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Di color porpora, minerale, con sentori di frutta rossa come il lampone e di fiori come la viola, tannini presenti e vellutati. Ma anche “Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico, Responsabile”. “Sciur”, l’eno-progetto di Nino Negri in Valtellina

Di color porpora, minerale, con sentori di frutta rossa come il lampone e di fiori come la viola, tannini presenti e vellutati. Ma anche “Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico e Responsabile”. “Sciur” è il nome del nuovo vino della cantina Nino Negri, presentato a Milano nella biblioteca del PoliDesign alla Bovisa. Ma è anche l’acronimo di cinque concetti che rappresentano la seconda rivoluzione enologica che sta avvenendo in Valtellina.
Trenta anni fa la sfida dell’enologia valtellinese e italiana fu quella di realizzare vini in grado di competere con la qualità dei vini francesi e, in particolare, di cimentarsi con un forte cambiamento del gusto, dello stile e del concetto di qualità. La Valtellina, con la Nino Negri, oggi del Gruppo Italiano Vini (www.gruppoitalianovini.com), rispose con lo “Sforzato 5 Stelle”, un esempio di vino di alta qualità, in sintonia con lo stile dei grandi vini rossi del momento (Barolo, Amarone, Super Tuscan). Vinta la sfida di fare del vino valtellinese e italiano un prodotto di qualità, cosa che oggi si dà per scontata, la sfida del presente è quella della sostenibilità.
“La S di Sciur tra per sostenibilità - ha spiegato Casimiro Maule, direttore ed enologo di Nino Negri - non abbiamo semplicemente prodotto un vino, ma ci stiamo impegnando per salvaguardarne e valorizzarne il territorio, l’ambiente, la cultura e la storia”. E’ in un viaggio in Trentino, per un premio-riconoscimento a Maule, con Giacomo Mojoli, che nasce l’idea di un vino “innovativo” da realizzare in Valtellina. Un vino capace di anticipare e di valorizzare i primi segnali che, sul tema della sostenibilità globale, cominciano a farsi strada anche nel mondo del vino. Il progetto non nasce perché “il mercato lo richiede”, ma perché, anche per il cosiddetto business, in particolare quello del futuro, vorrebbe essere un esempio virtuoso, una testimonianza pragmatica di come nel “mondo del vino” le cose stiano cambiando, e, soprattutto, cambieranno sempre di più nel tempo, sia nella domanda che nell’offerta.
“Lo scopo del progetto non era di realizzare un vino buono (cosa scontata), ma una metodologia per dimostrare come dovrebbe muoversi la viticultura nei prossimi 20 anni - dice Giacomo Mojoli, tra i fondatori di Slow Food e visiting professor al Politecnico di Milano - oggi la sfida è quella di produrre un vino con un processo produttivo sostenibile, un vino buono da bere, ma anche buono da pensare”. Oltre a un approfondito lavoro di squadra tra l’ambito agronomico e quello tecnico di cantina, la nascita di Sciur ha coinvolto giovani designer, docenti universitari del Politecnico di Milano e della Scuola del Design, studenti del Master di Design Internazionale del PoliDesign, ragazzi dell’Istituto Professionale di Sondrio, manager, esperti di marketing e della comunicazione. “Sciur è il frutto di un gioco di squadra - ha detto Casimiro Maure - che ha coinvolto tutti in azienda. C’è stata la massima attenzione al territorio, ma anche alle persone”.
Per Giulio Ceppi, docente al Master Strategic Design Politecnico di Milano, è fondamentale “raccontare quello che succede prima e quello che succederà dopo. Non conta soltanto il bello, ma anche quello che è successo prima: da dove vengono le materie prime, se le persone che hanno lavorato erano contente. E’ una strategia di cultura e di sviluppo. Inoltre, si deve pensare anche a quello che dovrà succedere tra 6 mesi, 6 anni”.
Pensare al futuro. Qui l’importanza dei muri a secco, il “tesoro” della Valtellina da preservare e da recuperare, perché daranno da lavorare per centinaia di anni. “Per la prima volta finalmente facciamo un progetto dove costruiremo un muro e non ci chiederanno di buttarlo giù”, hanno commentato gli studenti.
Poi la sostenibilità concreta. Il che si traduce in una gestione agronomica del vigneto senza uso di diserbanti, con solo concimi naturali e uso di sovesci, scelte ponderate degli antiparassitari, la potatura soffice, la decisa riduzione di solfiti nel vino, la gestione delle risorse idriche e energetiche dei rifiuti, l’Eco-packaging (bottiglia alleggerita, eliminazione delle etichette, capsula/tappo/cartone riciclabili). Bevendo Sciur sfoglierete un libro che parla della sostenibilità, delle persone e del territorio.
Fausta Chiesa

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