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Convertìti al bio: da marchi storici a grandi gruppi, da piccole realtà alle griffe famose, crescono in Italia i viticoltori che passano “dalla parte” del vino biologico. Protagonista a Vinitaly (Verona, 22/25 marzo) con i vini naturali e artigianali

Italia
Sempre più vigneti convertiti a biologico in Italia

Quando si parla di vino biologico, sia in Italia che nel resto del mondo, ci si riferisce ad una realtà ormai consolidata. Non a caso, dati e numeri della viticoltura biologica nel Belpaese sono in costante aumento, con sempre più aziende che puntano sul bio, verso cui a crescere è prima di tutto l’attenzione e la richiesta da parte dei consumatori. Ad analizzare le più importanti case history delle cantine italiane, dai marchi storici ai grandi gruppi, dalle piccole realtà alle griffe più famose che si sono “convertite” al biologico è un’indagine realizzata da Vinitaly. Ai vini certificati, la rassegna internazionale di riferimento del mondo del vino, in programma a Verona dal 22 al 25 marzo (www.vinitaly.com), dedica “Vinitalybio”, il salone promosso dal 2014 con Federbio.
Ma perché le aziende passano “dalla parte” del bio? C’è più di un motivo: dal cercare di attrarre i wine lover, alla volontà di diversificare la produzione, dall’attenzione per l’ambiente, al desiderio di sperimentare. Quale che sia la motivazione, però, è un dato di fatto che l’Italia è il primo Paese europeo per numero di produttori biologici, e tra i dieci maggiori al mondo. Con oltre 45.000 aziende vitivinicole biologiche (circa il 17% del totale europeo), l’Italia è leader in Europa per il settore, seguita dalla Spagna (12% dell’Ue) e dalla Polonia (10%; fonte: ultimi dati disponibili al 31 dicembre 2013 di “Bio in cifre 2014” del Sinab-Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica su dati Ministero delle Politiche Agricole e Organismi di controllo). Nel mondo la superficie coltivata supera 1,3 milioni di ettari (+12,8% sul 2012), per un giro d’affari attorno ai 3 miliardi di euro, di cui oltre 1 miliardo all’export, con l’Italia che ha conquistato la leadership in Europa (con un peso sul fatturato bio europeo dell’8%, e su quello mondiale del 4%; dati Fibl-Ifoam).
Per quanto riguarda la superficie coltivata a vite in Italia, sono oltre 44.000 gli ettari di superficie vitata biologica in Italia, ma con più di 23.700 ettari di superficie “in conversione”, per un totale che supera i 67.900 ettari, il 18,5% in più sul 2012. La superficie viticola convertita al bio ha dunque una dinamica positiva, in controtendenza con le superfici totali viticole che nel 2013 si sono attestate a 646.000 ettari contro i 655.000 dell’anno prima. Alla luce di questo assume ancor più valore la crescita delle superfici bio del settore, che arrivano a un’incidenza sul totale dell’11%, con in testa la Sicilia per numero di ettari vitati, seguita da Puglia e Toscana. In produzione si è arrivati nel 2013 a sfiorare il valore potenziale di 5 milioni di quintali di uva da vino, equivamente a circa 3,5 milioni di ettolitri, con un peso di oltre il 7% sulla produzione nazionale complessiva.
Sono molte le cantine italiane che rientrano in questo trend, che abbraccia praticamente tutti i territori del vino italiano. Si va dai marchi storici come Marchesi de’ Frescobaldi, con 700 anni di storia alle spalle, che sta adeguando la sua produzione al vino biologico, a partire da Castelgiocondo, la tenuta del Brunello di Montalcino, a grandi e celebri realtà del vino italiano come Tenute Lunelli del Gruppo Lunelli (Ferrari), che ha intrapreso la totale conversione al biologico, a partire dalla Toscana: Tenuta Podernuovo è stata la prima realtà del Gruppo, nel 2012, ad ottenere la certificazione biologica, seguita dalla Tenuta umbra di Castelbuono (2014), mentre i vigneti trentini sono iscritti al registro della certificazione biologica dal febbraio 2014.
Restando in Trentino, se Foradori è la case history di un’azienda di famiglia che, nella sua evoluzione, ha abbracciato anche il biodinamico, La-Vis e Cavit rappresentano la produzione bio dei grandi colossi della cooperazione enoica. In Alto Adige accanto ad esempi conosciuti come Tenute Loacker, a produrre vini bio è anche la celebre Cantina Termeno. In Franciacorta a produrre vino bio da tempi non sospetti è Barone Pizzini e in Piemonte nel terroir del Gavi La Raia ha sposato da tempo la filosofia bio.
Tornando tra i vigneti del Brunello, a Montalcino ha investito sul biologico la griffe Allegrini, con la cantina San Polo, mentre Col D’Orcia ha iniziato dal 2010 la sua conversione al biologico. Ma in Toscana ci sono molti esempi, da Tua Rita in Maremma ad importanti realtà del Nobile di Montepulciano, come Salcheto, biologica e biodinamica oltre che completamente off-grid ed energeticamente autosufficiente, e la storica Avignonesi, con i suoi oltre 100 ettari vitati, riconvertita interamente a biodinamico. Nel Chianti Classico vi sono case history come Badia a Coltibuono e Fontodi, Fèlsina e Lamole di Lamole del Gruppo Santa Margherita che dal 2017 potrà fregiarsi della certificazione biologica. Passando per il Gruppo Collemassari, a regime biologico nelle sue tenute Collemassari (Montecucco), Grattamacco (Bolgheri) e Poggio di Sotto (Brunello).
In Veneto, Speri in Valpolicella applica i dettami dell’agricoltura sostenibile da anni e, a partire dalla vendemmia 2015, dopo la fase di conversione, otterrà la certificazione biologica, così come antesignana del biologico e del biodinamico è la Fasoli Gino. Sempre in Veneto, ci sono molte case history da Gini nel Soave a Viticoltori Ponte, da Paladin che nell’azienda Bosco del Merlo, produce esclusivamente vini biologici, ad Astoria e Cantina Valpolicella Negrar. E ancora, si va dalla linea bio di Cantine Riunite & Civ, tra le più grandi realtà del vino italiano, a San Patrignano, la più importante comunità di recupero dalla tossicodipendenza, che produce vino biologico in Emilia Romagna, così come la Cleto Chiarli. In Umbria agricoltura biologica è oggi la parola d’ordine di un marchio storico come Lungarotti. Nelle Marche, Umani Ronchi ha scelto di differenziare la propria gamma di prodotti puntando sul biologico, mentre Cantine Belisario da anni produce, da due vigneti dedicati, un vino certificato biologico: il “Vigneti Belisario”.
Scendendo in Abruzzo, accanto ad Emidio Pepe, Cantina Tollo è tra i maggiori produttori italiani di vini bio. In Campania da oltre 15 anni, Feudi di San Gregorio ha avviato un iter che ha portato la cantina ad avere quasi 50 ettari a vigneto biologico, così come risale a diversi anni or sono la conversione della Fattoria La Rivolta. In Basilicata, Cantine del Notaio produce vini da agricoltura biologica già dalla fine degli anni ’90. In Puglia, il progetto biologico di Polvanera è improntato alla valorizzazione del Primitivo e di altri vitigni autoctoni allevati in coltivazione biologica, così come la tenuta di Bocca di Lupo di Tormaresca (Antinori), con ben 130 ettari di vigneti condotti tutti in regime biologico. La Sicilia biologica va da piccole ma conosciute realtà come Occhipinti e Graci sull’Etna, passando per Centopassi di Libera Terra che produce vini e prodotti bio nei terreni confiscati alla mafia, ad aziende più grandi come Firriato o Cos, che segue anche i principi della viticoltura biodinamica.

