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L’Italia, tra il 1999 ed il 2014, ha visto i suoi ettari vitati scendere da 792.000 a 642.000. Ma, nello stesso tempo, è cresciuta l’identità dei vini di pregio e con essa il valore dei vigneti. Soprattutto al Nord. Così uno studio di Banca Mps

Italia
Italia, persi tanti ettari di vigneto, ma cresciuto il valore in territori top, soprattutto a Nord

L’Italia, tra il 1999 ed il 2014, ha visto i suoi ettari vitati scendere da 792.000 a 642.000. Ma nello stesso tempo, è cresciuta l’identità dei vini di pregio e con essa il valore dei vigneti. Al punto che, mentre in il valore dei terreni agricoli in generale è diminuito negli ultimi anni, costantemente, a partire dal 2004, quello dei vigneti più pregiati, soprattutto al Nord, ha quantomeno tenuto, se non i qualche caso aumentato, soprattutto, ovviamente, in quei territori che hanno lavorato per far crescere il mercato ed il prestigio dei loro vini. Emerge da uno studio di Banca Mps, secondo cui “c’è una fascia geografica nel Nord Italia che va dal Piemonte al Veneto che, malgrado la crisi, continua a mantenere sostenuto il valore dei vigneti a ettaro. Chi ha investito in appezzamenti da Barolo nella bassa Langa, tra i vigneti eroici di Chambave in Valle d’Aosta, attorno al lago di Caldaro in Alto Adige, nella piana Rotaliana a nord di Trento, nell’area delle bollicine del Bresciano, nella zona di Valdobbiadene nel Trevigiano, nel basso Piave attorno a San Donà, sui Colli Euganei vicino a Padova ha fatto un buon affare.
Più a sud degli Appennini tiene bene la Toscana dove, dopo un decennio di forte crescita, il valore dei vigneti è ancora alto, soprattutto i filari Docg e filari nelle aree del Chianti Classico e di Montalcino. Più a sud, l’unica zona vocata alla vitivinicoltura a mantenere alti valori fondiari è quella dei Castelli Romani, area di rifornimento storico dell’enorme mercato della capitale. Le regioni meridionali e le isole hanno invece forti spazi di crescita dato che i costi ad ettaro sono ancora abbordabili mentre l’enologia meridionale ha fatto passi da gigante attraendo investitori in aree particolarmente vocate e appetibili, oltre che per la realtà vitivinicola, anche per le risorse storico-artistiche e paesaggistiche, come nel caso della Sicilia orientale attorno all’Etna e occidentale, nel Trapanese, e nella Puglia salentina”.
Tradotto in numeri, i vigneti più quotati, in media (dati Inea 2013), sono quelli a Barolo nelle zone della bassa Langa di Alba, sui 600.000 euro ad ettaro (con punte di 750.000 e, in rarissimi casi, oltre il milione), seguiti da quelli Doc nella zona del Lago di Caldaro (Bolzano), sui 500.000 euro, e da quelli Docg nella zona del Prosecco di Valdobbiadene, oltre i 400.000 euro. Seguono poi vigneti Docg del Brunello di Montalcino, oltre i 350.000 euro ad ettaro, e quelli a nord di Trento a 320.00.
Interessante, nello studio Mps, anche la fotografia complessiva del vigneto Italia: 341.000 gli ettari a Doc o Docg, 123.000 quelli a Igt, e 177.600 quelli per il vino comune. La Sicilia è la Regione più vitata in assoluto, con 101.000 ettari, ma il primato per il vigneto a Denominazione va alla Toscana, con 51.000. E se 90 varietà di vitigni coprono il 77% della superficie totale, le prime 15 da sole valgono il 52%, con al top il Sangiovese (53.000 ettari), il Trebbiano (37.000) ed il Montepulciano (27.000), seguiti da Glera (alla base del Prosecco, con 26.000 ettari), il Merlot (23.000 ettari), il Pinot Grigio ed il Catarratto (22.000 ettari a testa) e lo Chardonnay, a 19.700 ettari.

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