02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Mercato, sostenibilità, vino e dieta mediterranea, salute, la Puglia, la Spagna e la California: il congresso Assoenologi (30 maggio-2 giugno) a Castellaneta Marina. Riccardo Cotarella: “più ricchi di conoscenze guardando al di là dei nostri confini”

Italia
Riccardo Cotarella, presidente Enologi Italiani

“Ce n’è abbastanza perché questo Congresso ci riporti a casa con un più ricco patrimonio di conoscenze. E soprattutto con la capacità di guardare al di là dei nostri confini. Che poi è il solo modo perché l’enologia possa continuare a crescere”. Parole del presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, a pochi giorni dal Congresso di Assoenologi n. 70, di scena dal 30 maggio al 2 giugno, a Castellaneta Marina (Taranto), sulla costa ionica (www.assoenologi.it), che sarà aperto dall’intervento del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.
Tanti i temi importante nel calderone: la conoscenza e la ricerca, il mercato, la sostenibilità, il vino nella dieta mediterranea, gli effetti sulla salute, un focus sulla Puglia ed i suoi territori, ma anche sulla Spagna enoica, e sulla California sul fil rouge di una “parentela” tra due dei vitigni più caratterizzanti della viticoltura pugliese e californiana, Primitivo e Zinfandel.
Il primo talk show, domenica 31 maggio, sarà sul tema “Vino & Salute” e sarà moderato da Bruno Vespa, giornalista, conduttore di “Porta a Porta” di Rai1 e produttore (nella vicina Manduria, con Futura 14), con la partecipazione di Antonio Colombo, cardiologo della clinica privata Columbus e primario dell’Ospedale San Raffaele di Milano, Antonio Maria Jannello, presidente del Collegio italiano dei primari ospedalieri di chirurgia vascolare, Enzo Grossi, gastroenterologo, clinico, ricercatore e docente di cultura e salute all’Università degli Studi di Milano, Vincenzo Montemurro, cardiologo dell’Ospedale Scillesi d’America (Reggio Calabria) e Giorgio Calabrese, celebre nutrizionista, autore di numerosi libri e rubriche dedicate all’alimentazione. Ma si parlerà anche de “La cucina mediterranea e i vini italiani”, con chef come Heinz Beck, tre stelle Michelin del ristorante “La Pergola” del Rome Cavalieri Waldorf Astoria, Niko Romito (il più giovane chef tre stelle) del ristorante “Reale” a Castel di Sangro (L’ Aquila), Oliver Glowig, due stelle Michelin del ristorante Aldrovandi Villa Borghese - Roma, Antonella Ricci, una stella Michelin del ristorante “Al Fornello da Ricci” di Ceglie Messapica (Brindisi) e Livia Iaccarino del Ristorante “Don Alfonso”, due stelle Michelin di Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli). Altro tema al centro dei lavori del 31 maggio sarà la “Sostenibilità a 360 gradi”, nel talk show guidato dal “Gastronauta” de “Il Sole 24 Ore” Davide Paolini, che vedrà protagonisti l’enologo Renzo Cotarella, amministratore delegato  Marchesi Antinori, il professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura dell’Università di Milano, Ruggero Mazzilli, fondatore della Stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile - Sopevis e Marco Pallanti, direttore della cantina chiantigiana Castello di Ama. Nel pomeriggio la degustazione di vini di Puglia, dove non potranno mancare il rosato, il Negroamaro e il Nero di Troia, oltre a vini spagnoli rappresentativi delle più importanti zone. In questo contesto non poca aspettativa è riposta anche nel confronto tra Zinfandel e Primitivo.
Molto tecnica la sessione del 1 giugno dove il programma prevede il focus sulla realtà vitivinicola della Spagna, Paese che si alterna ad Italia e a Francia, di anno in anno, come primo produttore di vino al mondo, con la spiegazione delle tre più importanti zone vitivinicole della Penisola Iberica: Galizia (per i grandi vini bianchi), Ribera del Duero (per i grandi rossi) e Jerez (per i vini speciali e liquorosi). Ospiti e conduttori, un folto gruppo di esperti, da Martin Santiago Jordi, presidente degli enologi spagnoli, a quello dei Galiziani Luis Buitròn Barrios, fino alla nota enologa Begoña Jovellar Pardo del gruppo Vega-Sicilia.
Seguirà il confronto tra Zinfandel e Primitivo, con Luigi Moio, enologo e docente di Enologia all’Università Federico II di Napoli, il produttore californiano Larry Turley e l’enologo della Turley Winery Teagan Passalacqua.

