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L’Italia del vino mette a segno un altro record nell’export 2014: poco sopra 5,11 miliardi di euro e 20,54 milioni di ettolitri per i dati definitivi Istat diffusi oggi. I commenti: da Zonin a Boscaini,da Curbastro a Cotarella, a Santandrea

L’Italia del vino mette a segno un altro record. Lo dice oggi l’Istat, fissando poco sopra 5,11 miliardi di euro il dato definitivo dell’export 2014, contro i 5,04 miliardi del 2013. Tiene anche il dato sulle quantità con oltre 20,54 milioni di ettolitri, contro 20,32 del 2013, e questo nonostante la difficilissima congiuntura di mercato. Dati che, sottolinea Vinitaly (Verona, 22/25 marzo; www.vinitaly.com) nel diffonderli, evidenziano un ulteriore piccolo progresso del valore e una tenuta dei volumi delle esportazioni italiane di vino nel mondo.

Per capire le dinamiche che hanno portato a questo risultato, ma anche quali scenari si prospettino per l’immediato futuro e nel medio periodo, e quali siano i Paesi sui quali continuare ad investire e il ruolo della politica negli scambi internazionali, Vinitaly ha intervistato alcuni dei protagonisti del sistema vitivinicolo italiano: Domenico Zonin, presidente Unione Italiana Vini - Uiv, Sandro Boscaini, presidente Federvini, Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdop, Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi e presidente del Comitato scientifico del Padiglione Vino - A taste of Italy all’Expo 2015, e Ruenza Santandrea, presidente Gruppo Cevico e membro del Comitato scientifico del Padiglione vino.

“Il percorso del vino italiano negli ultimi vent’anni, ed in particolare il suo importante e crescente successo sui mercati internazionali - spiega Sandro Boscaini, presidente Federvini è frutto di importanti investimenti ed attenzioni che i produttori hanno dedicato all’inizio al vigneto Italia, poi alle cantine ed infine al mercato. E negli ultimi anni l’export del vino italiano ha registrato crescite ancora più significative, in volume, ma soprattutto in valore. Un ritmo elevato e costante di crescita non è sempre possibile soprattutto nel momento dove il super-euro da una parte e il peso degli obblighi burocratici dall’altra hanno condizionato in maniera sensibile la competitività dei prodotti italiani e la capacità delle stesse imprese di stare in maniera profittevole sul mercato. Il 2015 - continua Boscaini - sarà l’anno in cui la competitività del vino italiano diverrà la prima carta da giocare sui mercati internazionali. Potremo far leva sull’indebolimento dell’euro per riprendere alcuni punti sulla crescita in termini di export e certamente contare su Expo 2015 che sarà un importante volano e una vetrina per la promozione e l’affermazione del vino Made in Italy nel mondo. Il vino sembra dover sistematicamente sfatare anche assunti quasi dogmatici: basti pensare che quel che può essere giudicato un mercato maturo, almeno per l’export italiano, è quello che ha regalato le migliori performance: il riferimento è agli Stati Uniti che, pur in presenza negli anni passati del dollaro con un cambio punitivo e pur affrontando un’agguerrita competizione da altri Paesi produttori, ha consentito ai produttori italiani di migliorare la quota di mercato e soprattutto il valore medio. Certo il rallentamento generale dell’economia negli ultimi anni ha iniziato ad interessare anche parecchi dei principali mercati di consumo del vino. Pensiamo alla Russia che, sebbene non abbia coinvolto il vino nelle sue politiche di embargo, ha visto nel 2014 solo una leggerissima crescita di import del vino italiano, contrariamente agli ultimi cinque anni, quando la crescita media era certamente a due cifre. Crescite considerevoli - prosegue il presidente di Federvini- in termini di export hanno riguardato gli Stati Uniti, il Canada e i Paesi Scandinavi, mentre la nostra distribuzione tiene in Giappone, Germania e Regno Unito. Brasile, Ucraina e soprattutto Cina sono invece i Paesi più difficoltosi, dove occorre fare un passo in più presentando a livello istituzionale l’Italia come Paese produttore di grande valenza. E dispiace che non si trovi una strada per risolvere il problema dei dazi ad valorem presenti in alcune regioni dell’India che rendono vano ogni sforzo di crescita su quel mercato. È proprio in questo scenario – conclude Boscaini - che le Istituzioni e la politica devono dare il loro contributo e stare accanto ai produttori con la forza di un sistema Paese; va inoltre favorita la semplificazione della burocrazia e incoraggiati gli investimenti. Importante testimonianza del diverso ruolo che il Governo intende giocare ci viene dall’azione incisiva del Vice Ministro Calenda, ma gli ostacoli e le barriere tecniche che ogni giorno incontrano i nostri esportatori rendono indispensabile mantenere alta l’attenzione, in particolare proprio sul settore agroalimentare e sul settore vitivinicolo, che hanno mostrato tutta la loro energia positiva proprio nell’export”.

