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Il dollaro forte aiuta l’export, ma non mancano criticità: fondamentale la sburocratizzazione ed il completamento del “Testo Unico del Vino”, e su mercato interno stop alla demonizzazione del consumo di vino: così Federvini, oggi, in assemblea a Roma

Italia
Sandro Boscaini, presidente Federvini

Il Dollaro più forte che in passato sull’Euro (ormai siamo alla parità) aiuta, soprattutto verso gli Stati Uniti, primo mercato assoluto in valore per l’export di vino Italiano, e se le esportazioni dopo un 2014 in crescita, ma meno del previsto, continuano a vivere momenti di successi alternati a seconda delle diverse aree del Pianeta, in Asia, dove l’Italia ancora non ha sfondato completamente, come in Cina, si aprono nuovi canali in mercati più piccoli ma che possono fare da testa di ponte, come il Vietnam. Di contro, i consumi interni continuano a stagnare, non solo a causa delle difficoltà economiche del Paese e dei cambiamenti negli stili di consumo, ma anche per una campagna di comunicazione che spesso dipinge il diavolo dell’abuso di alcol più brutto di quanto sia in realtà, visto che l’Italia è il Paese più virtuoso a livello europeo per livelli e stili di consumo, nella stragrande maggioranza dei casi moderato e legato ai pasti, soprattutto se si parla di vino, come proprio della cultura mediterranea. Fondamentale, in ogni caso, la soluzione del problema della burocrazia “monstre”, ed in questo senso grandi speranze sono riposte nel compimento dell’iter del “Testo Unico del Vino”. Ecco, in estrema sintesi, i messaggi che arrivano dall’Assemblea Federvini (Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Vini Spumanti, Aperitivi, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed Affini) di scena oggi a Roma.
“Nel contesto del mercato agroalimentare italiano, dopo un 2014 di grandi incertezze in cui i consumi interni si sono contratti - ha spiegato il presidente Sandro Boscaini - il 2015 si è aperto con un trend positivo per i settori rappresentati da Federvini, che lascia ben sperare per i prossimi mesi. Ma per dare un’ulteriore spinta al comparto occorre che il Governo e le Istituzioni vengano maggiormente incontro alle esigenze di semplificazione burocratica, da una parte, e di alleggerimento fiscale dall’altra. Puntiamo molto sull’export che continua a crescere ed è per questo che sul fronte dell’internazionalizzazione rileviamo l’importanza degli accordi di libero scambio, Ttip con gli Usa su tutti - sottolinea ancora Boscaini, a WineNews - nel quale è fondamentale trovare un giusto compromesso che tuteli la peculiarità del sistema produttivo italiano ed europeo, che è fondato sulle Denominazioni di origine: imprescindibile che, almeno quelle più significative, vengano riconosciute e tutelate anche fuori dall’Unione Europea”.
Guardando ai numeri del mercato, “nel 2014 le esportazioni di vini e mosti - spiega Federvini - hanno confermato un andamento positivo sia in valore con 5 miliardi 281 milioni di Euro (+1% sul 2013) che in volume con 21 milioni 548.000 ettolitri (+0,3%). Gli spumanti hanno registrato un trend di crescita importante sia in valore (+13,9%) che in volume (+18,2%): il Regno Unito è il mercato più premiante con aumenti in valore del 43,2% e in volume del 51,9% rispetto al 2013. I vini aromatizzati hanno presentato sensibili rallentamenti, con alcune eccezioni in Romania e in Ungheria con degli aumenti in volume pari rispettivamente al 16,3% e del 10,8%. In ambito extra Ue, gli Stati Uniti sono il primo paese di destinazione, con un valore che si aggira a poco più di un miliardo di Euro (+4,4%); all’interno dell’Unione europea la Germania ed il Regno Unito mantengono la leadership, rispettivamente con 996 milioni di Euro e 665 milioni di Euro. Complessivamente le esportazioni di vini e mosti in valore sono destinate per il 53,1% all’Unione europea, per il 46,9% ai mercati extra Ue. Guardando alle acquaviti di vino e di vinaccia, invece, si registrano delle contrazioni sia in valore che in volume; le esportazioni sono composte principalmente dai liquori (66,5%), seguiti dalle acquaviti di vino e di vinacce (12,6%) e dalle altre acquaviti (4,8%). La Germania è la prima destinazione delle acquaviti, dei liquori e delle altre bevande alcoliche con quasi 188.000 ettanidri, seguita dagli Stati Uniti con 147.000 ettanidri e dalla Francia con quasi 140.000 ettanidri. Gli aceti, complessivamente, registrano buoni andamenti sia in volume che in quantità: 1,2 milioni di ettolitri (+12,2%) per un valore pari a 242 milioni di Euro (+2,0%). Gli Stati Uniti importano aceti per un valore pari a 66 milioni di Euro ed in volume 339.000 ettolitri, la Germania 222.000 ettolitri per un valore di 42 milioni di Euro. Il settore delle acquaviti e dei liquori è concentrato nel mercato europeo rispettivamente con il 77,5% ed il 68,2%, mentre negli altri mercati raggiungono il 22,5% ed il 31,8%. Gli aceti esportano il 53,1% in ambito europeo ed il rimanente 46,9 % in Stati extra europei”. E, nel complesso, tutto questo in valore vale oltre il 20% dell’export dell’intero agroalimentare italiano.