Focus - Vino & salute: cinque esperti a confronto. Tutti d’accordo sugli effetti benefici di un consumo moderato
Il binomio vino & salute è uno dei grandi temi che accompagna il consumo del nettare di Bacco fin dall’antichità. Oggi centinaia di ricerche mirano a dimostrare i benefici di un consumo moderato di vino, ma altre, soprattutto nel Nord Europa, cercano di evidenziare soprattutto i possibili danni dovuti all’alcol, e non se si parla di abuso. A favore della prima corrente di pensiero sono, però, tutti gli esperti che si confronteranno il 31 maggio nel Congresso di Assoenologi, moderati dal giornalista (e produttore di vino, a Manduria), Bruno Vespa.
A partire da Giorgio Calabrese, tra i maggiori esperti di nutrizione, docente dell’Università del Piemonte orientale di Alessandria e dell’Università di Torino e di Messina, nonché dietologo ufficiale della Juventus: “con l’uso moderato di vino ogni giorno noi forniamo al nostro corpo un’arma in più per prevenire malattie metaboliche e questo serve anche per coloro che fanno sport o lavori di intensa attività. Il vino è un alimento liquido e come ogni alimento ha molti lati positivo e qualcuno negativo; non bere mai alcol non protegge il corpo e non fornisce alla salute mezzi in più per salvaguardare il proprio metabolismo”.
“Il primo messaggio emergente dagli studi scientifici sul vino e in particolare sul vino rosso - sottolinea Enzo Grossi, advisor scientifico del Padiglione Italia Expo 2015, professore a contratto per l’insegnamento Cultura e Salute all’Università di Milano, e direttore scientifico dell’Istituto Villa Santa Maria di Tavernerio - è che il beneficio ottenibile è strettamente connesso con il consumo ai pasti. Come dimostrano gli studi condotti da scienziati di fama mondiale il consumo di vino rosso durante i pasti riduce gli effetti negativi dei grassi ossidati presenti nei cibi grassi. I grandi studi sui rapporti tra consumo di vino e mortalità disponibili in cui è stato possibile disaccoppiare il consumo di vino da quello di bevande alcooliche dimostrano inequivocabilmente che il vino esercita un effetto positivo sulla longevità, riducendo quasi del 50% il rischio di mortalità”.
Per Antonio Colombo, chirurgo specializzato in malattie dell’apparato cardiovascolare, tra le altre cose direttore del Laboratorio di Emodinamica presso la Casa di cura Columbus di Milano e primario all’Ospedale San Raffaele di Milano, “l’uso moderato di vino (esistono controversie se questi effetti siano specifici del vino, vino rosso soprattutto, si debbano estendere all’alcool in generale) sembra ridurre la aggregazione piastrinica e la tendenza a formare trombi/coaguli; ha un effetto favorevole sul cosiddetto colesterolo buono (Ldl), e può migliorare l’umore di chi lo beve. Inoltre se consumato nell’appropriato contesto può essere uno stimolo culturale”.
“Come nelle fiabe, possiamo dire c’era una volta “vino e salute”, perché le prime testimonianze sul vino nella cultura medica - aggiunge Antonio Maria Jannello presidente del Collegio italiano dei primari di chirurgia vascolare - risalgono al IV e V secolo a.c. Ippocrate lo consigliava come diuretico, come antisettico per disinfettare le ferite e per combattere la febbre. Galeno, medico personale di Marco Aurelio, nel sua trattazione De Rimediis dedica alcuni capitoli alla terapia con ricette a base di vino, e potremmo continuare nei secoli sino arrivare ai giorni nostri, dove su base scientifica si è dimostrato che un consumo giornaliero di vino può prevenire l’arteriosclerosi, diminuire il rischio cardiovascolare, prevenire le malattie degenerative e alcune forme di tumori, ed allora adesso “Nunc est bibendum”.
“Quasi sempre i percorsi virtuosi per la prevenzione delle malattie cardiovascolari si associano a rinunce, sofferenze e privazione, ragion per cui spesso sono caratterizzati da un andamento rallentato, talora indeciso, fino alla loro interruzione; non per il vino, il quale, se assunto in quantità moderate (due bicchieri al giorno), sembra avere un effetto cardio-vasculo-protettivo. Al riguardo, numerosi studi hanno evidenziato e confermato l’effetto favorevole dell’assunzione di moderate quantità di alcool sul rischio cardiovascolare”, conclude Vincenzo Montemurro, socio fondatore della Società Italiana di Cardiologia Ospedalità Accreditata e Responsabile dell’ambulatorio di Cardiologia dell’Ospedale “Scillesi d’America” di Scilla (Reggio Calabria) .

