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E se il Prosecco fosse davvero meglio dello Champagne? I wine lover Uk premiano il rapporto qualità/prezzo, e migliora anche il giudizio complessivo nell’ultimo report di Wine Intelligence, in un mercato che attraversa comunque qualche difficoltà

Italia
Prosecco a gonfie vele in Uk

Casomai ce ne fosse stato bisogno, a confermare l’andamento più che positivo del Prosecco sul mercato britannico, arriva un altro report, l’ultimo di Wine Intelligence (www.wineintelligence.it), che racconta di come il 95% di chi sceglie le bollicine più bevute d’Italia trova che il rapporto qualità/prezzo sia buono o ottimo. Se facciamo il paragone con lo Champagne, emerge che solo un consumatore su 100 ritiene che il Prosecco abbia uno scarso rapporto qualità/prezzo, contro il 10% di chi pensa che lo Champagne, in fin dei conti non sia così conveniente, ed infatti solo l’83% dei wine lover ritiene buono o ottimo il rapporto qualità/prezzo del metodo classico francese.
Numeri, che da soli non spiegano certo il fenomeno Prosecco, ma aiutano a capirne l’ascesa inarrestabile, che ha contribuito a fare del Regno Unito il Paese con la crescita più imponente nei consumi di sparkling tra i 10 mercati top del mondo. Anche perché, oggi, il 67% dei consumatori britannici considera il Prosecco un vino di alta qualità, allo stesso livello dello Champagne rosé, ma ancora lontano dalla percezione dello Champagne, considerato un vino di alta qualità dall’81% dei wine lover. Un altro dato importante è quello che riguarda la frequenza di consumo: un consumatore abituale di spumante su tre beve Prosecco almeno una volta al mese, contro il 23% di chi beve Cava ed il 16% dei fan dello Champagne. Prosecco che, nella testa dei wine lover, è associato a momenti di “celebrazione” (47%), “socialità” (46%) ed al concetto di “drink dissetante” (44%).
D’altro canto, la crescita del Prosecco è corrisposta alla fatica di altre bollicine, a partire da quelle dell’Asti, passando per gli stessi sparkling inglesi, e per gli spumanti del Nuovo Mondo, tutti in calo: nel 2014, un bevitore di bollicine su cinque non ha mai bevuto spumanti della Nuova Zelanda, dagli Usa o dell’Australia, il 31% non ha toccato una bottiglia di spumante inglese, ed il 34% non ha bevuto neanche un goccio di Asti. “Non è un segreto che il Prosecco sia riuscito a catturare l’immaginazione dei bevitori di spumante del Regno Unito, ma questo rapporto colma le lacune e ci aiuta a capire perché. Il Prosecco - commenta Richard Halstead, chief operating officer diWine Intelligence - è riuscito a trovare un punto di equilibrio perfetto, offrendo una percezione di qualità e rapporto qualità-prezzo, senza essere percepito come troppo a buon mercato, un problema di immagine che ha invece colpito altri tipi di spumante”.
Tutto perfetto? Non proprio, perché al di là del successo del Prosecco, che è comunque un ottimo risultato per tutto il vino italiano, il mercato britannico deve fare comunque i conti con i propri limiti, riassunti magistralmente, dalla London Wine Fair (www.londonwinefair.com), da Emma Shaw, a capo delle operazioni commerciali di Oddbins, tra i wine merchant più importanti del Paese: “il mercato del Regno Unito è stato costruito sulla corsa al ribasso, ma è un approccio tossico. L’idea di mettere in vendita vini a prezzi deliberatamente più alti, per poi scontarli, vuol dire semplicemente mentire al consumatore, ed attrarre una clientela promiscua, che sceglie te solo per lo sconto. Si dovrebbe, invece, puntare sulla fedeltà del cliente, anche cambiando qualcosa nella comunicazione - conclude Emma Shaw - perché le descrizioni generiche e noiose dei tannini setosi non interessa davvero a nessuno”.

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