco di Eataly in Europa e il sogno (che realizzerà): Fico Eataly World ... e con Guerra verso Piazza Affari

Italia
Oscar Farinetti

Ha “nutrito” più Eataly l’Expo, o è stata più l’Expo a “nutrire” Eataly? “Bella domanda. Entrambe”. A rispondere è il patron di quella che, con store aperti in ogni angolo del pianeta, dagli Usa agli Emirati Arabi, dalla Corea del Sud al Brasile (alla Cina, nel 2019), e con già in vista le grandi aperture nell’Europa che mancava, dopo l’Italia (Monaco nel 2015, Mosca a fine anno, prima di Londra e Parigi nel 2017-2018), è ormai una vera e propria “rete” mondiale del cibo italiano di qualità: Oscar Farinetti, che a WineNews dice che “Expo ha nutrito Eataly perché ci ha portato tante di quelle persone da far paura, e alla fine si è rivelata il più bel “non luogo” dell’umanità, dieci volte più bello di Shanghai, con i padiglioni stranieri che si sono esibiti in performance eccezionali per affrontarne il tema. La gente è arrivata, e ora arrivano anche i pentiti dell’ultima ora”. D’altro canto, “noi speriamo di aver ripagato in misura uguale con un grande padiglione che è piaciuto alla gente, lavorando da pazzi e superando ogni più ottimistico budget”. Che, quantificato, vuol dire qualcosa come “attorno ai 25-26 milioni di euro di fatturato - con cui, come dice a WineNews, Farinetti crede di chiudere Expo - e, più o meno, i seguenti numeri: 6 milioni di visitatori sono entrati nel padiglione, 3 milioni hanno mangiato, 600.000 hanno visitato la mostra “Il Tesoro d’Italia” di Vittorio Sgarbi, che mi fa molto piacere. E poi c’è il numero che mi piace di più: 218 ragazzi che hanno trovato lavoro per 6 mesi, incassandone 7 perché questo era il contratto, molti dei quali cercheremo di ricollocare dentro Eataly”.
E dal 1 ottobre, come ha confermato al “Financial Times”, il top manager Andrea Guerra, ex ad Luxottica, lascerà l’incarico di consulente strategico del Governo Renzi per assumere il ruolo di nuovo presidente operativo di Eataly, ricoprendo l’incarico svolto attualmente da Oscar Farinetti, con l’obiettivo di raddoppiare i ricavi in due anni e preparare la società allo sbarco a Piazza Affari e alla quotazione in Borsa nel 2016-17.
Se le si vuol dare un voto, per Oscar Farinetti è stata fino ad oggi un’Expo “da un bel 8, per vari motivi: prima dicevano che non avrebbe aperto in tempo, e ha aperto in tempo, poi dicevano che non avrebbe aperto completa, e ha aperto completa (a Shanghai 2010 c’erano 18 padiglioni ancora vuoti), che non sarebbe venuta gente, e invece non si riesce ad entrare. E alla fine dicono che non sono stati sviluppati molto bene i contenuti, per alcuni versi hanno un po’ ragione, per altri hanno torto. Nel caso c’è ancora tempo, e da settembre si è cominciato ad andare giù pesante con i contenuti. Nel nostro piccolo - sottolinea il patron di Eataly - ne abbiamo fatte di ogni, tipo con Edoardo Bennato e The Farmers abbiamo portato 11.000 contadini, affrontando il tema dell’agricoltura e del sotto pagamento di alcuni generi che Madre Terra ci dà, ma abbiamo preferito farlo in un ambiente sereno, anche un po’ di festa, non nel solito convegno triste e noioso. Ma molti altri hanno sviluppato i temi: ricordo che il 3-6 ottobre ci sarà “Terra Madre Giovani”, Carlin si è speso anche per questo e arriveranno giovani contadini da tutto il mondo”.
E se questa è ed è stata l’Expo 2015 di Milano, guardando al dopo, dovrebbe lasciare non una, ma due eredità secondo Farinetti: “una al mondo e una agli italiani. Expo e le grandi Esposizioni serie devono aiutare a cambiare le coscienze, a far ragionare le persone sui grandi temi e cambiare marcia. Non devono far le regole, quelle le fanno i politici e le persone che sono nelle posizioni chiave. Ma non si può più governare questo mondo solo con le regole. I Paesi più civili oggi hanno poche regole, ma tanta coscienza civica. Visiti la Svizzera e ragioni sul tuo egoismo, sul fatto che devi essere più altruista, quello della Corea e ragioni sui temi della conservazione e del non spreco, vai in Israele e capisci quanto si può fare con la tecnologia per irrigare con meno acqua che noi, loro che hanno il deserto, e se visiti gli Emirati Arabi il cui tema è “Connecting Minds. Creating the future” (il futuro si crea connettendo le menti) che sarà il tema di Expo 2020 a Dubai, è un altro grande ragionamento che ti aiuta a cambiare marcia nella coscienza civica”.
