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È il commercio estero il vero driver del valore per le cantine italiane. L’ennesima conferma dall’Osservatorio Banca Mps Research “Filiera del vino: tendenze, scenari e opportunità a confronto”, di scena al Consorzio del Vino Chianti

È sempre l’export ad offrire i maggiori margini di guadagno al mondo del vino italiano, restando saldamente il primo driver di valore per le cantine del Belpaese. Realtà ormai non più in discussione, che trova l’ennesima conferma nell’Osservatorio Banca Mps Research, dal titolo “Filiera del vino: tendenze, scenari e opportunità a confronto”, presentato a Montespertoli dalla Banca senese e dal Consorzio del Vino Chianti, una delle denominazioni più importanti della Toscana enoica e, probabilmente, una tra quelle dagli introiti più rilevanti, nonché uno dei nomi più conosciuti al mondo di vino d’Italia.
Il dato più evidente del report, come detto, è quello che conferma il commercio estero come quello capace di offrire più marginalità restando saldamente il vero driver del valore. Un punto ormai decisamente saldo in tutte le analisi del comparto e che è determinato da una condizione globale anch’essa ormai leggibile con sufficiente precisione. L’attuale congiuntura internazionale del vino evidenzia che la produzione è in calo. La superficie mondiale a vigneto (7.519 milioni di ettari) si sta assottigliando, il che rende possibile, in generale, una tenuta della produzione di uva, ma non, evidentemente, impennate in termini quantitativi.
Lo conferma anche il 2014 segnato, inoltre, dalle bizzarrie metereologiche europee che hanno inciso non poco sulle quantità. Anche se le gerarchie non sembrano cambiare molto con Francia, Italia e Spagna che guidano, in quest’ordine, la graduatoria produttiva. Il fatto importante è però che, a livello globale, i consumi si consolidano. A partire del 2009, infatti, si è assistito ad una loro quasi sostanziale stabilità, che, solo nel 2014, potrebbe sperimentare un incremento poco inferiore all’1%. Nel 2013, infatti, gli scambi internazionali di vino in volume sono calati del 2,2%, ma gli scambi internazionali di vino in valore sono saliti dell’1,5%, raggiungendo i 25,7 miliardi di euro.
Nel 2014, però, potrebbero aumentare le incognite: al continuo calo dei volumi potrebbe accompagnarsi un decremento in valore, in ragione della forte discesa delle quotazioni degli sfusi anche se il segmento del confezionato presenta oscillazioni inferiori.
In Italia, la produzione interna di vino è ancora ai vertici, non così i consumi domestici che, anzi, continuano a calare. Dallo scoppio della crisi la produzione di vino italiana si è ridotta, mantenendosi però ai vertici quantitativi globali. I consumi interni continuano a calare: da 30 milioni di ettolitri nel 2001 a 22 milioni di ettolitri nel 2013. Il mercato interno resta un bacino di consumo ancora importante: praticamente metà della produzione italiana è consumata internamente e metà viene esportata. Ma in prospettiva l’attrattività di tale mercato continuerà a diminuire.
È l’export a restare il vero driver di valore. Benché, nei primi 9 mesi del 2014, si intraveda una timida inversione di tendenza sui volumi - inferiore all’1% - continua la progressione degli introiti anche se con intensità inferiore al passato. La geografia dei mercati di riferimento mantiene delle mete di sbocco importanti e ormai consolidate anche storicamente. Circa il 54,5% della domanda internazionale di vino, in valore, si concentra nei primi 3 paesi clienti: Usa, Germania e Uk. Nei primi 9 mesi del 2014 si assiste ad una leggera ripresa, in termini tendenziali dell’export sia in valore che in volume in Usa e UK sulla scia della buona performance degli spumanti. Negativo l’export (in valore e in volume) verso la Germania in scia al calo degli sfusi (che scontano la concorrenza spagnola). Sorvegliati speciali restano Russia e Cina con le loro diverse, ma pur presenti, criticità.
Il mutamento di tendenza più evidente che si evince da questo scenario conferma che il passaggio dai volumi alla qualità potrà garantire una maggiore possibilità di marginalità sul prezzo. Guardando da vicino la Toscana, sono 48.300 gli occupati nel settore agricolo (dati 2012.) e sempre nel 2012 il Valore Aggiunto del settore agricolo contribuisce alla formazione del valore aggiunto regionale per l’1,95% e di quello agricolo nazionale per il 6,53%.
I prodotti legnosi (tra cui predominano i vitivinicoli), rappresentando quasi il 70% del valore della produzione vegetale da coltivazioni agricole. I volumi produttivi di vino Dop della Toscana la mettono alla posizione n. 3 nel ranking nazionale. E, nonostante, una dimensione contenuta, i ritorni per le aziende vitivinicole toscane sono superiori alla media.
Il polso della situazione viene confermato anche da un sondaggio del servizio Research di Banca Monte dei Paschi: il 78% delle aziende vitivinicole intervistate prospetta un aumento delle vendite all’estero. Oltre la metà degli intervistati prospetta un aumento delle vendite, superiore al 5%, focalizzando l’importanza sempre maggiore della figura dell’importatore. Russia e Cina arretrano leggermente nel ranking rispetto agli anni passati, mentre la gdo continua ad offrire maggiore certezza nei pagamenti.

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