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Milano, con Expo, sarà anche il “Paese delle meraviglie” legate al wine & food. Tra queste, una delle più interessanti è quella della “Vigna di Leonardo”, rinata grazie a Luca Maroni, Attilio Scienza e Confagricoltura, nella “Casa degli Atellani”

Milano, con Expo, sarà il “foro” mondiale dove si discuterà uno dei temi fondamentali per il futuro dell'umanità, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Ma sarà anche il “Paese delle meraviglie” legate al wine & food. Tra queste senza dubbio, un posto al sole lo avrà la “Vigna di Leonardo”, che sarà ricreata nella “Casa degli Atellani”, splendido palazzo quattrocentesco, a pochi passi dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove è esposto uno dei dipinti più famosi di Leonardo da Vinci, “L'ultima cena”, noto anche come il Cenacolo.
Nei terreni del palazzo, per volontà degli attuali proprietari di Casa degli Atellani, la famiglia Castellini Baldissera, grazie alle ricerche del professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo, all'intuizione del critico Luca Maroni (che ha anche scritto un libro sul tema (“Milano è la vigna di Leonardo”, in uscita in questi giorni ndr), e al contributo fondamentale di Confagricoltura, tornerà a dimora il vigneto, regalo che Ludovico il Moro, duca di Milano, fece a Leonardo da Vinci nel 1498, come premio e riconoscenza per i tanti anni passati alla corte degli Sforza. Un grande progetto di recupero storico e culturale, in quella che sarà la location prediletta per il “fuori salone” di Confagricoltura, dove si fondono bellezza, ingegno e creatività.
Una storia a dir poco affascinante, quella che ha portato alla realizzazione del progetto: dopo diverse ricerche condotte da Luca Maroni con le nipoti di Pietro Portaluppi, architetto che ha curato il restauro della struttura negli anni Venti del 1900 (su incarico della famiglia allora proprietaria dei Conti, ndr), si è arrivati a recuperare il Dna delle viti originarie, con una trama da “Csi”.
Le poche viti salvate allora dal Portaluppi, infatti, andarono bruciate nel 1943, ma l'intuizione è stata quella di scavare nel terreno, dove è stato ritrovato del materiale non deteriorato da cui si è ricavato il dna delle piante, identificate come di Malvasia di Candia. E che oggi, grazie alla fusione di un'anima imprenditoriale e di una filantropica, di una “romantica” e di una scientifica, torna a fiorire nel cuore di Milano.

Focus - Il progetto della Vigna di Leonardo
Casa degli Atellani è un palazzo quattrocentesco risalente all’epoca di Ludovico il Moro, a pochi passi dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove è esposto uno dei dipinti più famosi di Leonardo da Vinci, l’Ultima Cena, detto anche “Il Cenacolo”. Il Palazzo, che divenne celebre per le feste organizzate, descritte anche in molte cronache dell’epoca, che riunivano le maggiori personalità della corte sforzesca, risale all’epoca di Ludovico il Moro. Dopo molti passaggi di proprietà nei secoli, giunse in mano alla famiglia Conti che nel 1922 fece restaurare il palazzo dall’architetto Piero Portaluppi, il quale ne modificò l’aspetto riportando così alla luce parte degli affreschi originali. Casa degli Atellani fu dimora di Leonardo da Vinci durante i lavori di realizzazione de “L’ultima cena”.
La Vigna di Leonardo fu un regalo: il regalo che Ludovico il Moro, duca di Milano, fece a Leonardo da Vinci nel 1498, come premio e riconoscenza per i tanti anni passati a corte. Un regalo non casuale, visto che Leonardo proveniva da una famiglia di vignaioli. Leonardo e Ludovico si conoscevano dal 1482, l’anno in cui Leonardo lasciò la corte dei Medici a Firenze e salì a Milano, alla corte degli Sforza. Lui e Ludovico avevano la stessa età: per il Moro, Leonardo escogitava nuove armi e inventava apparati di ogni genere; del Moro dirigeva le feste scenografiche e faceva il ritratto alle amanti.
Nel 1495 Ludovico incaricò Leonardo di dipingere l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. Tre anni dopo, Ludovico donò a Leonardo la vigna. La Vigna di Leonardo era una vigna di oltre ottomila metri quadrati, tracciata nell’area in fondo al giardino di Casa degli Atellani, la dimora affrescata lungo l’attuale corso Magenta dove viveva una famiglia di fedeli cortigiani del Moro. Si può immaginare Leonardo al tramonto, mentre lasciava il cantiere del Cenacolo, attraversava la piazzetta di fronte alla basilica e andava a controllare lo stato della sua vigna. Ma con la fuga e la sconfitta del Moro, nel 1500, tutto cambiò: Milano cadeva in mano francese, Ludovico veniva fatto prigioniero e Leonardo da Vinci lasciò quella che stava per diventare la sua città. Per iniziativa degli attuali proprietari della casa degli Atellani, con il sostegno di Confagricoltura e il patrocinio di Expo 2015, oggi la Vigna di Leonardo sta per rinascere. Grazie alle ricerche del professor Attilio Scienza, massimo esperto del Dna della vite, è stato individuato il vitigno coltivato da Leonardo: la Malvasia di Candia.
