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Fare il vignaiolo: la passione che lega Al Bano, Gianna Nannini, Bruno Vespa, Oscar Farinetti, Massimo D’Alema e gli imprenditori Todini e Moratti. Ad Expo il racconto, in prima persona, dei vip che hanno deciso di piantar vigna e produrre il vino

Il politico, i cantanti, il conduttore televisivo o i grandi imprenditori, tutti accomunati da una grande ambizione: piantar vigna e vestire i panni del produttore di vino. E’ il fil rouge che, oggi ad Expo, ha riunito, su iniziativa del Comitato Scientifico del Padiglione Vino (emanazione del Ministero delle Politiche Agricole), guidato da Riccardo Cotarella, i cantanti Gianna Nannini (Certosa di Belriguardo, in Toscana) e Al Bano Carrisi (Tenute Al Bano Carrisi, in Puglia), l’anchorman Bruno Vespa (Futura 14, in Puglia), gli imprenditori Luisa Todini, presidente di Poste Italiane (Cantina Todini, in Umbria), il petroliere Gian Marco Moratti e Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, ex sindaco di Milano (Castello di Cigognola) e Oscar Farinetti, patron di Eataly e proprietario delle cantina Fontanafredda e Borgogno, in Piemonte, e l’ex Presidente del Consiglio Massimo D’Alema (La Madeleine, in Umbria). In un’inedita degustazione i “vignaioli vip” hanno proposto, uno accanto all’altro, i loro migliori vini, raccontando la loro esperienza di vigneto, coadiuvati dai più importanti giornalisti specializzati nella critica enologica.
“Ho sempre amato il vino - ha confessato la rockstar Gianna Nannini - lo conosco da quando ero bambina, ho conosciuto la vendemmia e bevuto il vino prima di cantare. Ho rilevato la terra che era della mia famiglia e ho deciso di fare un vino rock, a base di Sangiovese, che è il vitigno della mia terra. E’ un vino che ne rispecchia l’identità, ed è unico perché in America, ad esempio, non lo si può fare. Per questo ho deciso di chiamarlo “Inno’”. Giannini ha spiegato di aver voluto fare un “vino migliore del Tignanello, che è il mio preferito”. Ne è venuto fuori “un vino libero, che ha pochissimi solfiti ed è come il vino che facevano i contadini e che facevamo in famiglia”. Nannini ha poi voluto sottolineare di non essere “una cantante che firma un vino, ma lo produce e lo segue”.
“Il vino è un vizio di famiglia - ha confessato Al Bano - quando sono nato ho conosciuto prima il vino del latte. Quando da giovane sono partito dalla mia terra, la Puglia, ho detto a mio padre che quando sarei tornato da cantante affermato, avrei costruito una cantina per produrre vino con il suo nome perché produrre vino era il sogno di mio padre”. “Quando ho iniziato a produrre vino nel 1973 producevo 100.000 bottiglie, oggi sono a 800.000. Ormai - ha detto scherzosamente - vendo più bottiglie di vino che cd …”.
Chi non avrebbe mai pensato di diventare produttore, per sua stessa ammissione, è, invece, Bruno Vespa: “non sono un esperto di vino - ha spiegato - ma lo conosco. Da 40 anni, ogni giorno, bevo un vino a pasto. Ho sempre invidiato la musica classica per la sua capacità di parlare, pur senza parole, a tante persone di tante lingue diverse. Nel mio piccolo microcosmo, grazie al mio vino, sto vivendo questa emozione. Il mio vino ha avuto grandi consensi e sono grato a chi lo propone in Italia e all’estero”. Ma soprattutto “fin da giovane ho imparato a stare con persone migliori di me. Ecco, nel mondo del vino ho incontrato tante persone molto migliori di me, uomini e donne che fanno vino da tante generazioni …”. A chi chiedeva al conduttore cosa ne pensasse di Expo, Vespa ha spiegato che è “una straordinaria vetrina per il nostro paese. Expo vale lo 0,4% di Pil, significa oltre 6 miliardi di euro. E’, quindi, una grandissima iniziativa che avrà un forte riflesso sull’Italia e su Milano. Abbiamo temuto che prima che aprisse potesse andare male, ma dopo l’apertura no”.