Focus - Obiettivo sostenibilità a 360 gradi: quattro esperti a confronto per fare chiarezza
Tra i temi più caldi del vino italiano, c’è quello della “sostenibilità”, che per alcuni si identifica con il mondo biologico e biodinamico, per altri passa dalla tecnologia e dalla viticoltura di precisione, e così via. A parlarne, domenica 31 maggio al Congresso di Assoenologi, moderati dal “Gastronauta” del “Sole 24 Ore” Davide Paolini, tra filosofie e produttive e normativa (siamo infatti reduci dall’acceso confronto con la nuova programmazione della Pac in cui il settore vitivinicolo ha evitato di striscio l’incomprensibile vincolo degli espianti per soddisfare le norme del greening), di confronteranno alcuni degli enologi, agronomi ed esperti top a livello italiano e non solo, che cercheranno di sciogliere questa aggrovigliata matassa, sulla quale c’è poca uniformità di vedute. A partire da Renzo Cotarella, amministratore delegato della griffe Antinori: “è ormai da alcuni anni che si parla di sostenibilità - spiega - e qualche volta senza aver chiaro cosa si intenda esattamente con questo termine. Nel nostro settore, così come in altri in cui si ha a che fare con la “natura”, la sostenibilità ha una accezione molto ampia che non si limita al solo aspetto di semplice tutela dell’ambiente. In agricoltura infatti, quando si parla di questo tema, occorre mettere assieme innovazione e consapevolezza per dare continuità generazionale all’attività agraria. La sostenibilità diventa quindi una scelta culturale che investe l’ambiente nel suo insieme (aria, acqua, terra) ma anche aspetti legati al sociale e quindi all’uomo”.
“Bisogna chiedersi se la sostenibilità in viticoltura vuole intendersi come innovazione o regressione - provoca Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura a livello mondiale e docente dell’Università di Milano - perché l’Italia è in preda ad un incantesimo ideologico che esalta il passato dal quale siamo fortunatamente usciti. Si vuol far credere che si possa costruire una prospettiva economica alla nostra viticoltura sulla nostalgia e sull’esoterismo. Investire nella scienza e scommettere sull’innovazione implicano la volontà di pensare per il futuro ed il futuro è la viticoltura integrata, dove gli aspetti cruciali della sostenibilità (il mantenimento della biodiversità tellurica, la riduzione della chimica nella lotta ai parassiti, le applicazioni della viticoltura di precisione, il miglioramento genetico per le resistenze, etc) sono affrontati quotidianamente dalla ricerca e spesso risolti. Molte aziende invece si affidano più ai comunicatori che non ai professionisti per produrre i loro vini, sottovalutandone le difficoltà. Come dice Piero Angela: se un tempo erano medium ed astrologi a tenere banco, oggi la pseudoscienza è più subdola: pretende di curare”.
“La sostenibilità è la sintesi di tutti i presupposti che ogni attività umana deve considerare. In viticoltura, tra i vari aspetti - aggiunge Ruggero Mazzilli, agronomo e specialista in viticoltura ed enologia all’Università di Torino, e fondatore della Stazione Sperimentale per la Viticoltura Sostenibile - e il metodo Bio è uno strumento eccellente per realizzare contemporaneamente i migliori traguardi enologici (massima impronta territoriale dei vini), economici (giusto reddito e maggiore durata degli impianti) ed ecologici (anche con dosi di rame/zolfo molto basse)”.
Per Marco Pallanti, enologo, agronomo e produttore con Castello di Ama, tra le più prestigiose aziende del Chianti Classico,“l’interazione tra uomo-ambiente definisce l’identità e la vocazione di un territorio, soprattutto in Enologia. Il territorio rappresenta il giacimento dinamico e comune delle risorse e dell’unicità del proprio vino. La sostenibilità della singola impresa e il suo rapporto con il territorio deve essere finalità condivisa e sinergica, un processo collettivo che accomuni tutti. Se non vogliamo che la sostenibilità sia la prima a essere sacrificata, dobbiamo armonizzare gli obiettivi, ché diventino spunto di riflessione collettiva”.