“Con un export in costante crescita e un surplus commerciale di 5 miliardi di euro nel 2014, il settore del vino e degli spumanti è uno dei più importanti dell’economia italiana non soltanto dal punto di vista produttivo ed occupazionale ma anche del commercio estero - aggiunge Marco Fortis, direttore Fondazione Edison e docente di Economia dell’Università Cattolica di Milano - a ciò vanno aggiunti i contributi specifici di altri comparti del settore aggregato italiano dell’enologia, dei derivati dell’uva e delle bevande alcoliche. L’Italia per bilancia commerciale è seconda al mondo sia nei vini sia negli spumanti ed è prima nei liquori, nei vermouth e negli amari, nonché negli aceti. L’importanza dei vini e delle bevande alcoliche nell’export regionale e provinciale italiano è straordinaria. I vini sono la prima voce assoluta dell’export di 4 province, Cuneo, Trento, Asti e Siena, e figurano tra le prime 10 voci di export in altre 13 province nonché, complessivamente, in ben 7 Regioni, Veneto, Piemonte, Toscana, Trentino Alto Adige, Sicilia, Sardegna, e Valle d’Aosta”.
“Ci sono 196 Paesi al mondo, l’Italia è il n. 8 per Pil (Prodotto Interno Lordo), ed è quasi un miracolo che va sottolineato – ha aggiunto il sociologo Domenico De Masi - visto che attraversiamo un periodo in cui è più di moda sottolineare gli aspetti negativi. Ma è una performance straordinaria, se si considera che siamo un Paese piccolo: 1/28 del Brasile, 1/32 degli Usa, non abbiamo materie prime, la nostra lingua è parlata da meno di 100 milioni di persone, come mai siamo così bravi? Perché abbiamo capito prima di altri che ci stavamo spostando da un’economia e da una cultura industriale ad una post industriale, dove il primato della produzione di beni materiali, si è spostato sui beni immateriali, che sono servizi, informazioni, estetica, simboli, e tutto ciò che si impregna di questo funziona. Per molti anni, in questo senso, i leader sono stati moda e design, ma oggi sta emergendo la galassia del mondo del cibo, onda lunga che chiaramente ha cavalcato l’Expo, ma che dura da anni e che cresce”.
Ma se l’export, in ogni caso, continua a regalare sorrisi e fa guardare al futuro con positività e relativa serenità, non mancano criticità di cui tener conto, a partire dalla “necessità di vedere riconosciuta, da parte delle Istituzioni, una maggiore semplificazione legislativa prima di considerare nuovi obblighi normativi. Le nostre aziende - ha aggiunto il presidente Boscaini - si trovano quotidianamente davanti a un sistema amministrativo appesantito da un eccesso di burocrazia. Basti pensare all’enorme numero di comunicazioni preventive e successive alle operazioni di produzione; ai controlli per le Dop e le Igp e alla duplicità di registri e documenti, telematizzati e cartacei, obbligatori. Ancora oggi, inoltre, le comunicazioni verso le Regioni non sono armonizzate e questo comporta complicazioni per i sistemi software delle aziende che operano su aree territoriali differenti”. E la situazione, sottolinea Federvini, si complica maggiormente quando si fa riferimento ai provvedimenti fiscali e alle accise (che non riguardano il vino, ndr) che hanno generato ingenti ed inutili costi ed oneri a carico delle aziende, costrette a far fronte all’aumento delle accise del 30% in soli quindici mesi e a dover adeguare di conseguenza le cauzioni obbligatorie.
“Speriamo fortemente che questa semplificazione arrivi presto con il completamento dell’iter del Testo Unico del Vino, fondamentale per aiutare la competitività del nostro sistema imprenditoriale, che soffre già di una strutturale frammentazione che non aiuta ad aggredire meglio i mercati del mondo”, aggiunge Boscaini a WineNews.
Importantissimi, poi, sul fronte dell’internazionalizzazione, i tanti negoziati dove si stanno discutendo i nuovi equilibri della politica commerciale internazionale, che ovviamente riguardano anche il vino. “Il più importante è il negoziato con gli Stati Uniti - primo mercato extra UE di esportazione dei vini italiani - per la creazione di una più ampia area di libero scambio che possa influenzare i processi commerciali. Il tema più delicato in questo caso - ha aggiunto Boscaini - riguarda la tutela delle indicazioni geografiche dove si assiste ad una forte resistenza da parte degli americani nel riconoscere il sistema europeo delle indicazioni geografiche e il loro legame con il territorio. Dobbiamo trovare una modalità di intesa per continuare nella discussione dell’accordo”. E’, invece, in attesa di ratifica da parte del Parlamento Europeo l’accordo tra Unione Europea e Canada, grazie al quale verranno eliminate le barriere tariffarie, e non, e la differente politica dei prezzi applicata ai vini domestici e a quelli importati. A buon punto, invece, un importante negoziato con il Vietnam che potrebbe costituire la base di partenza per un nuovo importante canale di accesso ai mercati più grandi del Sud Est asiatico.
