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Mangiare e bere? Non basta più: devono avere continui rimandi ad altro per essere accattivanti (specie in vista di Expo). Dal “country branding” al cinema se n’è parlato al Seminario a Cinecittà del Master Comunicazione e Media Università Tor Vergata

Italia
Incontro tra arti a CaffèCinecittà: Teatro 5 Cinecittà, Chardonnay dedicato a mitico teatro di posa di Federico Fellini

Mangiare e bere? Non basta più: le due azioni devono avere continui rimandi ad altro per essere accattivanti. Specie in vista dell’Expo2015. Dal “country branding” alla sostenibilità, dall’attenzione ai territori al packaging, dal “marketing liquido”, dall’audiovisivo al racconto per immagini come avviene nel grande cinema, dal web marketing fino all’enogastronomia di genere e all’“orgasmo visivo”, di “La buona tavola, il buon bere e l’incontro con le Arti” si è parlato nella due giorni dell’edizione n. 3 di “Food, Wine &Co. L’enogastronomia e le Arti”, il seminario che fa parte del Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media della Facoltà di Economia di Tor Vergata, ideato dalla professoressa Simonetta Pattuglia e dalla giornalista enogastronomica Paola Cambria. Location ad hoc per le tematiche è stata Cinecittà Studios, dove il fil rouge degli interventi è stata la contaminazione tra i settori e l’importanza dell’evocazione.
Tra questi, Beniamino Quintieri, professore di Economia Internazionale a Tor Vergata, ha portato la sua esperienza di presidente del Padiglione Italia a Shangai 2010, raccontando come il concetto di “country branding” sia stato centrale in quell’esperienza: “sarebbe stupido aspettarsi la stessa affluenza in occasione dell’Expo 2015 a Milano - spiega Quintieri - nessun posto al mondo può vantare i numeri che ha la Cina. Il successo dell’Italia invece è replicabile e sono sicuro che sarà così. Al momento sono già stati venduti sei milioni di biglietti e il maggiore interesse arriva proprio dal Far Est”. Gli ha fatto eco Eugenio Guarducci, presidente Eurochocolate, intervenuto in qualità di Advisor del cluster “Cacao e cioccolato per Expo 2015”: “sono iper- ottimista, anche per il taglio dato all’evento. Per la prima volta in un’Esposizione universale, i Paesi sono riuniti per aeree tematiche e filiere alimentari e saranno tantissimi i protocolli d’intesa per mettere in relazioni tante esperienze. Il cioccolato in Italia sarà rappresentato da tre macro aree: il Piemonte con la sua gianduia, Perugia e i suoi baci e Modica con il suo cioccolato omonimo, ma tutti i maestri cioccolatieri che vorranno spiegare il proprio lavoro, avranno un proscenio”. In merito ai grandi brand, anche Coca Cola ha spiegato la sua presenza all’evento milanese con Vittorio Cino, direttore Comunicazionee Public Affairs del colosso di Atlanta: “abbiamo deciso di avere un padiglione tutto nostro e siamo l’unica multinazionale ad averlo. La scelta è dipesa dal fatto che non vogliamo essere riconoscibili come un’azienda americana , bensì globale. Inoltre porteremo i temi che riguardano la nostra campagna promozionale che durerà fino al 2020 e i concetti sono quelli di localness, energy balance e sustainability. Anche per Coca Cola le questioni legati alla sostenibilità , alla salute e all’attenzione dei territori sono sempre più centrali. Solo per fare un esempio, il 20% del succo di arancia che utilizziamo arriva dalla Sicilia”. Rimanendo sul beverage, la parola è passata a Lamberto Vallarino Gancia, in qualità di membro della segreteria generale della Sezione Vini Expo 2015: “non solo sono certo che l’Esposizione universale andrà benissimo, ma sarà un volano concreto per far ripartire il Paese. Ho in testa l’esperienza delle Olimpiadi del 2006 nella mia Torino che, dopo quell’esperienza, è cambiata radicalmente. Sbaglia chi pensa che sarà solo una vetrina per grandi marchi. L’impegno di tutti è portare il sistema Italia con le sue eccellenze sotto lo sguardo del mondo. Chiaro che dipende anche dalla forza di investimento delle aziende, ma il padiglione vino si è impegnato a portare mille referenze da tutta Italia”.