Così identificata, la Vigna di Leonardo sarà ripiantata nel luogo esatto dove l’aveva scovata Luca Beltrami; contestualmente la Vigna, la Casa degli Atellani ed un bookshop saranno aperti al pubblico. Saranno organizzate visite guidate e messo a disposizione un sistema di audio-guide. Casa degli Atellani è la location scelta per il nostro fuori Expo. Uno spazio altamente significativo e rappresentativo del Made in Italy, dove si fondono bellezza, ingegno e creatività. Il Palazzo, con giardino e vigna, è aperto a visite guidate per raccontare la storia dal ‘550 ad oggi. Inoltre la Casa su Corso Magenta offre uno spazio caffetteria, un’area versatile e di grande visibilità che si presta a molteplici iniziative. Confagricoltura sarò presente a Casa degli Atellani per tutto il periodo dell’Expo ma anche dopo Expo e organizza e dà la possibilità di organizzare eventi, incontri B2B, e così via.

Focus - La storia del ritrovamento e del reimpianto della vigna di Leonardo da Vinci a Milano nella Casa degli Atellani di Luca Maroni
Il reimpianto della vigna di Leonardo, con viti identiche alle originali rinvenute nel 2008 da Luca Maroni e dal Gruppo Scientifico di lavoro dell’Università di Agraria di Milano, diretto dal professor Attilio Scienza, è previsto in contemporanea alla manifestazione ufficiale di apertura dell’Expo di Milano del 2015. E avrà luogo nell’originaria sede ove la vigna di Leonardo era piantata e dove è avvenuto il ritrovamento dei resti delle viti native: la Casa degli Atellani in Corso Magenta 65.
Luca Maroni avviò la sua missione nel 2004, dopo aver appreso nel 1999 la notizia del dono della vigna fatta da Ludovico il Moro a Leonardo nel 1498. La ricerca sulle vicende storiche della vigna leonardesca lo portò all’identificazione certa dell’ultima parcella superstite del vigneto di Leonardo. La porzione di vigna salvata dall’estirpazione nel 1920 dall’insigne Architetto milanese Piero Portaluppi e da questi inglobata nel giardino della sua Casa degli Atellani, oggi ancora di proprietà dei suoi eredi, la famiglia Castellini.
Maroni allora incontrò Letizia ed Anna Castellini, nipoti del Portaluppi, e chiese loro notizie sulla fine dei filari salvati nel 1920 dal nonno. Nel primo sopralluogo del giardino apprese il punto preciso ove i filari erano piantati e venne a conoscere il motivo della loro scomparsa: un incendio nell’agosto del 1943 quando Milano e la vicinissima Santa Maria delle Grazie vennero bombardate dagli alleati.
Immediata fu l’idea di Maroni: “se la vite fu distrutta da un incendio, allora le radici sottoterra sono ancora integre, e magari scavando possiamo ritrovarle ricavandone frammenti cellulari ancora vivi per identificarla, riportarla in vita e ripiantarla, nella stessa posizione, della stessa identica natura dell’originale!”.
Il susseguente passaggio che vide impegnato Maroni fu quello di rendere partecipi e di avere l’appoggio nella missione delle Istituzioni cittadine, e per questo incontrò l’allora Sindaco Letizia Moratti che con grande entusiasmo assicurò il suo aiuto e istituì un Tavolo di Coordinamento tecnico-scientifico per il recupero del vigneto di Leonardo affidandone la direzione a Luca Maroni. In tale quadro, con il consenso e la collaborazione della famiglia Castellini si potè ipotizzare l’avvio del recupero.
Di assoluta e imprescindibile importanza per la riuscita dell’obiettivo della missione, la scelta del partner scientifico. Per un’impresa scientifica viticola così complessa e difficile, Maroni si rivolse al Professor Attilio Scienza, il massimo esperto vivente di vite nel mondo, fra l’altro, Professore Ordinario di Viticoltura proprio presso l’Università degli Studi Milano. Attilio Scienza si rese entusiasticamente disponibile alla direzione e alla conduzione scientifica della missione, e designò per l’operatività della ricerca i suoi due allievi migliori: il podologo Rodolfo Minelli e la genetista Serena Imazio. Gli scavi manualmente condotti iniziarono l’ottobre del 2007 e si conclusero nel marzo del 2008.
L’esito scientifico degli scavi fu positivo: i residui vegetali trovati ancora vivi e interrati nel sito originale erano della vite di Leonardo! Inequivocabile il responso dell’Università di Milano: possibile da essi, visto il soddisfacente stato di conservazione, estrarre del Dna ancora non degradato e perciò geneticamente identificabile.
I risultati della ricerca, su iniziativa di Letizia Moratti furono presentati in anteprima mondiale assoluta da Luca Maroni a Parigi il 27 marzo 2008 in occasione della serata di gala offerta dal Comune di Milano ai delegati internazionali che il giorno dopo avrebbero votato fra Smirne e Milano per decidere la sede dell’Expo 2015.
