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I vini del Bel Paese sono più buoni, ma sono più alcolici. Lo segnala Kerin O’Keefe (Wine Enthusiast), ma la colpa non è solo del clima. Responsabile anche una conduzione del vigneto tutta orientata alla ricerca di una maturità (estrema) del frutto

È Kerin O’Keefe, corrispondente dall’Italia della rivista a stelle e strisce Wine Enthusiast, a denunciare un fenomeno che da tempo colpisce indistintamente i vini del Bel Paese, e cioè il loro alto tenore alcolico. I vini del Bel Paese sono più buoni, ma sono più alcolici, ma la colpa non è solo del clima. Responsabile anche una conduzione del vigneto tutta orientata alla ricerca di una maturità (estrema) del frutto. Per la giornalista americana, la particolare conduzione dei vigneti e i “cambiamenti climatici hanno prodotto vini con alti livelli di alcool” pari solo alla produzione del Nuovo Mondo.
Una situazione che, evidentemente, prende le mosse dalle condizioni climatiche dello Stivale. “Nessuno può negare che il vino italiano ha beneficiato di una serie di grandi annate negli ultimi 15 anni - continua O’Keefe nel pezzo uscito sul sito di Wine Enthusiast (http://www.winemag.com/Web-2015/Editor-Speak-OKeefe-April/). Estati secche, che si estendono fino settembre e abbreviano il ciclo vegetativo della vite hanno, con poche eccezioni, come il 2013 e il 2014, hanno sostituito le annate più fredde contraddistinte da vendemmie umide che affliggevano gran parte del Paese, fino alla fine del 1990.
Per decenni, raggiungere la maturazione delle uve ideale era una grande preoccupazione per i viticoltori, in particolare in Italia settentrionale e centrale.
“Mentre la qualità in tutta Italia è generalmente superiore rispetto al passato - sottolinea la giornalista americana - esiste però un aumento del livello di alcol nei vini. E il cambiamento climatico non è l'unico colpevole”. Nei primi anni 1990, dopo una serie di annate disastrose, i produttori hanno iniziato la revisione della conduzione dei loro vigneti, per combattere il freddo, l’umidità e aumentare la qualità complessiva della produzione. Tecniche mirate a favorire la maturazione delle uve comprendono impianti ad alta densità, cloni a basso rendimento, potatura corta, vendemmia verde, sfogliamento delle viti per una azione più incisiva del sole.
“Ma la combinazione di queste pratiche e il cambiamento climatico - afferma O’Keefe sta aumentando i livelli di zucchero nelle uve, che a loro volta comportano livelli elevati di alcol nei vini che si rintracciano nei prodotti del Nuovo Mondo e nell’Amarone, un vino prodotto con uve appassite. La mia collezione di bottiglie vuote di vino che ho particolarmente apprezzato – nota la giornalista - mostra molti Barolo, Barbaresco e Brunello dal 1980 al 1990 con tenore alcolico in etichetta a 13,5%. Un certo numero di etichette dal 1960 al 1970 riporta in etichetta 12,5%-13,5% vol. Oggi, è raro trovare i migliori rossi d’Italia sotto il 14%, con il 14,5% molto più comune”.
A Barolo, annate particolarmente calde come la 2007 e la 2009 stanno rivelando la stessa tendenza, e non è più raro vedere anche i bianchi con il grado alcolico a 14% vol. “Nel caso raro che un vino abbia abbastanza ricchezza di frutto e freschezza acida a sostenere tali livelli di alcol, non esiste problema. Ma quando l’alcol - commenta O’Keefe - è evidente, dà al vino un carattere “caldo” a scapito della sua vitalità e freschezza”.
“I nostri clienti sono sicuramente a conoscenza dei livelli di alcol più elevati nei vini italiani - spiega Jamie Wolff di Chambers Street Wines a New York - e sarà molto frequente richiedere vini con una presenza di alcol inferiore”.
“Alcuni produttori italiani sembrano felici di vedere aumentare il tenore alcolico dei loro vini - spiega la giornalista americana - Forse credono che presentare prodotti con un grado alcolico evidente possa garantire punteggi più alti nelle valutazioni. Ma questi sono gli stessi vini che normalmente non vengono finiti a tavola, impossibili da abbinare con il cibo. Non valorizzo vini con sensazioni alcoliche brucianti - conclude O’Keefe - è un errore che i viticoltori più abili devono evitare, utilizzando metodi appropriati in vigna e in cantina”.

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