Il focus sui territori e su prodotti di eccellenza di riferimento, ha visto esperienze positive di case history. Come il caso dell’acqua Filette, esposto da Barbara Papa, brand manager del marchio: “quello del mercato dell’acqua in Italia è fintamente competitivo perché detta legge il monopolio delle grandi case. Abbiamo così puntato su un’acqua gourmand, buona perché ha pochissimi residui ed è scelta solo dal canale Horeca, anche per il packaging che ricorda la bottiglia bordolese. Anche il canale di distribuzione è innovativo: la Filette viene raccontata e non venduta come una commodity, come se ad occuparsene fossero dei sommelier”. Barbara Guerra invece è l’ideatrice di un format gastronomico di grande successo, Le Strade della Mozzarella, una tre giorni che si tiene a Paestum nel mese di maggio, durante i quali giornalisti, chef e appassionati approfondiscono l’intero mondo della Mozzarella di Bufala Dop: “le ricadute per il territorio sono state importanti quasi da subito - racconta Guerra - a cominciare dai ristoranti sempre pieni in quei giorni, così gli alberghi. Ma soprattutto un sito patrimonio Unesco come Paestum diventa scenario perfetto del racconto di un territorio, di quello che io chiamo “marketing liquido”, dove tutto ciò che ha un valore si compenetra. La nostra è un’iniziativa del tutto privata: abbiamo scelto in questi sette anni di non avere alcun finanziamento pubblico, per non subire rallentamenti e compromessi nel nostro lavoro”.
La seconda giornata del seminario ha puntato molto sull’importanza dell’audiovisivo e del racconto per immagini, oltre che per parole, del cibo e del vino. Giuseppe Basso, amministratore delegato di Cinecittà Studios ha così spiegato la nascita del Caffè Cinecittà, un luogo di ristorazione e concept store che verrà poi sviluppato anche in altre città. Il duo Giovanni Licheri e Alida Cappellini sono architetti e scenografi per il cinema e la tv. A loro tocca la riflessione sull’importanza della tavola negli allestimenti scenici: “è un personaggio a tutti gli effetti, soprattutto nel cinema. Lavoriamo insieme allo sceneggiatore perché la scelta dei cibi può svelare il carattere dei personaggi, il modo in cui mangiano o il modo in cui non consumano cibo e vino, possono sottintendere la psicologia del cast”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Marco Lombardi, critico cinematografico e ed enogastronomico, così convinto del binomio tra cinema e cibo, da inventare il sostantivo Cinegustologia, ovvero il gioco “del se fosse” applicato ai vini e ai cibi in rapporto alle sequenze più famose della settima arte, quelle che in italiano si chiamano sinestesie. Passando alla pratica, ottimo esempio di quanto fin’ora detto, è il Wimu, il museo del vino a Barolo presentato da Filippo Ghisi, della Barolo &castels foundation: “non è uno spazio espositivo, né c’è una galleria di pezzi, piuttosto raccontiamo il vino dal suo nascere con tutta la forza evocativa che si porta dietro. Non a caso è stato creato da uno scenografo e non da un architetto, perché punta moltissimo sull’impatto emotivo del racconto”.
Il racconto scritto dell’enogastronomia è toccato a Stefania Aphael Barzini, scrittrice e blogger che da anni segue il settore sotto un’ottica femminile: “per ricerca e studi che porto avanti da anni sono sempre più convinta che esista un’enogastronomia di genere. L’approccio delle donne è più naturale, più diretto, a fronte di quello maschile che ha quasi sempre una matrice più intellettualistica. Vorrei ricordare un libro che vende ancora tantissimo, “Il talismano della felicità” di Ada Boni: per la prima volta una scrittrice ha parlato del cucinare come fonte di felicità e gioia e non più come dovere femminile. Oggi invece assistiamo a un “orgasmo visivo” del settore che ha sottratto tempi all’approfondimento”. La chiusura tocca a chi si occupa di uso delle immagini nel web marketing e come questo è utile a promuovere i brand. Chiara Ercini, social media manager di Angelini ha sottolineato che il successo del food sui social è dovuto alla matrice comune, ovvero la condivisione e la socialità. Non a caso il 67% delle immagini sui social ha a che fare con il cibo e il vino e sempre più spesso si evidenzia il momento e il luogo del consumo, più che il prodotto in sé, in una chiave di storyfoodtelling. Tra gli hastag più utilizzati per avere successo su Instagram troviamo #food, #yummy, #foodporn, #instafood. Due ex studentesse siciliane del Master, Gaia Barcellona e Valentina Guerrera, si sono cimentate con il mondo delle app. A giugno scorso è nato Agromobile, sito e applicazione dedicati all’incoming turistico in Sicilia. L’offerta è strutturata su itinerari enogastronomici che attraversano territori specifici ed è suddivisa in tre aree: terra, mare e vino. Non è un pacchetto di luoghi propinati asetticamente, ma piuttosto una trama narrativa costruita sul marketing territoriale. Entro il prossimo giugno partirà la sezione e-commerce per la vendita dei tour e dei prodotti siciliani. A seminario concluso, il buffet del Caffè Cinecittà ha riservato una sorpresa: una bottiglia di Teatro 5 Cinecittà, uno Chardonnay Igt Lazio dedicato al mitico teatro di posa usato da Federico Fellini.
Francesca Ciancio

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