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La Cina tra crisi economica, svalutazione dello Yuan e “falsi miti”, da quello delle superfici vitate ai dati sui consumi enoici. Conoscere il mercato del Dragone è fondamentale, ma districarsi tra numeri e previsioni, spesso, diventa impossibile

La crisi economica della Cina, deflagrata prepotentemente in questi ultimi giorni, terrorizza le economie occidentali, specie quelle più export oriented, a partire dall’Italia, perché la terza svalutazione in tre giorni dello Yuan è una decisione volta a far ripartire l’economia industriale del Dragone, proprio attraverso le esportazioni, a scapito, evidentemente, delle importazioni. Eppure, l’economia cinese non è in recessione, ma solo in frenata, ed anche il mondo del vino del Belpaese, che in Oriente non ha comunque gli interessi ed i volumi di affari dei cugini francesi, fa bene a continuare a puntare su Pechino. Facendo, però, un po’ d’ordine nel balletto di cifre e previsioni che, specie negli ultimi mesi, hanno creato più di qualche equivoco, per non dire “falso mito”.

Innanzitutto, il dato emerso dall’ultimo rapporto dell’Oiv - Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino sulla superficie vitata del gigante asiatico: gli 800.000 ettari calcolati dall’Oiv, in realtà, prendono in considerazione sia l’uva da vino che quella da tavola, per cui parlare della Cina come del secondo vigneto più grande al mondo, davanti addirittura ad Italia e Francia, e dietro alla sola Spagna, come hanno fatto tanti media in tutto il mondo, persino la “Bbc”, è a dir poco fuorviante. Quanti siano, in realtà, gli ettari vitati dedicati alla produzione di uva da vino non è dato saperlo, ma la principale regione produttiva, Ningxia, dove si concentrano la maggior parte dei vigneti, secondo il portale “Grape Wall of China” (www.grapewallofchina.com), non supera i 40.000 ettari. Del resto, non si capiva come fosse possibile altrimenti che la produzione della Francia fosse 4 volte superiore a quella cinese ...

Altro dato rilanciato da diverse testate Usa è quello che vuole la Cina primo consumatore di vino al mondo, citando dati dell’Iwsr - International Wine and Spirit Research essenzialmente distorti, mescolando le previsioni per il 2020 con i numeri, consolidati, del 2014. La realtà è che il primo Paese per consumi enoici sono gli Stati Uniti, con 339 milioni di casse di vino consumato solo nell’ultimo anno, seguiti da Francia (296 milioni di casse), Italia (288 milioni di casse), Germania (274 milioni di casse) e solo al quinto posto, con “appena” 144 milioni di casse di vino, la Cina. Ed anche in termini di valori la musica non cambia, con il commercio enoico che, in Usa, vale 29,5 miliardi di dollari. E allora, da cosa nascono certi falsi miti? Spesso da una lettura sbagliata dei dati, che tendono ad aggregare al vino anche i consumi di superalcolici: un errore che, in malafede o meno, rischia di raccontare un panorama assai diverso e distante dalla realtà.

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