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Quant’è ricca Venezia di viti antiche: dalla rinascita della Dorona e del vigneto degli Armeni con Bisol alle viti piantate a S. Erasmo dal vigneron francese Darnat. E dopo Torcello il Consorzio Vini Venezia fa rivivere le viti dei Carmelitani Scalzi

Italia
Il vigneto dei Carmelitani Scalzi a Venezia

Di come le tracce lasciate nella toponomastica della città, dall’Isola delle Vignole a Via della Vigna, raccontino di un passato di Venezia intrecciato con il vino, WineNews lo ha ricordato giorni fa a proposito del progetto, Henri Darnat, vigneron di Borgogna, che pianterà 3 ettari di Chardonnay, Sauvignon Blanc e Semillon sull’isola di Sant’Erasmo. E, fin dall’inizio abbiamo raccontato passo passo il progetto di “archeo-enologia” della griffe veneta Bisol, dalla rinascita della Dorona, la varietà di uva più coltivata in laguna all’epoca dei Dogi, alla produzione delle prime bottiglie del vino Venissa, in versione bianca sull’isola di Mazzorbo-Burano, così come la nuova avventura dove un tempo sorgevano le Isole di Costanziaca e Ammiana e dove da un antico vigneto piantato dagli Armeni nasce, invece, il Venissa Rosso. Ora, un nuovo capitolo della riscoperta veneziana dei vigneti nella laguna, lo apre il Consorzio Vini Venezia, che dopo aver piantato a Torcello un vigneto sperimentale con tutte le varietà di vite ritrovate nella laguna, prosegue il progetto di mappatura del Dna delle antiche viti della Serenissima, facendole rivivere nel Convento dei Carmelitani Scalzi, restaurandone l’orto-giardino e riaprendo le porte al pubblico dell’antico brolo di Cannaregio (la presentazione il 20 maggio nel Convento; www.consorziovinivenezia.it).
Numerose esplorazioni, ben 70 analisi del Dna, una ricerca durata oltre due anni che ha visto impegnati tecnici, esperti del calibro di Attilio Scienza, tre Università - quelle di Berlino, Padova e Milano - ed enti come il Cra-Vit, il Centro di Ricerche per la Viticoltura di Conegliano: è da questi presupposti che parte il lavoro del Consorzio Vini Venezia che ora dà il via ad un nuovo progetto, dopo aver creato un vigneto nell’isola di Torcello, utilizzando il materiale genetico prelevato dalle vecchie viti di Venezia mappate e studiate all’interno di conventi, broli, giardini e altri luoghi. Il risultato non è solo una banca genetica en plein air che conserva il patrimonio storico e culturale della viticoltura della città dei Dogi, è anche la ristrutturazione e l’apertura al pubblico di uno dei più importanti luoghi di Venezia. I dettagli di questa seconda fase della ricerca, a cui si lavora ormai da anni, saranno ìllustrati il 20 maggio, ma qualche anticipazione è già stata fornita in occasione dell’evento “Verso Venice to Expo”, con la presentazione del volume “Il vino nella storia di Venezia” che raccoglie i risultati dello studio.
I due vigneti sperimentali, quello di Torcello e quello sorto all’interno dello storico convento, sono stati realizzati con l’intento di salvaguardare la biodiversità del patrimonio viticolo lagunare. Essi sono stati creati utilizzando alcune varietà presenti da centinaia di anni all’interno della laguna di Venezia, mappate e riprodotte, a partire dal 2010, grazie al supporto del professor Attilio Scienza, in collaborazione con un gruppo di tecnici delle Università e del Cra-Vit di Conegliano. Un lavoro che ha interessato esemplari presenti non solo a Venezia ma anche nelle isole della Laguna. Per scoprire la provenienza, l’identità e l’entità del germoplasma viticolo della laguna diverso dai vitigni già conosciuti, è stata pianificata un’indagine a tappeto su tutto l’areale. Le piante da campionare sono state selezionate in base all’assenza di informazioni precise sulla loro identità da parte dei proprietari e al fatto che queste presentassero un aspetto morfologico che non riconducesse con chiarezza ai principali vitigni noti. I campionamenti sono stati effettuati in 11 località comprese tra la laguna nord (isola di Torcello, delle Vignole e di Sant’Erasmo), Venezia città e la laguna sud (Lido Alberoni, S. Lazzaro degli Armeni e Pellestrina).
Come racconta il volume “Il vino nella storia di Venezia” sono state campionate complessivamente 68 piante. L’identificazione varietale della vite è stata affrontata con tecniche moderne di analisi del Dna (estratto da alcune foglioline) che ha consentito di ottenere l’impronta genetica della vite, ovvero il suo profilo molecolare, e di fare un confronto con la banca dati del Cra-Vit di Conegliano e con i dati di letteratura, portando all’identificazione di quasi tutte le viti campionate. Sono stati ottenuti 25 profili molecolari, 22 dei quali corrispondono a varietà già identificate. In particolare, si tratta di 20 varietà di Vitis vinifera L., 14 uva da vino e 6 uva da tavola, e di 2 ibridi interspecifici molto noti, il Baconoir ed il Villardblanc.
Questo importante progetto è stato selezionato dalla Camera di Commercio di Venezia la quale finanzierà la produzione di materiale promozionale e informativo che sarà di supporto alle visite guidate che il Consorzio Vini Venezia e Venezia Wine & Food organizzeranno in occasione di Expo2015. Il progetto è stato approvato anche dal Comitato Venice to Expo 2015 che ne ha riconosciuto la grande valenza culturale con grande potenzialità di divenire luogo di visita per un turismo alternativo.

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