Focus - Il vino valorizza il cibo e viceversa. La cucina mediterranea secondo alcuni grandi chef stellati
La cucina mediterranea, fiore all’occhiello del made in Italy nel mondo, considerata una tra le più salutari, ha come ingrediente il vino con i suoi abbinamenti. E della valorizzazione reciproca tra piatti e calici parleranno alcuni dei più importanti chef d’Italia. Come il tristellato Niko Romito, del “Ristorante Reale” di Castel di Sangro. “Oggi noi cuochi - spiega - dobbiamo acquisire una maggiore consapevolezza dei complessi meccanismi chimici che sottendono la manipolazione dei cibi. Servire un piatto al ristorante implica un preciso dovere etico da parte di chi lo prepara e un grande atto di fiducia da parte di chi lo mangerà. Ho deciso di aderire al progetto Life Care per il suo alto valore medico-scientifico. Il mio contributo consiste nel mettere a punto tecniche in grado di valorizzare la qualità delle materie prime, rispettandone le proprietà organolettiche. L’obiettivo è la preparazione di piatti salutari, ma anche buoni e ricchi di gusto. Può sembrare strano ma si può ottenere questo risultato senza avvalersi di metodiche tradizionali come il soffritto o l’aggiunta di grassi in cottura. Cuocere gli alimenti a basse temperature, estrarre il liquido che compone i vegetali e utilizzarlo come condimento. Sono esempi di preparazione dei cibi che preservano il loro valore nutrizionale e ne esaltano il sapore”.
Secondo Heinz Beck, anche lui tre stelle Michelin con “La Pergola” del Rome Cavalieri, e riconosciuto come uno dei più noti esponenti della gastronomia mondiale, “il vino rappresenta la bevanda storica della Dieta Mediterranea per eccellenza. È interessante ricordare come fosse descritto nel mito greco: con un uccellino, un leone ed un asino. Già da allora questa singolare simbologia stava a rappresentare gli effetti del consumo della bevanda a seconda delle quantità ingerite: infatti, quando se ne fa un uso moderato ci fa sentire allegri e felici come un uccellino, se se ne beve un po’ di più forti come un leone, quando si esagera ci fa diventare stolti come l’asino. Uno dei pilastri su cui sorge la Dieta Mediterranea è il senso della convivialità e, se ci pensiamo bene, è frutto anche del vino che, bevuto in piccole dosi, facilità la socialità e fa emergere i sentimenti con maggiore spontaneità”. Gli fa eco anche Livia Iaccarino, che con il marito Alfonso è proprietaria del ristorante Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi, due stelle Michelin: “la dieta mediterranea, diventata patrimonio dell’Unesco, non è dieta intesa come restrizione ma come stile di vita che spazia dal cibo al vino ai ritmi quotidiani alle tradizioni millenarie del nostro popolo, e noi dobbiamo avere l’etica di consegnare tutto ciò alle future generazioni. Nel cibo e nel vino c’è la sintesi di tutto ciò, regalano momenti magici che devi saper cogliere e che ti permettono il contatto con i familiari, con le persone e, nel nostro caso, con gli ospiti che arrivano tutto il mondo”.
“Si fa un tal parlare di Dieta Mediterranea, basata sui pilastri della gastronomia italiana - aggiunge Oliver Glowig, anche lui 2 stelle Michelin con il ristorante dell’hotel Aldrovandi di Roma - da dimenticare un complemento importantissimo di questa: il vino. Le parole “dieta” e “vino” possono apparire antitetiche, in realtà oramai ci sono fior di studi che attestano gli effetti benefici di un buon bicchiere di vino a tavola. Un bicchiere, quindi un consumo moderato, e preferibilmente rosso, ma il risultato è una felice unione tra l’utile al dilettevole. E se con utile si intende l’effetto benefico sul nostro organismo di cui sopra, il dilettevole è certamente l’appagamento del gusto, perché un bel bicchiere di vino esalta la pietanza, completa il pasto. Nel corso degli ultimi cinquant’anni, il vino è passato da alimento a complemento del cibo, pertanto si è per certi versi raffinato, ma, a pensarci bene, anche la Dieta Mediterranea ha subito un’evoluzione, un affinamento nel medesimo periodo, per non parlare del fatto che tanto la gastronomia su cui si basa la “dieta”, quanto il vino rappresentano nel mondo l’eccellenza a tavola del Made in Italy. Per tutti questi motivi il matrimonio… s’ha da fare. Ne va del gusto, ma anche della salute”.
