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“Voi produttori non dovete mai dimenticare che prima di tutto siete uomini della terra. La fortuna del vino reggerà solo se lo farà l’agricoltura”. È la “lectio magistralis” di Carlo Petrini da Montalcino. “È la coesione sociale a fare la differenza”

“Prendetela tutti più bassa: questo è uno dei valori distintivi della civiltà contadina. Non siamo venuti al mondo per bere vino, ma per mangiare. Voi produttori non dovete mai dimenticare che prima di tutto siete uomini della terra. È bello parlare di made in Italy, ma bisogna tutelare chi lo fa: è giunto il momento di dedicarsi all’agricoltura non più secondo le regole del libero mercato, ma con la difesa delle economie locali dei territori. La fortuna del vino reggerà solo se lo farà l’agricoltura italiana”. È la “lectio magistralis” per il mondo del vino del fondatore e presidente di Slow Food Carlo Petrini, raccontata da WineNews, oggi da Montalcino, territorio la cui ricchezza è legata al vino, quel Brunello per il quale ha realizzato la piastrella celebrativa (con “Terra Sapienza Futuro” scritto a mano e le “3 stelle” alla vendemmia 2014, ufficializzate oggi a “Benvenuto Brunello”), e la cui ricchezza e fama nel mondo, ha detto Petrini, “30 fa era impensabile”, ma le cui basi sono da ritrovare nella coesione sociale raggiunta negli anni passati, tra cittadini e produttori, e che ancora oggi distingue un territorio. Un territorio sul quale Petrini ha declinato parole usate molte volte per l’Expo: dai saperi tradizionali dell’enologia figli dell’empiria e della miseria, con cui la scienza tradizionale deve dialogare, “convalidandoli, questa è la sua forza”, elemento distintivo per far progredire il sistema Paese; a non dimenticare mai, in questo settore, che l’elemento distintivo è l’umiltà, da “humus”, e colui che è vicino alla terra pratica l’umiltà; alla monocoltura che nei territori deve lasciare spazio alle altre colture. Un territorio, infine, nel quale oggi è tornato dopo 30 anni, quando ebbe modo di conoscere da vicino quell’agricoltura e quella civiltà contadina che all’epoca “erano fondamentali e il vino non aveva una sua importanza, mentre oggi il vino è al culmine dell’immaginario mondiale e l’agricoltura con il culo per terra”.
Ripercorre 30 anni di storia Petrini, sua, di Slow Food, e del territorio del Brunello, che ebbe modo di visitare per la prima volta proprio molti anni fa. Un territorio dove, ricorda il fondatore di Slow Food, “si è puntato con intelligenza a difendere la terra, la sapienza contadina ed i prodotti, mantenendo la civiltà contadina”, e “garantendo il successo di cui oggi portate a casa i risultati”. Per questo, ha detto Petrini, “non dobbiamo mai dimenticarci di chi ha fatto grande il vino italiano”, dai contadini di Langa a quelli di Montalcino.
“30 anni fa in tutta Italia una assise come quella di oggi, di cui il vino non può fare a meno, perché dà forza e sostanza alla politica di immagine, era impossibile”, ha proseguito il presidente Slow Food. Così come non può fare a meno della scienza, con il riferimento in questo caso al clima ed ai suoi effetti sulle annate, ma “la cui forza non è quella di indicare le strade, ma di convalidare quelle che la tradizione ha reso fattibili, creando veri e propri monumenti enologi”. Ma anche di tutte le sue professionalità, come i degustatori: “Mario Soldati, Luigi Veronelli percorrevano queste strade con passione e caparbietà”.
È una lectio fatta di ricordi, ammonimenti, ma anche di umorismo, con Petrini che ironizza sull’“allievo”, riferendosi ad Oscar Farinetti, il patron di Eataly, chiamato prima del “maestro” a realizzare la piastrella per il Brunello, per di più riproponendovi come immagine la chiocciola di Slow Food e celebrando un’annata a “4 stelle”, la 2013, e “io a “3 stelle”, “ma è qui che si vede il grande viticoltore e c’è la tempra del contadino, l’intelligenza, la creatività, è troppo bello fare il vino buono nelle annate che climaticamente vanno bene”.
“Quando venivo qua - ha ricordato Petrini - il vino non aveva questa importanza. Ci sono voluti tanti sindaci che conciliassero cittadini e produttori, specie quelli non di qui, e questo ha portato ad una ricchezza impensabile 30 anni fa, a partire dal turismo, che fa lavorare molti. Questo vuol dire coesione sociale”.
“Un cibo buono, locale, merita qualche soldo in più. È qualche soldo in più - ha concluso Petrini - pagato in tempi non sospetti che fa muovere il Barolo ed il Brunello. E’ la comunità che ha permesso il successo dell’economia del Brunello, mantenetela. E ricordate che le origini di questa comunità sono contadine”.

Focus - L’“amarcord” di Petrini: Montalcino ed il Brunello 30 anni fa
“Ringrazio di avermi dato l’occasione di tornare in questa straordinaria terra che amo molto, e dove amministratori lungimiranti, come il sindaco Mario Bindi e altri prima di lui (qui la biodiversità politica è piuttosto omogenea), che negli anni hanno saputo preservare questo territorio da cementificazioni assurde, mantenendo nel tempo la sua civiltà contadina, garantendo il successo di cui oggi portate a casa i risultati”. Sono queste le prime parole riportate da WineNews del fondatore e presidente di Slow Food Carlo Petrini, oggi da “Benvenuto Brunello” a Montalcino. Dove proprio l’associazione della chiocciola ha mosso i suoi primi passi, con Arcigola (il concorso dedicato alle cucine degli Arci di tutta Italia che premiava, a Montalcino, la gastronomia di qualità).
“Ci fu una serata in cui fui messo sotto processo - ha ricordato Petrini - ero venuto nell’’82 ad una Festa dell’Unità, quando c’erano ancora, dalle Langhe, per assaggiare quel Brunello straordinario. Ma la qualità del cibo era scadente e portarono del Rosso di Montalcino, spacciandolo per Brunello. Inviai una lettera di protesta durissima, dicendo che se nelle Langhe avessimo spacciato Nebbiolo per Barolo, ci avrebbero messo alla gogna. La risposta arrivò subito, con un invito per il 1983 per un convegno: “L’enogastronomia nella tradizione delle Case del Popolo”. C’è da fare battaglia? Chiesi quando arrivai in una Casa del Popolo affollatissima di persone cui distribuivano la mia lettera. “No, da riflettere” mi risposero. Mi misero su un trespolo ed iniziò una specie di processo, con tanto di portavoce delle donne che avevano cucinato nelle cucine dell’Arci”.
“Intervenni leggendo un pezzo di un’analisi organolettica perfetta - ha proseguito Petrini - sapete che l’ha scritta? Una vostra grande concittadina, Santa Caterina da Siena nel descrivere l’amplesso della comunione e la carne del Cristo nei minimi particolari”. Quando una cosa non è buona, non è buona, ha spiegato Petrini. Ad un certo punto, ha proseguito nel racconto, “il fronte si è spaccato, e un compagno ha ammesso che il mio metodo era giusto, ma non le parole che avevo usato. E da lì, con il Brunello, quello vero, nei calici, è nato uno dei primi Circoli Arcigola”. Ed è partita quella riflessione sulla qualità del cibo, la sua difesa e quella di chi lo produce, che ha portato alla fondazione di Slow Food.

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