Designata Milano sede dell’Expo del 2015, iniziò così la seconda fase della missione, quella dei reperimenti dei fondi per l’individuazione del Dna della vite di Leonardo dai frammenti ritrovati. Fase che si prolungò senza esito positivo dal 2008 al 2013 e che fu interrotta nell’ottobre del 2013 da una lettera inviata da Piero Castellini, fratello di Anna e Letizia, a Luca Maroni.
In essa, Piero Castellini, unico nipote maschio di Piero Portaluppi, anch’esso valente architetto milanese, manifestò a Maroni la volontà delle famiglie Castellini di voler ridar vita al vigneto di Leonardo reimpiantandolo nella loro Casa degli Atellani in maniera filologicamente identica all’originale. Loro stessi avrebbero finanziato l’impresa con la Fondazione Piero Portaluppi, operativamente guidata e condotta da Piero Maranghi, figlio di Anna Castellini.
Piero Maranghi riallacciò immediatamente i rapporti e il dialogo con le Istituzioni e la Soprintendenza cittadina, al contempo siglando un accordo con l’Università di Milano garantendo i fondi necessari all’identificazione del Dna della vite originale di Leonardo da Vinci ritrovata nel 2008 e ancora conservata dall’Università in laboratorio.
Fu così che nel 2014 l’Università di Milano giunse alla sua identificazione certa: Malvasia di Candia Aromatica. L’ultimo obiettivo della ricerca scientifica da conseguire era quello di individuare la specie, il clone di Malvasia di Candia Aromatica ancora esistente geneticamente più conforme alla nativa ritrovata. Per far ciò la genetista Serena Imazio comparò il Dma della vite originaria di Leonardo con quello di pressoché tutte le Malvasia di Candia coltivate oggi in Italia ed individuò le più rilevanti aderenze genetiche con un clone della Malvasia di Candia coltivato dal Consorzio di Tutela dei vini Doc dei Colli Piacentini.
Le viti così selezionate e individuate saranno poste a dimora nella Casa degli Atellani. Il progetto architettonico di reimpianto è stato realizzato e curato dall’Architetto Piero Castellini, con la consulenza agronomica dell’Università stessa e con l’intento di riportare in vita il vigneto di Leonardo da Vinci a Milano nelle stesse condizioni e della stessa natura identica all’originale.
Una storia che Maroni narra con i particolari di tutti gli episodi, con il racconto delle diverse fasi cronologicamente susseguitesi, con tutta la documentazione fotografica, scientifica, storica e letteraria raccolta in 11 anni di lavoro nel suo libro, “Milano È la vigna di Leonardo”, edito da Sens e distribuito in aprile del 2015.
“Senza la generosità di Anna, Letizia e Piero Castellini, senza la sensibilità di Letizia Moratti, senza l’efficienza di Piero Maranghi, senza la scienza di Attilio Scienza e dell’Università di Milano, senza le capacità tecniche e l’affetto di Serena Imazio, Rodolfo Minelli e Ferruccio Luppi - spiega Luca Maroni - il mio sogno di vedere reimpiantato il vigneto di Leonardo a Milano non si sarebbe potuto avverare. La mia gratitudine e riconoscenza per ognuno di loro, è e sarà imperitura. Io ho sentito di dover operare in primis per rendere a Leonardo di Milano, ciò che di Milano era di Leonardo. Quindi per rendere al vino italiano ciò che di Milano era del vino italiano: il vigneto diamante più prezioso del mondo, quello di Leonardo da Vinci”.
E nel libro, Maroni, ha indagato il rapporto fra Leonardo, il vino e la sua vigna, con la riproduzione di tutti gli appunti dal genio dedicati al vino e al suo possedimento in Milano. Quindi la riproduzione di tutti i pensieri che distinguono i tratti caratterizzanti della spiritualità di Leonardo da Vinci. Un’indagine sulla natura umana della sua figura e della sua persona, con la riproduzione di tutte le note e i pensieri che il genio scrisse al riguardo di suo pugno nei suoi Codici. Approfondimenti inediti della figura di Leonardo da Vinci con primario riguardo alla sua umanità, alla sua concezione filosofica, al suo carattere più intimo, vero, profondo. Segue una rassegna delle più belle parole spese da esimi letterati, da artisti e da valorosi uomini di ogni tempo per descrivere i diversi aspetti dell’opera e della figura di Leonardo.
Maroni ha infine ridigitato e disposto in ordine alfabetico l’originale vocabolario-lemmario di circa 10.000 termini annotato da Leonardo a mano nei suoi codici. Ha in sostanza composto il Vocabolario di Leonardo da Vinci: lavoro e compilazione sin qui mai effettuata né pubblicata su alcun libro esistente.
La prefazione del libro è opera del professor Paolo Galluzzi, Direttore del Museo Galileo di Firenze, già Istituto e Museo di Storia della Scienza, uno fra i più prestigiosi leonardisti viventi di fama internazionale.
Il volume “Milano È la Vigna di Leonardo” è edito dalla Sens di Roma, ed è composto da 7 capitoli, 505 pagine e oltre 150 illustrazioni a colori.

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