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Convegno Iva-In Vino Analytica Scientia by Fondazione Mach e Centro di Laimburg: la viticoltura e enologia hanno bisogno della scienza, dalla chimica all’analisi sensoriale. Il punto di approdo delle ricerche dei protagonisti mondiali

Si stimano almeno 700 differenti composti chimici nel vino. In questo senso, “il vino è questione di chimica” davvero, anche se, evidentemente, il vino non è soltanto questo. Per la prima volta in Italia il Simposio internazionale “Iva-In Vino Analytica Scientia” (14-17 luglio, a Mezzocorona) con la Fondazione Mach e il Centro di Laimburg, e 250 studiosi provenienti dai maggiori centri di ricerca al mondo, cerca di fare il punto sullo stato dell’arte di questo particolare approccio al vino.
In questi giorni di convegno si parla, tra le altre cose, dell’analisi chimica del vino, uva e liquori, di metabolomica, dell’autenticità dei prodotti, di chemiometria, di analisi sensoriale, senza tralasciare i riflessi delle diverse pratiche colturali sull’ambiente e sulla qualità del prodotto finito.
Un incontro tra specialisti i cui lavori sono soprattutto un “working in progress”, una sorta di presa di contatto con le loro ricerche che in un futuro non lontano entreranno nel contesto operativo del mondo del vino.
“Viticoltura ed enologia hanno bisogno - sottolinea il presidente della Fondazione Mach, Andrea Segrè - della scienza, di tecnologie alimentari, della chimica analitica e dell’analisi sensoriale. Un convegno come questo fa conoscere il territorio a personalità accademiche di tutto il mondo, oltre a generare un certo indotto economico. Inoltre, sappiamo bene che la ricerca alta prima o poi deve cadere in basso e per la viticoltura questa prospettiva è particolarmente rilevante”.
“Laimburg e la Fondazione Mach sono riusciti a portare in qui il più importante convegno sui composti del vino e ce l’hanno fatta perché hanno lavorato assieme - spiega il direttore del Centro di Sperimentazione Laimburg, Michael Oberhuber - nel settore vitivinicolo è fondamentale conoscere la qualità in modo oggettivo e scientifico: solo così ci si può distinguere come zona di eccellenza”.
Un rapporto diretto con le zone di produzione che emerge dal lavoro sulla produzione Trentodoc e Franciacorta di Fulvio Mattivi, ricercatore Fondazione Edmund Mach, che puntualizza: “l’aroma dei vini spumanti è dovuto a decine di composti varietali e fermentativi, oltre a diversi classi di sostanze volatili che si sviluppano da precursori aromatici durante l’invecchiamento del vino o vengono rilasciati a causa del lievito”. Grazie alle nuove tecnologie analitiche come la gascromatografia e gli spettrometri di massa e l’applicazione del “protocollo “GCxGC”, abbiamo ottenuto la descrizione più completa delle sostanze volatili contenuto in questa tipologia di vini, mettendo in evidenza l’enorme complessità degli aromi dei vini spumanti di alta qualità italiana. Con questo approccio metabolico, sono state trovate più di 1600 diverse molecole”.
Sempre in tema di bollicine, ed utilizzando il medesimo approccio metabolico, Philippe Jeandet dell’Università di Reims Champagne-Ardenne ha studiato la composizione aromatica di bottiglie di Champagne vecchie di 170 anni, rimaste per questo lungo periodo di tempo sott’acqua nel Mar Baltico. “Queste tecniche hanno dato accesso alla comprensione dettagliata di questi particolari Champagne - sottolinea il ricercatore francese - rivelando, ad esempio, caratteristiche chimiche inattese”.
Gli aromi dei vini sono fondamentali, evidentemente, ma anche quelli delle uve costituiscono un elemento dirimente e possono anche costituire una vera e propria “previsione” di quello che sarà la qualità finale del vino in bottiglia.
“La creazione di un indice di previsione della qualità del vino? Passa dalla correlazione dei precursori d’aroma sviluppati dalle bacche durante la maturazione con la qualità del vino finale - spiega Joanna Gambetta dell’Università australiana di Adelaide. Un vitigno diffusissimo come lo Chardonnay è stato oggetto di molti studi per valutarne gli aromi, ma “la maggior parte di questi studi hanno preso in considerazione solo una variabile alla volta - continua la ricercatrice australiana - l’aroma di qualsiasi vino dipende dalla combinazione di una serie di fattori, e soprattutto dalle decisioni prese in vigna, in cantina durante la fermentazione e la maturazione, ma anche dai precursori aromatici che si trovano nelle bacche. Così la qualità del frutto e le decisioni sui tempi di raccolta influenzeranno i processi di vinificazione e in ultima analisi, lo stile e la qualità del vino. Gli strumenti decisionali attuali utilizzati per determinare i tempi di raccolta e la qualità delle uve sono abbastanza rudimentali, ma mirano a sviluppare misure oggettive della qualità del vino per migliorare la conoscenza dei rapporti tra uva e composizione del vino. Ciò comporta anche l’esame delle variazioni dei precursori aromatici durante la maturazione delle uve a seconda della provenienza - conclude Gambetta - oltre a determinare l’effetto sulla composizione del vino finito in assenza di variabili di vinificazione”.
Ma, attorno all’importanza degli aromi, siamo arrivati anche a misurare la loro influenza nella stessa fisiologia del corpo umano. “Più di 8.000 composti volatili sono stati identificati negli alimenti - sottolinea Dietmar Krautwurst dell’Istituto Leibnitz di Frisinga - almeno 230 appaiono in concentrazioni superiori alla soglia della percezione olfattiva, e formano in modo significativo l’aroma della maggior parte degli alimenti. Questi “odoranti alimentari essenziali” appaiono in combinazioni in rapporti di concentrazione specifici per ogni alimento e vengono rilevati dai recettori olfattivi o recettori del gusto. Quest’ultimi sono stati identificati come marcatori in sottopopolazioni di leucociti nel sangue. Così - conclude il ricercatore tedesco - il nostro sistema immunitario può rilevare e rispondere agli stessi ingredienti alimentari, come i nostri sensi. Ciò suggerisce che l’aroma o il sapore composti sono potenziali bioattivi nel senso più ampio”.

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