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Non è la composizione mineraria del suolo la vera protagonista di quello che chiamiamo terroir, ma lieviti e microrganismi, responsabili della maggior parte di aromi e sapori, compreso quello di minerale, come racconta un articolo del “New Scientist”

Italia
Non solo i minerali, la differenza nel terroir la fanno microbi funghi e batteri

Il suolo, nel concetto di terroir, è da sempre considerato un elemento fondamentale, specie quando si parla di mineralità, uno di quei descrittori che da anni, ormai, divide il mondo della critica enologica. Sono tanti, infatti, a collegare certi sapori alla composizione del terreno in cui sono allevati le piante di vite: ad esempio, la selce che molti bevitori ritengono di sentire nello Chablis, o il granito nel Beaujolais.
Ma se certi descrittori aromatici, e quindi certi sapori, non avessero nulla a che vedere con la composizione del suolo? Sull’argomento, la scorsa settimana, è stato pubblicato, nelle pagine del magazine scientifico in lingua inglese “New Scientist” (www.newscientist.com), in cui gli esperti, come Alex Maltman, geologo dell’Università di Aberystwyth, hanno osservato che, “se si escludono eccezioni abbastanza irrilevanti, come il cloruro di sodio, in generale i minerali non hanno alcun gusto”. Considerazione che ripropone, in un certo senso, le conclusioni, comparse in articoli precedenti, a firma Barry Smith, della University of London’s School of Advanced Study, che scriveva: “l’idea che si possa sentire il sapore dei minerali del suolo è una stupidaggine assoluta”.
Questo, però, non vuol dire che la mineralità non esista, semplicemente che è legata a qualcos’altro. Nel tentativo di comprendere meglio la chimica del terroir, l’articolo, rilanciato anche da “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com) ha evidenziato, attraverso un esperimento che ha utilizzato la spettrometria di massa sul Pinot Noir coltivato dalla stessa persona, ma in due parcelle diverse, distanti due chilometri l’una dall’altra, nella Côte de Nuits, risultati molto diversi in termini di presenza di acidi grassi, colesterolo, flavanoli, fenoli e altri composti, sia nelle uve che nel vino. Sono risultati supportati anche dalle ricerche condotte da Rosa Lamuela-Raventós dell’Università di Barcellona, ​​che ha scoperto come i vini da uve Garnacha coltivate in terreni più ricchi hanno colori più tenui, un minor numero di fenoli aromatiche e un minore potenziale d’invecchiamento.
Ma se non sono le sostanze minerali a pesare maggiormente sulla composizione di un suolo, cos’altro può essere? Innanzitutto, i microbi, come ad esempio i funghi micorrizici, che in un rapporto simbiotico con la vite la aiutano ad assorbire le sostanze nutrienti. “Se si crescesse la vite in un terreno privo di microbi - commenta Jack Gilbert del Laboratorio Nazionale di Argonne, a Lemont, in Illinois - semplicemente non si avrebbe alcun vino: batteri e funghi influenzano la composizione chimica delle uve e la salute della vite”. Tra i ruoli svolti dai batteri, infatti, c’è anche un effetto sul metabolismo e sulla chimica in difesa della vite contro gli insetti. Allo stesso tempo, la “comunità” di microrganismi di cui si nutre la vite dipende da vari fattori, come il pH nel suolo, che a sua volta può variare non solo tra i vigneti, ma anche tra i singoli filari.
Tuttavia, anche l’articolo del “New Scientist” sottolinea come “di tutti i microrganismi, sono i lieviti ad avere l’effetto più rilevante sul gusto”, visto che durante il processo della fermentazione sono in grado di creare più di 400 composti che possono influenzare il gusto e l’aroma del vino. E allora, secondo Smith, il sapore di selce dello Chablis è molto più probabile che sia prodotto dal lievito, piuttosto che del suolo: “un vino in fermentazione è affamato di ossigeno, e questo porta i lieviti a produrre zolfo, da questo si ottiene un odore simile a quello di un fiammifero appena acceso, che la gente scambia per selce”. Un aspetto che, con la tendenza degli ultimi anni che porta ad un utilizzo sempre maggiore di lieviti che si trovano naturalmente in vigna e in cantina piuttosto che ai lieviti commerciali, questo particolare aspetto del terroir si sta facendo ancora più presente nel vino. Lieviti e batteri, quindi, si rivelano una volta di più fondamentali nella tipicità di un vino, e spiegano la difficoltà, spesso l’impossibilità, di produrre vini simili in territori che pure sono identici a livello di composizione minerale.

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