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Aspettando di vedere gli effetti della crisi finanziaria cinese sul mercato enoico, da Mosca arriva un altro problema: il Ministro dell’Agricoltura Tkachov minaccia lo stop alle importazioni di vino sfuso, ostacolo alla crescita delle aziende russe

Italia
La Russia verso il blocco alle importazioni di vino sfuso?

Gli effetti della crisi finanziaria cinese, che sta gettando nel panico le borse d’Occidente come non succedeva dal lontano 2009, sono ancora tutti da calcolare, specie su un comparto particolare come quello del vino. A pagare, almeno a breve termine, secondo gli analisti, sarà soprattutto il segmento del lusso, e quindi quello dei fine wine, che dovrebbe preoccupare, numeri alla mano, molto più la Francia del Belpaese. L’ennesima preoccupazione in un panorama che, a Oriente, non promette nulla di buono, a partire dalla situazione russa, fattasi ormai strutturale. I rapporti commerciali con Mosca, dopo le sanzioni dell’Ue che hanno dato un duro colpo all’economia del Paese, si sono raffreddati anche sull’asse con Roma, almeno sotto il punto di vista enoico.

Gli ultimi dati di “Wine by Numbers” di Unione Italiana Vini e Corriere Vinicolo, sui primi tre mesi del 2015, fotografano bene la situazione: per quanto riguarda gli imbottigliati, l’Italia è saldamente il primo esportatore, con 5,6 milioni di litri, ma il calo sul primo trimestre 2014 è stato addirittura del 42,7%; e non va meglio dal punto di vista dei valori, in calo del 52,4% a quota 19 milioni di dollari.

Un quadro che riguarda tutti i principali produttori occidentali, con la sola eccezione della Nuova Zelanda, mentre in classifica tornano, o compaiono dopo anni di assenza, i vicini di Mosca, dall’Abcasia, autoproclamatasi indipendente dalla Georgia nel 1992, in crescita del 64,3% sul 2014 ed oggi quarto esportatore sul segmento dell’imbottigliato, alla stessa Georgia, subito dietro, a quota 1,79 milioni di ettolitri, passando per la Moldova, alla posizione n. 8 con 1,21 milioni di ettolitri.

Quello che salta all’occhio è l’isolazionismo in cui si sta chiudendo la Russia, vuoi per necessità, vuoi per strategia economica e politica. Con picchi persino di autarchia, almeno stando all’ultima proposta arrivata dal Ministro dell’agricoltura di Mosca, Alexandr Tkachov, che vorrebbe chiudere le frontiere all’import di vino sfuso. Il problema, secondo Tkachov, è che oggi come oggi le aziende vinicole russe si stanno riducendo a mere imbottigliatrici di vino che arriva dai quattro angoli del mondo.

“Dobbiamo aumentare le tariffe - ha raccontato alla catena “Rossiya 24” - o magari impedire direttamente le importazioni”. L’input arriva direttamente dai produttori della Crimea, che lamentano come i propri vini, di fronte alle produzioni di giganti come Sudafrica e Spagna, non siano per nulla competitivi. Gli effetti di una decisione del genere, come spiega il direttore del centro studi dei mercati delle bevande alcoliche, Vadim Drobiz, “porterebbero per prima cosa ad un innalzamento dei prezzi.

Nell’ultimo anno i russi hanno consumato 1,9 miliardi di litri di vino, spumante e cognac, di cui un quarto prodotti in Russia con uve nazionali. Più di così però non possiamo fare, ci vuole un’azione vasta di nuovi impianti, ma per vederli realmente produttivi ci vorranno 10 anni”.

E nel frattempo? Il Governo sembra voler andare verso l’autosufficienza enoica, per quanto possibile, e non è una buona notizia, perché l’unico dato positivo, per l’Italia, arriva proprio dallo sfuso: +39,7% delle importazioni nel primo trimestre 2015, a quota 302.381 litri per 645.471 dollari. Non molto, ma pur sempre un buon inizio, che rischia di essere già anche una buona fine ...

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