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Per combattere la flavescenza dorata è importante usare materiale vivaistico non infetto. Difficile in regioni come il Piemonte, che punta su un’”isola” di piante madri per marze da innesto allevate in Calabria, dove la flavescenza non esiste

La flavescenza dorata, in Piemonte come in altre zone d’Italia, ormai, è una malattia endemica della vite, che anno dopo anno i vignaioli hanno imparato a combattere, sia con azioni di prevenzione che di contenimento, tanto che dal maggio del 200 la lotta alla flavescenza dorata è stata resa obbligatoria. Un aspetto fondamentale nella strategia di prevenzione è l’utilizzo di materiale vivaistico non infetto, ma non è facile come sembra. E allora, ecco l’idea giusta: un’”isola” di piante madri per marze da innesto di alcune varietà di vite in Calabria, dove la flavescenza dorata non c’è, e tanto meno l’insetto vettore, lo Scaphoideus titanus.
Il progetto, sperimentale, è ideato e coordinato dai Vignaioli Piemontesi, la più grande associazione di produttori d’Italia, impegnata da anni nella lotta contro la flavescenza dorata. Nella primavera 2014 è stato realizzato un impianto di un ettaro ad Acconia di Curinga, vicino a Lamezia Terme, in collaborazione con il vivaista calabrese Mario Maiorana, e coinvolgendo cinque aziende vivaistiche piemontesi, tutte aderenti a Orme di Vite, marchio che certifica la produzione di barbatelle “Flavescenza free”, con trattamento di termoterapia su marze e portainnesto: Fratelli Nicola, Pierpaolo Santamaria, Roberto Parodi, Domenico Cinoglossa e Pierluigi Scarrone.
Di ritorno da una visita al gemmaio, dov’è stato sancito e regolamentato l’accordo con i Vivai Maiorana, i vivaisti piemontesi discutono sulla scelta dei nuovi cloni da impiantare. “È una zona non colpita dalla Flavescenza - spiega Anna Errico, ideatrice di Orme di Vite - e dove non vive l’insetto vettore, lo Scaphoideus titanus Siamo sicuri che le marze che arriveranno in Piemonte per la produzione delle nostre barbatelle saranno sane. La stessa cosa non si può dire con marze prodotte nelle nostre zone dove ormai la malattia è endemica e la pressione del fitoplasma fortissima, anche se la termoterapia è e rimane un valido aiuto. Le piante madri sono state realizzate dal Nucleo di Premoltiplicazione Piemontese, in vasetto, e allevate in serra, sotto rete, per evitare ogni possibilità di infezione in vivaio”.
Il “gemmaio” calabrese è il primo esempio di vitigni piemontesi che crescono fuori zona. A Lamezia Terme si sperimentano le varietà più sensibili: 3 cloni di Barbera, 2 di Cortese, 2 di Dolcetto, 1 di Grignolino, 2 di Chardonnay. Potrà fornire oltre 400.000 marze che saranno innestate dalle cinque aziende vivaistiche per la produzione delle barbatelle. “Si prevede di estendere ulteriormente gli impianti ad altre varietà”, conclude Errico.

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