“Non si può pretendere, e non solo in virtù della crisi economica, che ogni anno l’export del vino possa crescere così come è successo negli ultimi anni. Adesso - spiega Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi - la sfida non è soltanto la conquista dei nuovi mercati ma anche e soprattutto consolidare le nostre posizioni in quei Paesi che storicamente ci hanno permesso quelle che tu, giustamente, chiami performance straordinarie. Tutti i mercati, e non soltanto per il vino, sono in continua evoluzione e trasformazione. Cambiano i gusti - continua Cotarella - ma ancor di più il livello culturale dei consumatori. E noi dobbiamo anticipare tutto e tutti facendoci trovare, per primi, pronti a cogliere qualunque principio di cambiamento. Per quanto concerne la politica, mai come adesso il vino italiano ha avuto tanta attenzione, supportata da esperienza, da parte della politica. Finalmente - conclude il presidente Assoenologi - abbiamo un Ministro, l’On. Martina, appassionato del nostro prodotto, ma anche competente per percorsi scolastici, lungimirante e consapevole che nulla, come il vino, può rappresentare l’Italia nel mondo”.

“Gli ultimi anni sono stati per il settore vitivinicolo un momento di “grazia” - dice invece Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdop - avendo registrato una crescita inaspettata dell’export sia su mercati consolidati che su mercati emergenti nonostante la crisi economica mondiale che stiamo vivendo. Il 2014 ha avuto tonalità chiaroscure rispetto agli ultimi anni. Questo trend di crescita in valore è un chiaro segno che la scelta dei consumatori è proiettata verso vini di qualità. Siamo riusciti a raggiungere un obiettivo così importante malgrado cambi valutari sfavorevoli e barriere doganali. Sono convinto - continua Ricci Curbastro - che il lavoro fatto fino ad oggi per garantire la qualità, la certificazione e la tracciabilità delle nostre Denominazioni sia un valore aggiunto che va comunicato insieme al territorio, al lavoro dei nostri viticoltori, alla sostenibilità ambientale e sociale. Credo pertanto che continuare in questa direzione possa portare i nostri vini a Denominazione a raggiungere risultati sempre più importanti e diventare un volano per la nostra economia in grado di regalarci nuove soddisfazioni in termini di numeri. Come abbiamo già detto, questi ultimi anni hanno visto i nostri vini raggiungere performance straordinarie nell’export, ma nello stesso tempo abbiamo registrato un forte calo dei consumi interni. Per questo - aggiunge il presidente di Federdop - i mercati dei Paesi terzi sono diventati bersaglio di attività di promozione ed informazione destinate a migliorare la competitività dei nostri vini di qualità sugli stessi. Questo è avvenuto anche per merito di una misura a sostegno delle esportazioni e della promozione, Ocm vino - promozione Paesi terzi messo a disposizione dall’Ue, che ha dato un’opportunità ai produttori, non solo italiani ma europei, fornendo uno strumento importante sia per consolidare la presenza dei nostri vini di qualità sui Paesi terzi più maturi che per penetrare quelli in crescita. I mercati sui quali concentrarsi sono sicuramente i mercati extra comunitari che sono cresciuti di più di quelli dell’area Ue. Dobbiamo però ancora lavorare molto sugli accordi bilaterali in essere con i principali Paesi terzi per ottenere l’abbattimento delle barriere di accesso al mercato, generate da politiche doganali molto restrittive, degli esempi: la Cina ha dazi pari al 20% del valore del prodotto, Iva sui consumi pari al 17% ed altre tasse di consumo che rendono difficile l’accesso al mercato malgrado il consumo di vino locale sia notevolmente aumentato (da 500.000 ettolitri a 4 milioni circa); l’India applica dei dazi pari al 150% impedendo di fatto la penetrazione da parte dei nostri produttori; anche il Giappone applica dei dazi pari al 20% cui si aggiungono altre barriere di carattere non tariffario. Questa - conclude Ricci Curbastro - è l’unica strada percorribile per incidere sul flusso delle esportazioni e conquistare con le nostre eccellenze quei mercati dove la propensione per la qualità sta crescendo”.

