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Vino, la lezione di Carlo Petrini ai produttori: “a voi il compito di rappresentate l’Italia nel mondo. Ma a chi vi giudica dite: prendetela bassa, non potete sapere tutto. E dialogate con resto dell’agricoltura. Ricordate il vostro dna contadino”

Italia
Carlo Petrini

“Al mondo del vino è affidato il compito di rappresentare l’Italia nel mondo, “prendendola bassa”, e facendo più squadra con l’agricoltura, con il mondo contadino, senza pensare solo al mercato, ma alla prospettiva di un intero Paese, guardando anche oltre confine. “Anche perché i viticoltori sono gli unici, in questo momento storico, a rappresentare un’agricoltura che soffre meno, ma devono scendere dal piedistallo, imparare ad essere co-produttori, dialogare, perché così si rafforza la cultura”. Ecco il pensiero di Carlin Petrini, lanciato ai produttori per la guida “Slow Wine” 2015. Ai quali ha detto: “ricordate il vostro dna da contadini”.

Petrini ha invitato i produttori a prendere in mano il timone del mondo del vino, anche nei confronti di critici, giornalisti ed “esperti” a vario titolo: “tanti arrivano in cantina, annusano il bicchiere, spesso senza ne arte e ne parte, e vengono ad insegnarvi, sparano sentenze … Con amore, ma dite loro: pigliala bassa - scherza Carlìn - nessuno è in grado di capire tutto”.

Altro punto fondamentale, per il fondatore di Slow Food, è che il vino deve fare più squadra con tutta l’agricoltura italiana: “è fondamentale la coesione di tutto il mondo dell’agricoltura: siamone tutti una componente del Paese; è il comparto più importante del nostro Paese. La Fiat è partita, rendiamocene conto. I contadini no, rimangono nei campi. Sono tutti qua, e pagano le tasse. La politica dorme. Se non prendiamo coscienza del fare squadra non riusciremo più ad uscire da questa situazione allucinante. Mai come oggi si parla di cibo, ma l’agricoltura è in ginocchio; smanettiamno sul computer, ma la società arriva dalla campagna. Ricordiamocelo!”.

“Non fate solo marketing - incalza Petrini - ogni tanto tornate in vigna a lavorare. Narrate con orgoglio il vostro territorio, che vi ospita. Fuori dall’Italia, siamo amati per cucina, vini e donne, queste ultime la vera forza del nostro Paese: a loro si deve se la forza della cucina italiana, ai milioni di donne che hanno fatto la gastronomia, spesso senza un grazie, dalle mamme e alle nonne. In cucina c’era prima la donna, poi va bene anche la moda di oggi degli chef. Ma c’era la sapienza, come quella che stava in una bella pasta e fagioli che non si trova più: è un monumento, invece! Torniamo all’essenza e alla coesione sociale. Sostenete l’agricoltura tutta, voi viticoltori”, chiede ai produttori.

“Le avventure del nostro movimento in questi 25 anni - aggiunge Petrini - sono state utili anche a voi. Ora dovete contraccambiare: sostenete gli “Orti in Africa”, perché l’agricoltura intensiva non è il perno del mondo, che sta, invece, nell’agricoltura famigliare. Coltivare e custodire la terra è il nostro obiettivo futuro. L’amicizia si mantiene se … un paniere va e uno viene, con la reciprocità: quella reciprocità che era nei rapporti di vicinato nella campagne, nella cultura contadina”.

Petrini torna poi a concentrarsi sul vino: “non dovete venderlo vino in virtù della sua perfezione stilistica, dovete vendere il vino in virtù della sua storia, e della storia di questo Paese, fatta di città, di paesaggio, di storia, di arte, di artigianato ... Io preferisco un vino imperfetto, ma che sia “figlio della terra”, magari sbilenco, ma intelligente, espressione della civiltà contadina. Non spacchiamo il capello in quattro negli assaggi …”.

“Non si è mai tanto parlato di cucina come adesso. Eppure, le carote si continuano a vendere a sette centesimi al chilo, il latte a 30 centesimi. A soffrire rimangono sempre i contadini, sempre e solo loro. Succedeva in passato, quando venivano mandati in guerra o erano costretti a emigrare e a morire in mare … e succede oggi. I viticoltori sono gli unici, in questo momento storico - dice Petrini - a rappresentare quell’agricoltura che soffre meno. Ma scendete dal piedistallo. Dovete imparare ad essere co-produttori, imparate a dialogare, a confrontarvi da pari, perché nel dialogo si rafforza la cultura. Ricordate il vostro dna da contadini. Ricordate che è vostro il dovere di fare rete, di sostenere coloro che lavorano la terra e la curano. Ricordate che siete tutti sulla stessa barca, con pescatori, agricoltori, artigiani, ristoratori”.

La chiusura con una battuta: “meno male che c’è un Papa come Francesco, sensibile ai temi della civiltà contadina, dell’accesso al cibo, della fame …”.

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