Focus - Vini biologici, naturali, artigianali, crescono numeri e passione dei wine lovers. Protagonisti a Vinitaly con “Vinitalybio”, “Vivit” e, per la prima volta, con una collettiva Fivi. E un seminario-degustazione spiega cosa sono
Vini certificati bio frutto di un’attenzione per l’ambiente o vini naturali e artigianali che raccontano storie di un indissolubile legame con il territorio, vini che piacciono sempre più sui mercati internazionali, con piccole e piccolissime cantine più conosciute all’estero che nel proprio Paese. A Vinitaly (Verona, 22/25 marzo; www.vinitaly.com), due i saloni specializzati, “Vinitalybio” e “Vivit”, e quest’anno per la prima volta una collettiva Fivi-Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Accanto, ci sarà anche il seminario “The Good, the Bad and the Ugly of Artisanal Wines”, organizzato dalla Vinitaly International Academy - VIA, che con il contributo di esperti internazionali definirà cosa sono e come si qualificano - anche dal punto di vista commerciale sui diversi mercati - le varie tipologie di prodotto; a seguire, una degustazione di vini italiani ed esteri per capire il valore organolettico dei vini artigianali, in crescita anche dal punto di vista qualitativo.
I vini biologici rappresentano in Italia - primo produttore europeo - ormai l’11% della superficie vitata e una produzione potenziale di 5 milioni di quintali di uva da vino, con un peso di oltre il 7% sul totale nazionale. Numeri piccolissimi, ma pure in aumento, invece, per i vini naturali, che rappresentano un mondo difficile da circoscrivere. Secondo l’unica rilevazione scientifica disponibile realizzata da Servabo, i vini naturali rappresentano l’1,64% della superficie vitata nazionale e lo 0,74% della produzione enologica, cioè una quantità di vino più di 2 volte inferiore rispetto ai vini prodotti con metodo convenzionale.

