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Creare una sorta di “Telethon del vino” per finanziare la ricerca del settore nel Belpaese, con una semplice tassa di un centesimo a bottiglia Doc o Docg: la proposta di Mario Pezzotti, delegato del Rettore per la Ricerca dell’Università di Verona

Italia
Mario Pezzotti

Creare una sorta di “Telethon del vino” per il futuro innovativo della viticoltura ed enologia italiana, per finanziare la ricerca del settore nel Belpaese, dove ad essere carente non è certo la qualità dei ricercatori, apprezzatissimi in tutto il mondo, ma la quantità di risorse. “Che potrebbero essere raccolte con una semplice “tassa” anche solo di un centesimo a bottiglia per i vini Doc e Docg, con cui sarebbe semplice mettere insieme 15 milioni di euro all’anno, e poi gestite da una fondazione che, di concerto con le rappresentanze dei produttori, definisca filoni di ricerca decennali sui quali investire, valutando progetti ed idee”. É la proposta di Mario Pezzotti, vicerettore per la Ricerca dell’Università degli Studi di Verona.

“Niente di più e niente di meno di quello che già succede con l’interprofessione in Francia, o con iniziative simili in Australia o in Sudafrica, per esempio, e non costerebbe poi molto. Il vino è un settore che ha marginalità, e solo in Veneto ci sono 600 milioni di bottiglie di vino a Denominazione prodotte ogni anno, che a 1 centesimo l’una vorrebbe dire 6 milioni. Basterebbe una semplice legge, una struttura governativa che raccogliesse le risorse e le desse in gestione ad una fondazione, gestita bene in modo virtuoso e professionale, capace di finanziare i progetti di volta in volta presentati e valutati. Magari, anche con un cofinanziamento pubblico, visto che negli ultimi anni nessun Ministero, da quello dell’Agricoltura a quello dello Sviluppo Economico, hanno fatto bandi di ricerca per il settore”.

“Senza contare - aggiunge Pezzotti - che a livello Ue i bandi per la ricerca sul vino non sono visti di buon occhio, un po’ perché si ritiene che il vino sia un settore ricco, un po’ perché c’è tutta la questione legata all’alcol con diversi Paesi, soprattutto del Nord Europa, che fanno ostruzione”.

Certo, ci sono i privati, e non sono poche le cantine che investono in ricerca, da sole o aggregandosi ad università ed altre imprese. “Ma le nostre realtà sono tutte piccole se paragonate a quello che succede nel mondo: Gallo, in Usa, per esempio, ha una sua divisione di ricerca e sviluppo, con una struttura in cui lavorano 250 persone”. Numeri che in Italia, sostanzialmente, sono un sogno.

Eppure l’importanza della ricerca non è discutibile: “se oggi abbiamo riscoperto e valorizzato il nostro patrimonio di vitigni autoctoni - spiega Pezzotti, che tra le altre cose è uno dei protagonisti della decodificazione del Dna della Corvina, uva portante dell’Amarone - è grazie alla ricerca. E sarà grazie alla ricerca futura se, tra 50 anni, li avremo ancora, magari migliorati, o quanto meno messi a riparo dai cambiamenti del clima e delle condizioni ambientali in atto”.

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