“Il minore incremento del fatturato - spiega Ruenza Santandrea, presidente Gruppo Cevico - deriva in massima parte dall’esportazione di vino sfuso. Il crollo dei prezzi del vino da tavola e la forte concorrenza spagnola che in seguito alla sovrapproduzione ha invaso i mercati con vini a prezzi molto bassi hanno avuto come conseguenza prezzi decisamente inferiori all’anno precedente. Nel 2015 la situazione è destinata a ripetersi. Solo la buona performance degli spumanti ha evitato che i dati fossero molto peggiori. Occorre dire che la contrazione dei consumi in Italia può essere compensata solo in parte dalle esportazioni. Una ripresa economica italiana che traini anche i consumi di vino sarebbe necessaria. Inutile dire che sulla riduzione di consumi pesano poi il cambiamento dello stile di vita, le norme sulla guida ecc. Detto questo - continua la Santandrea - l’export è una grande opportunità, ma non è tutto rose e fiori. Al di fuori di mercati consolidati da decenni, i nuovi mercati sono soggetti a continue variabili tali da comportare enormi differenze da un anno all’altro. Si vedano i problemi Russia/Ucraina, la quotazione del rublo, due anni fa la procedura antidumping della Cina, le enormi accise della Tailandia. Forme più o meno striscianti di protezionismo mascherato. La politica può molto - conclude la presidente del Gruppo Cevico - compresi gli accordi bilaterali tra Stati che prevedano l’assenza di dazi all’entrata, creando storture alla concorrenza”.

“Le previsioni - spiega Domenico Zonin, presidente Unione Italiana Vini - confermano anche per il 2015 una crescita contenuta proiettando uno scenario che, nell’anno appena concluso, ha registrato una sostanziale tenuta delle posizioni conquistate negli anni del boom dell’export. Era facilmente prevedibile che il trend di crescita degli ultimi anni avrebbe rallentato. Un fenomeno fisiologico che non va, però, visto negativamente: oggi la sfida è consolidare le posizioni conquistate per rendere stabile il successo ottenuto sui mercati internazionali, continuando ovviamente a lavorare per la crescita. La risposta facile - continua Zonin - è che il mercato del vino è diventato ormai globale, aprendo le frontiere di tutti i Paesi del mondo. La risposta difficile, invece, è dire su quali mercati puntare. La Cina, che sembrava l’eldorado è diventato un mercato complesso, segmentato, esigente come gli altri. I mercati maturi continuano ad essere per noi italiani lo sbocco più importante in termini di volumi e valore, mentre quelli “nuovi” - penso al Sudest Asiatico, all’America del Sud e ad altre aree poco “battute” - aprono prospettive interessanti, anche se contenute in termini numerici. Una strategia equilibrata vuole - conclude il presdente Uiv - il giusto mix tra queste diversi areeobiettivo, calibrato sulle dimensioni e le strategie commerciali delle varie imprese”.

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