A proposito del 2020, in cui è fissato l’obbiettivo di 50 miliardi di euro di export agroalimentare lanciato da molti, tra cui il Premier Matteo Renzi e lo stesso Farinetti (secondo le stime, intanto, il 2015 si chiuderà con il record di 36 miliardi di euro), “è troppo lontano - afferma Farinetti a WineNews - dobbiamo farlo prima, abbiamo tutte le armi per farlo, perché c’è una domanda spontanea del mondo di 100 miliardi. E si fa sostituendo i prodotti finti con quelli veri, dando lo strumento ai consumatori di tutto il mondo per riconoscerlo: l’unica strada percorribile è lanciare un unico “marchio Italia””.
Intanto da qui al 2020, Farinetti traccia a WineNews la “road map” delle prossime aperture: “dopo San Paolo del Brasile, dove c’è una coda impressionante da 3 mesi, e Seul nello Hyundai Centre che va benissimo, aperti nel 2015, il 26 novembre tocca a Monaco di Baviera, la prima grande apertura in Europa, dopo l’Italia, partendo dalla Germania, in un momento così, nei vecchi mercati generali in pieno centro, su 5.000 mq. Dopo c’è Mosca tra dicembre e febbraio, non sappiamo bene la data perché c’è qualche ritardo di costruzione, su 9.000 mq a due passi da Piazza Rossa. Quindi, la cosa più importante per noi, New York 2 nel 2016, tra aprile e giugno, anche lì con un ritardo di circa un anno del Porto, l’azienda pubblica che fa il World Trade Center, ma nessun problema, apriremo su Ground Zero e su 5.000 mq dedicati alla pace. Tutti sono in ritardo nel mondo, ma non rompono le palle come hanno fatto alcuni italiani con Expo. Dopo di che - continua il patron di Eataly - già firmate sono Boston alla fine del 2016, Los Angeles nel 2017, e Toronto in Canada apparentemente tra il 2017-2018. Poi tocca di nuovo all’Europa, dove abbiamo chiuso joint venture con Selfridges per Londra, in Oxford Street, e con Lafayette per Parigi, nello straordinario quartiere del Marais, entrambe a cavallo del 2017-2018. E poi tante altre ancora”.
Perché, secondo Farinetti, “il bello di Eataly è che ci vogliono, e non per merito mio, ma dell’Italia e degli italiani, dei grandi cuochi e produttori di vino che sono andati nel mondo. Nel mondo ci sono 194 Paesi e tutti vorrebbero avere un Eataly. E noi stiamo cercando di farlo con ordine. Stiamo analizzando una quindicina di deputy partners per la Cina, dove dovremmo entrare nel 2019, ma ci vuole il partner giusto”. Ma il sogno dell’imprenditore piemontese per l’Italia del wine & food è riuscire ad esser capaci di portare nel mondo insieme al cibo i nostri valori immateriali, la storia, la cultura, la creatività. “Ma poi ho un sogno fisico, che realizzerò: “Fico Eataly World”, che aprirà tra giugno e settembre 2016, su 100.000 mq, la più grande “Disneyworld sul cibo” che si possa realizzare al mondo, ed è giusto che ce l’abbia l’Italia, un luogo di cultura, storia e tradizione. In cui, per esempio - racconta Farinetti - si partirà dai campi di grano duro, per capire perché in Italia abbiamo 140 cultivar e negli Stati Uniti ce ne sono 6, seguiremo la spiga per entrare in un mulino dove si produce la semola a pietra come si faceva una volta, seguiremo la semola per entrare in un pastificio, come quelli artigianali di Gragnano, per veder nascere i nostri famosi spaghetti e maccheroni, e ancora, ancora, fino a mangiarli al ristorante o comprarli. E così anche per il vino, per l’olio e così via, accanto al racconto di grandi storie - io ho lanciato l’idea e faccio il presidente, ma c’è un gruppo di lavoro di una quindicina di giovani che ci lavorano da un anno - storie come quella dell’uomo e del fuoco, dell’uomo e degli animali, dell’uomo e del mare, dell’uomo e dell’agricoltura che sarà Plinio Il Vecchio a raccontare, e la storia dell’uomo dalla terra alla bottiglia attraverso i tre mitici liquidi, il vino, l’olio e la birra, che invece racconterà Noè. Sarà un luogo dedicato ai giovani - continua a WineNews come un “fiume in piena” Farinetti - vogliamo portare a vederlo 300-500.000 studenti all’anno, non c’è limite, per infondere orgoglio e fargli venire voglia di fare agroalimentare, 1,5 milioni di turisti stranieri e anche 1,5 milioni di italiani curiosi. Preparatevi perché sarà una bomba, come sempre molto criticata, come l’Expo, ma spero che come Expo sarà un grande successo”. Insomma, l’Expo da Milano va a Bologna: “sì, con una cosa diversa, minore. Expo è dedicata al mondo, invece noi raccontiamo solo la biodiversità italiana, dalla Valle d’Aosta alla Puglia, per cercare di spiegare che siamo il Paese più “biodiverso” del mondo. Che abbiamo avuto un culo pazzesco a nascere in Italia e questa straordinaria fortuna dobbiamo farcela perdonare, e l’unico modo è quello di impegnarci a celebrarla nel mondo”, conclude Farinetti.

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