Focus - “Vinitalybio”
Seconda edizione di “Vinitalybio”, il Salone dedicato ai vini certificati realizzato in collaborazione con Federbio, dopo il successo della prima edizione. Una settantina le aziende presenti (tra cui alcune francesi), per le quali è stato realizzato da Veronafiere un incoming dedicato di buyer da Germania e Belgio, nell’ambito di Biorganic Lifestyle, progetto di informazione e promozione di Federbio finanziato dall’Ue e dall’Italia. Nel contesto del progetto, il 23 marzo, Federbio organizza il convegno “La revisione della normativa sul vino biologico. Il comparto si confronta”. L’incontro ha lo scopo di avviare un percorso di ampia consultazione tra tutti gli attori del comparto vitivinicolo italiano, al fine di porre le basi per alleanze e sinergie con le organizzazioni di altri Paesi europei in preparazione, a tre anni dall’approvazione del regolamento europeo sulla produzione dei vini biologici (Reg. UE 203/2012), della richiesta di una sua revisione, nel quadro della più generale proposta di modifica del regolamento orizzontale sull’agricoltura biologica (Reg. CE 834/2007). A “Vinitalybio” anche quest’anno c’è l’Enoteca bio, che mette in degustazione tutti i vini biologici presenti a Vinitaly, così da coinvolgere anche le aziende espositrici presenti in altri padiglioni che, oltre ai vini prodotti con metodi convenzionali, propongono una linea biologica certificata. Più di 220 le cantine di Vinitaly che propongono vini biologici.

Focus - “Vivit”
Evento ormai consolidato, “Vivit”, la vetrina dei vini artigianali, frutto del lavoro di quei produttori che si riconoscono nell’autenticità di un territorio e nella individualità, viene riproposto per il quarto anno nella sua formula ormai tradizionale e di successo. Oltre 120 le cantine presenti, provenienti oltre che dall’Italia da Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria e Slovenia.

Focus - Collettiva Fivi
Per la prima volta sarà presente a Vinitaly una collettiva di 56 aziende vitivinicole aderenti alla Fivi-Federazione italiana vignaioli indipendenti. La Fivi è un’associazione di aziende vitivinicole (convenzionali, biologiche e biodinamiche) che svolgono al loro interno tutto il ciclo dalla raccolta dell’uva alla commercializzazione del vino prodotto con le proprie uve, con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e l’autenticità dei vini italiani.

Focus - L’Executive Wine Seminar & la degustazione “The Good, the Bad and the Ugly of Artisanal Wines” dell’International Vinitaly Academy (24 marzo)
Si tratta di un appuntamento che, con rigore scientifico, vuole dare risposte alle domande più frequenti di chi si approccia a questi vini o di chi è scettico: cosa vuole dire essere artigianale nel mondo del vino? Può una grande azienda essere artigianale? O solo coloro che si sporcano le mani in vigna tutti i giorni con piccole produzione possono godere di questa definizione? E i vini non biologici possono essere anch’essi artigianali? Ma poi, cosa vuole dire esattamente vino biologico?
A parlarne grandi esperti del mondo del vino italiano e internazionale: il Master of Wine Pedro Ballesteros Torres, che introdurrà i concetti legali di biologico, biodinamico e altri termini (ad esempio, ciò che è biologico in Italia non lo è in Usa, e viceversa); Costantino Charrère, proprietario di Les Crêtes ed ex presidente Fivi, che illustrerà il lavoro delle piccole aziende che spesso fanno viticoltura eroica; Monty Waldin, della rivista Decanter e autore di oltre dieci libri e video sull’agricoltura biodinamica; Ian D’Agata, responsabile scientifico VIA e Vinitaly International, che analizzerà la biologia e la biochimica di vini naturali; Robert Jospeh, uno dei decani del wine writing mondiale, fondatore di Wine International Magazine e del London International Wine Challenge; Olivier Humbrecht, cotitolare della alsaziana Zind Humbrecht, una delle trenta più famose aziende di vino del mondo che sarà presente al Vinitaly per racconare la sua ventennale esperienza nel mondo del vino artigianale e biologico.
I lavori si chiuderanno con una speciale degustazione guidata di otto tra vini italiani ed esteri, di produttori famosissimi in tutto il mondo, dall’italiano Gulfi (espositore di Vinitaly) al francese Leroy.

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