“Ogni volta che entro in cucina - conclude Antonella Ricci, docente della scuola di cucina Alma e alla guida del ristorante “Al Fornello da Ricci” di Ceglie Messapica - cerco di portare l’esperienza gusto sensoriale all’apice di una gustosa semplicità aperta alle innovazioni e ai sapori del mondo, con radici ben ferme nella tradizione culinaria pugliese e italiana. Girovagando per il mondo 15 anni fa ho sposato lo chef mauriziano Vinod Sookar con il quale condivido tutti i libri, le interviste, le missioni all’estero nonché gli impegni di lavoro quotidiani. Spesso ci chiedono questa cucina italo-mauriziana come sia ma, per scelta di mio marito Vinod, la nostra è cucina italiana, salvo alcuni piatti che sono solo mauriziani. Non amo molto soffermarmi sulle ricette, che ritengo utili soprattutto ai fini didattici. Sono convinta che, in cucina, il successo di un piatto sia determinato da tre fattori: la scelta di ingredienti di qualità e di stagione; la conoscenza della storia gastronomica di quei prodotti e di quei luoghi; la sintonia con le esigenze della clientela filtrate da quello che il cuoco sente di poter proporre”.

Focus - I numeri del vino italiano, tra produzione e vendita, secondo Assoenologi
La macrofotografia del settore vitivinicolo italiano secondo Assoenologi, può essere così sintetizzata: superficie vigneto Italia 656.000 ettari; aziende viticole 384.000; imprese imbottigliatrici 25.000; produzione vinicola (media 2009-2014) 42,5 milioni di ettolitri; 405 vini Dop, dei quali 73 Docg e 332 Doc, e 118 vini Igp o Igt. Sulla ripartizione delle produzioni, il 37% è costituito da vini a denominazione di origine protetta (Docg e Doc), il 33% da vini ad Indicazione geografica protetta (Igt) e il 30% da vini generici e varietali.
Il Pil dell’intero settore vitivinicolo è intorno ai 15 miliardi di euro, a cui va aggiunto l’ulteriore valore dovuto all’indotto che ruota intorno al settore: dalle industrie delle tecnologie di cantina (oltre 2,5 miliardi di euro), al packaging, all’editoria, al turismo e alla cultura.
Quanto sopra focalizza il valore del patrimonio vitivinicolo italiano e testimonia come questo settore rappresenti una delle colonne portanti del nostro agroalimentare, costituendo, allo stesso tempo, un presidio di tutela della tradizione e dell’identità dei nostri territori.
La produzione mondiale di vino (media quinquennale) è di 270 milioni di ettolitri (27 miliardi di litri) di cui il 60% è prodotto nell’Unione Europea. Il 17% di quella mondiale e il 28% di quella europea “parlano italiano”.
“Nel 1980 il vino da tavola (oggi vino) in Italia rappresentava quasi il 90% della produzione, oggi è al di sotto 40% ed i vini ad Indicazione geografica protetta (Igt) non esistevano, quelli a Denominazione di origine erano solo il 12% mentre oggi toccano il 32% della produzione globale - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi, che aggiunge - le esportazioni di vino italiano nell’ultimo decennio sono sensibilmente aumentate. Il 2014 si è chiuso con incremento di +1,4% in valore e dell’’1,1% in volume rispetto all’anno precedente ed i primi mesi del 2015 registrano una ulteriore sensibile crescita, nonostante l’evidente periodo congiunturale”.
Dall’analisi dei dati totali emerge poi che l’export dei vini Dop e Igp italiani rappresenta il 59% del volume ed il 75% del valore, il che dimostra un sensibile interesse globale per i nostri prodotti legati al territorio, alla sua cultura, alla sua gastronomia e alle sue tradizioni. Il 50% della produzione italiana viene venduto all’estero.

Focus - Al giornalista Luciano Ferraro, caporedattore del “Corriere della Sera”, la Targa d’Oro 2015 dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani
La “Targa d’Oro” n. 35 della rivista L’Enologo, dal 1893 organo ufficiale di stampa di Assoenologi, è stata conferita a Luciano Ferraro, caporedattore del Corriere della Sera e autore del blog Corriere DiVini, con la seguente motivazione: “per l’obiettiva informazione e la puntuale comunicazione concretizzate a favore del settore vitivinicolo nel corso della sua lunga quanto professionale attività”. 56 anni, Ferraro ha iniziato a scrivere di vino nel 1985, pubblicando una guida (senza voti) alle Enoteche d’Italia. Al Corriere ha ideato e diretto le pagine delle “Vie del Gusto” e ha poi continuato a occuparsi di enogastronomia anche sulla rete con il blog “DiVini”. “Un onore grande - ha commentato Ferraro - ed inaspettato. Prezioso anche perché attribuito da un’associazione di professionisti che hanno garantito l’incremento della qualità del vino italiano, riconosciuto ormai in tutto il mondo”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024