Stessa domanda per l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, che ha sottolineato che “l’iniziativa di portare l’Expo in Italia, a Milano, e centrarlo sul cibo e nutrire il Pianeta fu un impegno trasversale di tanti, ma soprattutto di tre persone: Letizia Moratti, Romano Prodi e il sottoscritto. E’ buffo che ora io e la famiglia Moratti ci siamo ritrovati qui … impegnati anche con il vino! Persone con opinioni politiche diverse hanno lavorato insieme per realizzare qualcosa per il Paese. In fondo il fine dell’agire politico è il bene comune”. Quanto alla sua visione del vino l’ex premier Massimo D’Alema ha ricordato di aver deciso di puntare “sui vitigni internazionali. Questa è una sfida e lo è ancora di più perché finisci per misurarti anche con i nostri cugini francesi. Produrre il vino è una passione, ma anche una scelta molto impegnativa. Ringrazio mia moglie che dedica alla nostra piccola azienda molto tempo”. Ma soprattutto, ha osservato, “produrre il vino è una dimensione di vita e un’altra dimensione del tempo che l’uomo contemporaneo dovrebbe riscoprire. Quando apriamo una bottiglia del 1980 viene da pensare a noi che facevamo e dove eravamo allora? Ci sono persone, ormai lontane, che hanno creato un bene che possiamo consumare oggi. Questa dimensione è affascinante altrettanto come bere un vino buono. Ci permette anche di ricordare persone e riscoprire culture …”. D’Alema ha, quindi, definito il settore vinicolo come un “mondo accogliente, in cui non ci sono invidie. Ci sono grandi produttori che incoraggiano gli altri a produrre. Questa solidarietà dovremmo sfruttarla ancora di più. L’Italia è in una grande squadra, una grande potenza del vino ma nel mondo del vino è seconda. Se ci diamo da fare tutti insieme un giorno possiamo diventare i primi. Questo deve essere l’obiettivo comune”.
Secondo il petroliere Gian Marco Moratti “l’Italia ha un grande difetto, che non è una nazione vera, ma è una federazione di comuni che ha maturato ognuno una sua identità. Per questo manca anche una collaborazione. Il fatto poi che in alcune realtà si produca 400 quintali per ettaro, vendendo il vino a prezzi bassissimi, questo vuol dire rovinare l’immagine ed il nome dell’Italia. L’Italia non può perseguire la quantità ma deve cercare la qualità”. L’imprenditrice Luisa Todini (che è anche presidente di Poste Italiane) ha sottolineato come “il vino si fa per passione e poi da imprenditore. Io sono nata e cresciuta in una frazione di Todi, in Umbria, e la mia famiglia non poteva certo permettersi una cantina, ma come tutti all’epoca avevamo dei filari e il mio primo mosto l’ho bevuto a 3 anni. La passione per il vino c’è da sempre, poi da 15 anni a questa parte abbiamo investito nella cantina ed oggi produciamo dei rossi e dei bianchi, e soprattutto il Grechetto. Di fatto mio padre regalò a Todi la doc del Grechetto. Oggi ho rilevato le proprietà della mia famiglia, insieme al mio compagno di vita e di vino”. Poi la parola è andata a Oscar Farinetti che ha spiegato di essere nato “nel periodo della vendemmia e i primi profumi che ho respirato sono stati quelli dell’uva, del mosto e del vino. Fare il vino è il mestiere più bello del mondo e io ho sempre sognato di essere vignaiolo”. “I vignaioli pensano all’uva perfetta che non arriverà mai - ha detto ancora - e sarà sempre quella della prossima vendemmia. Però, il giorno della vendemmia è un momento straordinario. Conosco alcuni produttori che hanno visto ormai tantissime vendemmie. Per me questi produttori, come Angelo Gaja, sono dei miti e io ho voluto iniziare a fare il vino per assomigliare a questi miei miti. Anzi li ho voluti copiare”. A chiudere l’iniziativa, che Riccardo Cotarella ha definito “importante perché la fama di queste persone contribuisce a veicolare l’immagine del vino”, è stato un inedito duetto tra Al Bano e la Nannini, poche note per intonare un inno per celebrare il vino, la gioia di produrlo e quella di berlo. E la canzone di Al Bano “Nel Sole”, un omaggio ad uno dei componenti fondamentali per un grande vino.

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