Ma non di minore importanza è, ovviamente, la questione del mercato interno italiano, che non stante le difficoltà e i rallentamenti ormai strutturali da anni, vale pur sempre la metà del business enoico complessivo delle cantine del Belpaese.
Dove, al di là delle difficoltà economiche e dei mutamenti negli stili di consumo, a pesare negativamente, secondo Federvini, è soprattutto il continuo porre l’accento, forse in maniera eccessiva, sui rischi legati all’abuso di alcol, quando l’Italia secondo diverse statistiche è, in questo senso, il Paese più virtuoso a livello europeo. Due dati su tutti: il consumo di alcol puro in Italia si attesta sui 6,1 litri pro-capite all’anno, ed è ancora in calo, su una media Ue di 10,1 litri, ed il “binge drinking”, che riguarda meno del 6% dei consumatori di alcolici in Italia, è anch’esso in diminuzione.
“Si discute sempre più spesso della compatibilità del consumo misurato e consapevole con uno stile di vita sano e corretto e, quindi, dell’informazione del consumatore. Sono materie - sottolinea Federvini - dove spesso il passo più facile è rimettere in discussione tutta la comunicazione proveniente dai produttori. A livello comunitario è stata recentemente approvata dal Parlamento Ue una “Risoluzione sulla Strategia europea alcol”, che intende essere un indirizzo politico per l’azione europea in materia, con evidenti impatti sui settori rappresentati da Federvini”.
“La Federazione ha lavorato molto su questo dossier - ha commentato Boscaini - in accordo con le Associazioni europee del Vino (Ceev) e degli Spirits (Spirits Europe), ed accogliamo con favore l’impianto complessivo del documento che mette bene in luce il distinguo fra gli abusi ed il consumo. Il documento riconosce la compatibilità del bere responsabile con uno stile di vita sano, ricorda il ruolo positivo della Eahf (Alcohol & Health Forum), chiede maggiore impegno in particolare sull’educazione e la prevenzione e riafferma l’importanza dei contesti e dei modelli di consumo, aspetti da sempre presenti nelle proposte e nella cultura della Federazione”. A livello nazionale sono confermate le caratteristiche di positiva consapevolezza dei consumi nazionali, anche ricordati nella recente Relazione del Ministero della Salute al Parlamento. “Federvini si pone l’obiettivo di valorizzare numeri e dati positivi che spesso non si conoscono - aggiunge Boscaini - e vuole poi contribuire concretamente e direttamente alla promozione della cultura del bere consapevole e misurato con interventi informativi ed educativi. A tal proposito stiamo avviando un nuovo ed ambizioso progetto di educazione dedicato agli operatori addetti alla somministrazione delle bevande alcoliche”.
Nondimeno, sottolinea Federvini, “abbiamo accolto grande soddisfazione per l’adozione del Regolamento UE 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori adottato a livello europeo, e già se ne chiede lo stravolgimento con nuove indicazioni sulle etichette delle bevande alcoliche”.
“Crediamo fermamente che informazioni relative ai rischi per la salute non passino attraverso le etichette - chiarisce Boscaini - ma solo grazie ad adeguati messaggi informativi che possano raggiungere direttamente il consumatore, anche attraverso una collaborazione con chi somministra il prodotto. I nuovi mezzi di comunicazione, il web e gli smartphone rappresentano validi strumenti per veicolare messaggi importanti al consumatore e devono entrare nell’orizzonte del legislatore”.
Non può mancare, ovviamente, un riferimento ad Expo 2015. “È vivo auspicio che l’Expo 2015 possa essere soprattutto un grande momento culturale: la storia, la tradizione e l’innovazione, sono gli ingredienti che contraddistinguono le nostre Aziende ed i nostri prodotti, tutti elementi di cui ci sentiamo orgogliosi e che riteniamo siano preziosi nel contribuire ad arricchire e rafforzare l’immagine del nostro Paese”, ha concluso Boscaini, che a proposito di “Vino - A Taste of Italy”, il Padiglione Vino di Expo realizzato da Vinitaly, aggiunge a WineNews: “è un grande riconoscimento del ruolo che il vino ha nella storia d’Italia e d’Europa, e sta funzionando bene, soprattutto come veicolo di conoscenza di quello che questo settore rappresenta in termini non solo produttivi, ma anche culturali, per il nostro Paese”.

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