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Dal Marocco alla Tunisia, passando per l’Algeria: testimonianze della vivacità enoica del Nord Africa, dove crescono produzione, consumi interni, ma anche le esportazioni soprattutto verso Estremo Oriente e Sud America ...

Se uno pensa al vino in Africa, l’associazione automatica è con il Sudafrica, Paese leader, di gran lunga, della produzione e del consumo di vino del nettare di Bacco nel Continente, e stabilmente, da anni, nella top 15 dei Paesi produttori del mondo.

Eppure, al netto di tensioni politiche, economiche e religiose, sembra esserci un movimento produttivo importante soprattutto nel Nord Africa, come riporta un breve reportage dell’AnsaMed. Una fascia geografica da molti indicata come uno dei mercati emergenti del vino da monitorare (in particolare la Nigeria per gli spumanti), ma con alcuni Paesi con una storia enologica magari poco conosciuta, ma solida, alle spalle, come Marocco, Tunisia e Algeria, che mostrano segnali di vivacità e ampi margini di crescita.

“I Paesi del Maghreb - si legge - sembrano essere sulla strada di una scommessa vinta, che si traduce in un aumento delle esportazioni anche verso quei mercati non tradizionali. Come nel caso della Tunisia che, avendo in quelli tedesco e francese i mercati di riferimento, sta ora cercando di proporsi per consumatori di altri Paesi, da “convincere” anche per il sempre ottimo rapporto qualità-prezzo. Per paradossale che possa apparire, poi, Paesi produttori come il Marocco, secondo esportatore del Continente, devono fronteggiare sia l’aumento delle richieste dall’estero, che quello del consumo interno. “Paradossale” solo il apparenza perché il Marocco è un Paese musulmano (e quindi condizionato dalle prescrizioni della religione), la cui classe media non disegna una buona bottiglia di vino, così come i turisti, che fanno schizzare i consumi soprattutto nelle località di vacanza. In questo panorama resta singolare la posizione dell’Algeria, che negli anni Trenta del 1900 produceva ed esportava oltre venti milioni di ettolitri di vini ed ora è invece costretta ad “inseguire” altri Paesi produttori (anche di recente tradizione, come Tanzania e Kenya) dopo il programma di riorientamento delle colture, deciso certamente con pochissima lungimiranza intorno all’inizio degli anni ’70. Chardonnay, Syrah, Cabernet Sauvignon sono nomi ormai comuni in Nord Africa e le relative bottiglie compaiono sulle tavole dell’Estremo Oriente e del Sud America”.

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