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Diego Planeta, Renzo Cotarella, Sandro Boscaini, Cristina Mariani-May, Aldo Vajra: ecco i “Top 5 Italian Master Winemakers” di “The Drinks Business”, i protagonisti del panorama enoico italiano capaci di rappresentare al meglio decenni di successi

Italia
Diego Planeta, Renzo Cotarella (Antinori), Sandro Boscaini (Masi), Cristina Mariani (Castello Banfi) e Aldo Vajra: i top 5 master winemakers secondo The Drink Business

Nelle cantine del Belpaese è in atto ormai da anni un profondo cambio generazionale, con una schiera di rampanti under 40 che stanno sostituendo genitori straordinari, protagonisti di quel risorgimento enoico che ha dato vita all’Italia del vino così come la conosciamo oggi, con le sue eccellenze ed i suoi successi. A prescindere dall’età, però, ci sono 5 volti insostituibili del panorama enoico italiano, scelti dalla “Top 5 Italian Master Winemakers” del magazine britannico “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com), capaci di rappresentare al meglio decenni di successi in giro per il mondo: Diego Planeta, Renzo Cotarella (Antinori), Sandro Boscaini (Masi), CristinaMariani (Castello Banfi) e Aldo Vajra.
Si inizia con Diego Planeta, perché ai tempi in cui era presidente della Cooperativa Settesoli, nel 1971, l’immagine del vino siciliano era praticamente inesistente: tanto vino sfuso e un paio di etichette note al grande pubblico, Regaleali e Corvo. “È stato durissimo convincere 2.000 agricoltori a resistere ai sussidi dell’Europa e dar vita ad una nuova realtà enoica”, racconta Diego Planeta che, nel 1995, ha fondato la propria azienda, rivoluzionando il profilo della Sicilia “con uno Chardonnay che nessuno credeva arrivasse dall’Isola ...”.
Diversa la storia di Aldo Vajra, cresciuto tra i filari di Barolo, non certo un territorio da inventare, ma sul quale è stato comunque in grado di lasciare un’impronta indelebile, in un rapporto con la propria terra fatto di difficoltà ed opportunità. Dal 1972, anno difficile, in cui capì di voler fare il produttore, e non il semplice conferitore, al 1986, “quando una tempesta di grandine distrusse i miei filari. Una situazione dalla quale uscii solo grazie all’aiuto di grandi barolisti come Aldo Conterno”. Oggi critica e mercato lo premiano, ma lui sceglie un profilo basso, da buon piemontese.
Renzo Cotarella, invece, ha legato il proprio nome a quello di uno dei produttori più prestigiosi, Piero Antinori, con cui lavora dal 1979, “quando l’azienda era già conosciuta storicamente, ma non era così grande, anche se il Tignanello la stava portando alla ribalta”, ricorda Cotarella. La svolta, nel 1992, quando l’enologo viene messo a capo della produzione, e l’azienda inizia ad investire anche fuori dalla Toscana, in Puglia, Piemonte, California, Cile, Umbria “senza mai perdere la bellezza delle singole identità aziendali”.
In Veneto, dietro alla riscoperta ed al successo del più importante vino rosso della Regione, c’è Sandro Boscaini, ribattezzato non a caso “Mister Amarone”. È lui, infatti, che nel 1964, con il primo Campofiorin, ha riscoperto e rilanciato l’Amarone e la sua tecnica produttiva che, fino a quel momento, apparteneva ad una manciata di produttori ed ad una nicchia ristretta di appassionati. Da lì, il rilancio vero e proprio dell’Amarone, per mano di un gruppo di pionieri, iniziato negli anni ’80 e diventato concreto solo negli ultimi anni, con la conquista dei mercati esteri.
Infine, una donna, una delle tante nel mondo del vino, ma tra le poche ad aver giocato un ruolo così determinante per il successo non solo di un’azienda, ma di un intero territorio: Cristina Mariani-May, erede di John che, nel 1978, acquistando il Castello di Poggio alle Mura, portò un territorio ancora emergente come quello del Brunello di Montalcino all’attenzione del mondo. Dal 1999, anno in cui Ezio Rivella, deus ex machina dell’azienda per due decenni, lasciò, è Cristina a tenere le redini, ben salde, di Banfi, che ha superato indenne le tempeste del 2008 e oggi, sull’onda dell’annata 2010, vola su tutti i mercati.

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