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Rabobank: il commercio mondiale del vino trainato dai “Premium Wine”. Dalla Cina agli Usa, dalla Spagna alla Gran Bretagna, la parola d’ordine è “qualità”. A guidare la rivoluzione sono le nuove generazioni, i “Millenials”, che bevono meno, ma meglio

Il mondo ha sempre più sete di vino e, nonostante la crisi, i mercati hanno continuato a rispondere bene, trainati da una parte da quei Paesi in cui, ormai, la cultura enoica è sempre più solida, come Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti, e dall’altra dagli emergenti, su tutti la Cina. Ma il dato più interessante evidenziato dall’ultimo report di Rabobank (www.rabobank.com) sui “Premium Wine” riguarda proprio la fascia più alta dell’offerta enoica che, per convenzione, riguarda le bottiglie che costano più di 14 dollari. È proprio questa, infatti, a trainare la crescita, a partire dagli Stati Uniti, dove, tra il 2005 ed il 2014, ha perso quote di mercato importanti la fascia di prezzo inferiore ai 3 dollari, mentre sono cresciute tutte le altre, da quella 3-7 dollari alla fascia premium.
Un trend che, oltre agli Usa, riguarda anche altri Paesi, a partire da quelli scandinavi (Danimarca, Norvegia e Svezia), dove però sul prezzo finale hanno influito molto gli aumenti delle tasse degli ultimi anni, alla Gran Bretagna, dove i consumi dal 2010 al 2013 sono scesi dello 0,4%. Niente, in confronto al calo, che appare irreversibile, dei produttori storici, Francia, Italia e Spagna, dove la tendenza è comunque verso il consumo di vini di qualità. Proprio dal Paese iberico arriva un altro esempio lampante, con i vini a denominazione di origine (Dop e Igp) che dal 1990 sono passati da una quota di mercato del 25% a pesare, nel 2013, più del 50%.
A stimolare i diversi mercati verso la ricerca della qualità, oltre al boom della Cina (che nei prossimi anni, però, potrebbe rallentare in maniera sensibile la sua corsa ai premium wine), sono soprattutto le nuove generazioni, i cosiddetti “Millenials”, sempre più protagonisti nel mondo dei consumi Usa. Se i “Baby Boomers” sono stati fondamentali nella nascita di una solida cultura enoica, in un Paese in cui i consumi alcolici, storicamente, sono sempre stati guidati da birra e spirits, è grazie ai “Millenials” che i premium wine sono diventati protagonisti di questi ultimi anni: un dato su tutti ci dice che il 55% degli “high-end wine drinkers” (i consumatori che comprano il 40% delle bottiglie vendute tra i 10 ed i 20 dollari, ed il 90% di quelle sopra i 20 dollari) appartiene proprio alla generazione dei “Millenials”.
Il fatto che il mercato dei “Premium Wine” sia in ascesa, però, non deve lasciar pensare che sia semplice da conquistare. Innanzitutto, come racconta il successo del Prosecco in Gran Bretagna (dove allo scaffale supera spesso e volentieri le 10 sterline, ndr), ci vuole un brand forte, una storia da raccontare, ma anche numeri e presenza sufficienti a conquistare il proprio spazio. Specie perché il canale di vendita principale, ad oggi, è ancora quello dei grocery store (negozi di alimentari, e più in generale punti vendita slegati dalla gdo, che puntano su prodotti di qualità), cui si accede attraverso importatori e distributori che, senza grandi numeri ed una certa solidità aziendale, sono difficili da avvicinare. Come succede spesso, la risposta arriva dalle infinite possibilità del web: è qui, secondo “Rabobank”, che gli spazi si allargano, le differenze si azzerano, e anche le aziende più giovani, ma che decidono di puntare su produzioni di alta qualità, possono crearsi prima di tutto nuovi canali promozionali, quindi nuove strade commerciali, attraverso un’altra rivoluzione di enorme portata per il futuro del vino, l’e-commerce. Che, per il mondo di Bacco, è un’alternativa tutta da esplorare, anche se i maggiori player stanno già prendendo il sopravvento, da Amazon a Vente-Privée.

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