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L’inverno è finito in Russia, dove la crisi del rublo ha colpito anche il mercato dell’import enoico che, adesso, è pronto a riprendersi. Il tasso di cambio è tornato stabile, così come il prezzo del petrolio, e da Mosca si torna a respirare fiducia

Nonostante un inverno drammatico, in cui la Russia ha dovuto contrastare una crisi finanziaria interna non di poco conto, causata dal conflitto ucraino, con le conseguenti sanzioni economiche di Usa e Ue, e dall’abbassamento dei prezzi del petrolio, che hanno coinciso con le scadenze dei pagamenti per i crediti monetari internazionali, ora a Mosca la situazione d’allarme pare rientrata. Sul fronte enoico, fa sapere il Corriere Vinicolo (www.uiv.it) in un ampio reportage sul Paese di Putin, il mercato russo del vino ha subito duri colpi durante l’anno passato. Ma le cose, attualmente, stanno mutando di segno.

In autunno il rublo si è svalutato bruscamente, perdendo circa la metà del suo valore, i prezzi dei vini d’importazione sono cresciuti contemporaneamente con il calo degli acquisti da parte della popolazione. C’è stato un momento in cui le vendite erano praticamente ferme. Gli esperti facevano previsioni poco consolanti aspettando la diminuzione drastica delle importazioni e la ristrutturazione del mercato.

Il brusco indebolimento del rublo ha colpito duramente le aziende importatrici di vino. I loro affari sono a lungo termine e si basano su un complicato sistema di pagamenti dilazionati. Gli importatori prendono il vino dai produttori in acconto o con un pagamento anticipato minimo, lo portano in Russia, vendono tramite le catene di distribuzione, ricevono i soldi dai dettaglianti, li convertono in valuta e solo dopo pagano i fornitori esteri.

Così molte grosse catene commerciali hanno pagato gli importatori con un grande ritardo, sfruttando il proprio potere e l’entità degli affari (alcuni non hanno tuttora saldato i debiti). A loro volta gli importatori sono stati costretti a pagare i fornitori spendendo il doppio per la valuta estera e attingendo non dal profitto ma dalle riserve interne, subendo enormi perdite. Come ha notato Irina Fomina, presidente del consiglio d’amministrazione della Mbg, tra i leader della distribuzione enoica in Russia, sono state maggiormente danneggiate le società con una rete di filiali molto vasta. Uno dei colossi del mercato russo del vino, la Rusimport, è stata costretta a dichiarare fallimento proprio per questo motivo.

Il secondo problema è stata la diminuzione della domanda da parte della popolazione, che semplicemente ha rinunciato all’acquisto del vino non ritenendolo un prodotto di prima necessità. Il calo brusco del rublo ha provocato l’aumento dei prezzi dei generi di consumo, tradottosi in calo dei consumi e in un’ondata di licenziamenti. La gente si è messa a risparmiare, mettendo da parte i soldi per un’eventuale emergenza e dando la preferenza a prodotti più economici. Infatti, se prima della crisi compravano il vino a 500 rubli a bottiglia (circa 11-12 euro), adesso cercano il vino a 300-400 rubli (5-6 euro, considerando l’attuale tasso di cambio).

Attualmente la situazione sta gradualmente migliorando. Grazie alla politica intelligente della Banca centrale russa, che ha aumentato il tasso d’interesse ed ha creato un deficit della valuta nazionale, la discesa del tasso di cambio si è fermata. Contemporaneamente il prezzo del petrolio è leggermente aumentato.

Ad aprile 2015 il cambio con l’euro è diminuito fino a 53 rubli e si pensa che questo non sia un limite invalicabile. La gente si è tranquillizzata e si sente più sicura: a occhio nudo, tanto per dare un indicatore empirico, si vedono molte più auto circolare per le strade di Mosca, i ristoranti sono più affollati, tanta gente parte per l’estero nel periodo delle tradizionali festività di maggio.

È comprensibile che le aziende venditrici di vino abbiano cercato di proteggersi dai rischi. Ancora in autunno in previsione delle brusche oscillazioni del tasso di cambio hanno acquistato quanto più vino possibile ai prezzi vecchi. In questo modo gli importatori sono riusciti a essere più flessibili nella politica dei prezzi all’interno del Paese.

A dicembre tanti ma non tutti hanno alzato i prezzi di vendita del 20-40% circa. Adesso li stanno rivedendo al ribasso in modo lento ma costante. È vero che i guadagni degli importatori sono diminuiti, ma non sono arrivati al punto critico da chiudere l’azienda e ritirarsi dal mercato. Il commercio del vino d’importazione è ancora redditizio e crea profitto. Rusimport per ora rimane l’unica grossa azienda dichiarata fallita e che a dicembre molti esperti del settore ritenevano che nel futuro immediato fino al 30% delle aziende sarebbe uscito dal mercato.

Se mai, si sta assistendo ad un trend opposto. L’azienda Mosel, uno dei player più grandi nel Nord-ovest della Russia, che qualche tempo fa ha annunciato la chiusura delle filiali e stava per sottoporsi al procedimento fallimentare, oggi sta tornando sul mercato.

Negli ultimi sei mesi a Mosca, San Pietroburgo e altre grandi città sono stati chiusi parecchi ristoranti, soprattutto di fascia alta, sostituiti però da tanti nuovi locali economici nel prezzo, buoni per qualità del cibo e con una discreta carta dei vini. È in atto un vero boom dei wine bar dove il vino viene venduto con un sovrapprezzo minimo.

Ed è proprio in questa rinnovato modo di consumare vino che i produttori italiani possono scoprire nuove prospettive. Per Anatoliy Kornev, vicepresidente della società Simple, “i russi continuano a bere il vino nonostante la crisi, questo fatto rappresenta la garanzia della sopravvivenza di tante aziende importatrici”.

Insomma, il mercato russo del vino si è rivelato molto più solido di quanto si potesse pensare, ed il consumo del vino, almeno nelle grandi città, non è diminuito. I consumatori hanno modificato e stanno modificando ancora le proprie preferenze: scelgono vini più economici ed è cresciuto notevolmente il consumo dei vini russi. Ma la crisi non ha interrotto il consumo di vino e per i produttori italiani si aprono nuove prospettive, magari “targettizzate” in modo diverso.

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