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Tra “vino pulito”, genetica della vite e difesa ambientale nella produzione vitienologica: comunicare la ricerca per disegnare nuovi scenari, anche tra i consumatori. Un obiettivo difficile e un’operazione meritoria del Consorzio del Soave

Italia
Il Soave punta sulla ricerca e sul suo racconto

Tra “vino pulito”, genetica della vite e diminuzione dell’impatto ambientale della produzione vitienologica. Comunicare la ricerca per disegnare nuovi scenari, anche tra i consumatori sempre più attenti all’ambiente e alle soluzioni a basso o nullo impatto per la natura. Un’operazione meritoria, benché comunicare la ricerca sia sempre un obbiettivo difficile, specialmente quando si ha a che fare con concetti complessi e articolati. Ma è auspicabile sempre provarci. Lo ha fatto a Vinitaly il Consorzio del Soave che insieme all’Università di Verona ha presentato lo “stato dell’arte” della ricerca applicata ad una delle denominazioni bianchiste di riferimento nel panorama enologico nazionale.

Il Consorzio del Soave, infatti sta lavorando ad alcuni progetti di ricerca specifici dalle implicazioni ulteriormente estendibili e modellabili:

“CO2 Reduction System” cioè il calcolo della riduzione dell’anidride carbonica nella prospettiva della sostenibilità economica e di mercato;

“Molecular wine” soluzioni di enologia molecolare al problema della “Casse” Proteica dei vini bianchi;

“Residuo 0” cioè l’eliminazione dei trattamenti chimici comportanti residui in campo ed in cantina;

“Thirsty grapes” cioè l’introduzione della tolleranza allo stress idrico nella vite e protezione dai marciumi dell’uva durante l’appassimento mediante l’uso di idrolizzati proteici di origine vegetale;

“L’individuazione e validazione sperimentale dei fattori di emissione specifici per zona viticola, tipologia di lavorazione e d'impresa - spiega il Professor Diego Begalli dell’Università di Verona - è sempre una esigenza più impellente, insieme allo sviluppo di modelli tecnologici ed economici integrati, ottimizzati e replicabili. Ma non solo. È lo stesso cliente finale che chiede una maggiore applicazione dei produttori sul delicato tema dell’impatto ambientale delle loro produzioni e, in questo senso, una risposta ai quesiti provenienti dai consumatori diventa anche un prezioso strumento di “customer satisfaction”. Un valore aggiunto - conclude - ormai imprescindibile”.

Sempre sullo stesso terreno si muove il progetto di ridurre l’impiego di sostanze chimiche nella difesa da patogeni e nella disinfezione delle cantine, impiegando prodotti a basso o nullo impatto ambientale (acqua elettrolizzata, acqua ozonizzata, etc.). “L’utilizzo di tali prodotti - afferma Francesco Leonardi di Perfect Wine - porterà benefici per i consumatori, che non ritroveranno residui chimici nei prodotti, per l’ambiente, per la popolazione che vive nelle zone di intensa viticoltura, per le aziende produttrici, che potranno ridurre o eliminare i costi per l’acquisto dei prodotti chimici necessari per i trattamenti tradizionali. E i vini - conclude Lonardi - risulteranno cos’ più “puliti” anche al livello sensoriale”. Una problematica non solo italiana se anche oltralpe, il Laboratoire Excell di Bordeaux, ha cercato 50 principi attivi in 300 vini provenienti dall’Aquitania e dalla valle del Rodano. Soltanto il 10% dei campioni analizzati, la maggior parte dei quali bio, non conteneva alcun pesticida. Il rimanente 90% conteneva almeno un fungicida. Ma si è giunti a individuare la presenza di 9 principi attivi diversi in un solo campione.

Concepire nuovi sistemi di produzione, verso una gestione sostenibile delle risorse naturali, valutare gli impatti positivi e negativi dell’agricoltura sull'ambiente,sviluppare strategie integrate di gestione degli agro-ecosistemi e valutare le conseguenze economiche e sociali di queste nuove pratiche nelle aziende agricole e nella loro catena del valore, acquista una importanza strategica.

“Gli stimolatori di difesa delle piante sono composti in grado di attivare le difese interne delle piante, per contrastare gli stress abiotici (siccità, salinità, temperature estreme-caldo-freddo, suoli acidi…) e biotici (parassiti animali e vegetali) - afferma Maurizio Boselli dell’Università di Verona - La stimolazione delle difese nei vegetali contro i parassiti è un settore di studio avviato da pochi anni e con buone evidenze scientifiche. Poche evidenze invece contro gli stress abiotici. La vite è un modello interessante, in questo senso, perché alcuni dei suoi meccanismi di difesa sono conosciuti: per esempio la sintesi di metaboliti secondari come i polifenoli: flavonoidi, pterostilbeni, aromi a scopo di difesa”.

In generale in Europa l’acqua è utilizzata in ugual misura per produrre energia e per scopi agricoli. Nell’Europa meridionale, tuttavia, l’agricoltura impiega il 60% di tutta l’acqua e in alcune zone anche l’80%. Quasi tutta l’acqua utilizzata nella produzione di energia è restituita a un corpo idrico, cosa che non avviene per la maggior parte di quella estratta per l’agricoltura. Anche se un po’ d’acqua d’irrigazione torna in falda tramite percolazione, il consumo derivato dalla crescita delle piante e dall’evapotraspirazione è significativo e circa il 70% dell’acqua prelevata non torna ad un corpo idrico.

“La limitata disponibilità idrica in agricoltura è già oggi un problema nelle regioni mediterranee - sottolinea Boselli - e la situazione probabilmente peggiorerà nei prossimi anni a causa dei cambiamenti climatici in atto. La strategia può essere di abbassare la domanda traspirativa delle piante con l’uso di induttori di resistenza (mediante somministrazione di sostanze naturali) che ormai sono supportati da evidenze scientifiche Per la conservazione dei vitigni tradizionali invece - conclude Boselli - la strategia è di stimolare nelle piante meccanismi di resistenza endogena”.

Un’applicazione di origine molecolare, invece, è quella per far fronte alla problematica della Casse Proteica dei vini bianchi. Quasi sempre il metodo più usato per risolvere questo problema è l’utilizzo della bentonite. La bentonite assorbe le proteine dei vini bianchi rendendoli stabili, ma il suo uso comporta una perdita quantitativa (5% di vino), una perdita qualitativa (sostanze aromatiche) e genera rifiuti da smaltire.

“La proteasi in grado di degradare le proteine dei vini bianchi, quella presente nella Botrytis cinerea è in grado di degradare qualunque proteina - spiega Angelo Spena dell’Università di Verona - produrla e utilizzarla al posto della bentonite aumenterebbe la produzione di vini bianchi a parità di costo e migliorerebbe la qualità complessiva dei bianchi”.

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