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Imu e vigneti, c’è chi paga e chi no, ma l’unica certezza è il caos. Federvini a WineNews: “meglio azzerare lo scenario e ridisegnare l’obbligo fiscale dopo aver valutato impatti”. Caputo (Area Fiscale Confagricoltura): “ci sono casi paradossali”

C’è chi è contento perché non pagherà, ovvero tutti i proprietari dei terreni agricoli nei comuni classificati come “montani”, chi ha tirato un sospiro di sollievo, come i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali nei comuni “parzialmente montani”, e chi, a prescindere, dovrà pagare, perché il suo comune è considerato “non montano”. Ma tra revisioni di criteri, date diverse per i pagamenti (la prossima scadenza è per il 10 febbraio 2015, ndr), aliquote da rivedere e così via, l’unica certezza è che l’Imu, nel mondo del vino, e dell’agricoltura in generale, ha aggiunto complessità ad un quadro normativo già difficile. Creando, a detta di molti, anche delle sperequazioni paradossali tra territori confinanti nella stessa denominazione. Emblematico, in questo senso, il caso del Prosecco Docg: a Conegliano, pagano tutti, a Valdobbiadene sono esenti coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali.
“Le nuove norme relative all’Imu agricola stanno destando moltissime preoccupazioni fra gli associati - spiega a WineNews Federvini, che rappresenta oltre il 65% del vino italiano esportato - il provvedimento va contro le affermazioni del Governo, che ha detto a più riprese di voler incidere profondamente sulla semplificazione nei rapporti fra Stato e cittadino/operatore economico e rendere il prelievo fiscale trasparente. Abbiamo avuto una prima norma non chiara che ha messo subito in luce la necessità di correttivi. I correttivi arrivano a pochissimi giorni dal termine di pagamento e recano complicati distinguo anche fra gli obblighi relativi al 2014 e quelli relativi al 2015, creando un mostro di sperequazioni che non farà altro che alimentare nuove alterazioni al già difficile clima competitivo in cui le aziende devono dibattersi in questo momento di grave crisi economica. Materia di così grande importanza e delicatezza non deve nascere per approssimazioni successive. Meglio azzerare lo scenario e ridisegnare l’obbligo fiscale dopo aver analizzato e valutato con attenzione le implicazioni per lo Stato, ma anche l’impatto sugli operatori e sui settori: il settore agroalimentare viene continuamente citato come un settore che deve agire come molla propulsiva nella fase di ripresa che tutti auspicano, non può essere aggravato da nuovi importanti oneri iniqui”.
E ci sono dei veri e propri paradossi, come spiega Nicola Caputo, direttore Area Fiscale di Confagricoltura: “il provvedimento non va bocciato completamente, ma ci sono delle criticità. Per esempio, nei comuni parzialmente montani è prevista l’esenzione per i terreni in affitto o in comodato solo se affittuario e locatore sono entrambi coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali. Situazione, per altro, rarissima. Se il proprietario del terreno affittato non è in nessuna delle due posizione, l’esenzione non vale, e questa è la situazione che si verifica con maggiore frequenza. E si arriva al paradosso che se un padre, per esempio, coltivatore diretto o imprenditore professionale, che ha un terreno dato in affitto, lo cede al figlio, che non è in una delle due categorie per vari motivi, non si beneficia più dell’esenzione”.
Insomma, al di là della portata economica, ancora tutta da valutare, sicuramente un nodo burocratico complesso da sciogliere, che cozza con lo sforzo di semplificazione burocratica che tutti chiedono.

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