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“Sant’Agostino diceva: non si può amare ciò che non si conosce. Dobbiamo partire da qui per un progetto di sostenibilità che funzioni: quando il viticoltore conoscerà ciò che ha, lo amerà davvero”. Parola, dal Merano WineFestival, di Attilio Scienza

Italia
Attilio Scienza al Merano WineFestival

“Sant’Agostino diceva: non si può amare ciò che non si conosce. Ecco, dobbiamo partire da qui per far sì che nasca un progetto di sostenibilità che funzioni: quando il viticoltore conoscerà ciò che ha sotto i piedi lo amerà davvero, e lo difenderà, altrimenti, non funzionerà mai”. Parola del Professor Attilio Scienza, protagonista del workshop “Quale modello di sostenibilità per essere efficienti sul mercato?”, nel “WineWorld Economic Forum”, di scena al “Merano WineFestival” (fino al 10 novembre a Merano, www.meranowinefestival.com). “Siamo di fronte a tantissimi progetti di sostenibilità, molti dei quali solamente in pectore, che vivacchiano senza realizzarsi mai: il “Forum per la sostenibilità del Vino” - spiega il Professor Scienza aWineNews - ha proprio l’obiettivo di offrire un paradigma interpretativo, una piattaforma, per arrivare alla formazione di un protocollo di indicatori comuni a tutti, che ognuno poi può realizzare come meglio crede”.

“Il problema nostro, in questo momento, è però quello di fare alcune considerazioni, di carattere psicologico e filosofico. La prima - racconta il professor Scienza - è che dobbiamo smetterla di pensare che il viticultore sia un bicchiere da riempire, dal quale andare con la presunzione di dirgli cosa può e cosa non può o deve fare: non può funzionare. Faccio tre esempi, presi dalla psicanalisi, che raccontano bene il percorso degli ultimi anni fatto dai diversi progetti sulla sostenibilità: quello del complesso di Edipo, del complesso di Telemaco e del Complesso di Narciso. Siamo nella fase in cui stiamo cercando di superare il complesso di Edipo, e quindi di una contrapposizione, in cui Edipo è la tradizione, il passato: il rapporto con il padre va visto come il rapporto con le norme, di cui vuole liberarsi. Un approccio del genere, ovviamente, provoca un certo manicheismo, che divide in maniera netta tra buoni e cattivi: siamo ancora al punto in cui stiamo combattendo tra i buoni, ossia i viticultori che scelgono il biologico, o meglio ancora il biodinamico, che si sentono ispirati da Dio, e i cattivi, che in vigna usano i trattamenti delle multinazionali, che distruggono l’ecosistema. Senza pensare - continua Scienza - che la vite non è una pianta di pomodoro, dà molti più problemi, viene attaccata ogni anno da malattie nuove, e ne abbiamo avuto una prova giusto quest’anno: non si può pensare di non affrontare le malattie, c’è gente che ha perso il 50% della produzione, aspettando che qualche Santo in cielo lo aiutasse”.

“Stiamo così andando verso il complesso di Narciso, nel quale, in un rapporto non più verticale ma orizzontale, la persona vede il mondo attraverso se stesso. Tutti i progetti di sostenibilità nati negli anni, infatti, non si fanno la guerra, ognuno guarda dentro di sé, ognuno pensa di essere il progetto unico, il migliore, e nessuno pensa invece di confrontarsi reciprocamente per trovare una soluzione comune, in un principio di lotta darwiniana: vinca il migliore. Questa - precisa il Professore dell’Università di Milano - è la fase che viviamo adesso, in cui c’è una sorta di tregua competitiva tra progetti, ma non c’è la voglia di qualcuno di essere meglio dell’altro, richiamando una sorta di principio della relatività, un relativismo dei comportamenti”.
“Infine, c’è Telemaco, una persona che guarda al passato nel rispetto del padre, convivendo nel dolore con i Proci. Telemaco crede nell’aggregazione, nell’unione, crede nel lavorare insieme, perché una formica non è niente, ma in un formicaio è una brande potenza. Ma è il formicaio ad essere potente, la formica non è intelligente. Se noi sviluppiamo da un punto di vista pedagogico questo progetto dobbiamo concludere con quel dialogo bellissimo di Socrate con il suo allievo, nel “Simposio”, in cui l’allievo asserisce che il formatore è quello con il bicchiere pieno, che cerca di mettere il suo vino nel bicchiere dell’allievo, mentre secondo Socrate, al contrario, il compito del formatore è quello di creare nell’allievo il vuoto, perché solo il vuoto può essere riempito, e solo il vuoto è il fattore della curiosità. Ecco, noi dobbiamo non tanto dare dei messaggi ai viticoltori, ma creare in loro il vuoto, affinché possano essere curiosi di ciò che li circonda, scegliendo da soli cosa fare. Questo - conclude Scienza - è il messaggio da dare: la formazione, il livello culturale da migliorare nei viticultori deve portarli alla conoscenza delle dinamiche che riguardano la biodiversità, perché sanno ancora troppo poco, ed in maniera troppo superficiale”.

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