02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Salone del Gusto - “Sei proposte, a costo zero, per il Governo, per riportare i giovani all’agricoltura e farli diventare artefici dell’uscita da crisi e cambiamento”: così Carlo Petrini. Focus: il Ministro Martina e le quattro sfide dell’agricoltura

Italia
Il Ministro Martina e il Fondatore di Slow Food Petrini

“Petrini, Petrini, Petrini: basta, queste lodi fanno bene al mio ego, ma non è corretto concentrare un evento come il Salone del Gusto e Terra Madre intorno alla mia figura; ci sono migliaia di persone arrivano dal pianeta perché sono convinte che qui si discute del futuro della loro vita. Molti hanno preparato viaggio, prodotti, comunità: non si costruisce una cosa del genere solo con pubblicità e propaganda. Nell’ultimo anno tutti nel mondo mi dicevano “ci vediamo a Torino”, che è diventato un punto di riferimento”. Così Carlin Petrini, fondatore e presidente dei Slow Food, nell’apertura del Salone del Gusto (Lingotto Fiere, 23-27 ottobre, Torino, con Terra Madre).

“In tanti anni abbiamo visto cambiare il focus del mondo sull’alimentare italiano - ha aggiunto - che prima era su Cibus, che mostrava la potenza di un’industria alimentare prepotente. Ma che è cambiata, anche grazie a noi, e ora le nostre industrie del cibo possono andare nel mondo senza paura di fare brutte figure sul fronte etico, ne hanno guadagnano di prestigio. Con Slow Food, Salone e Terra Madre è cambiato tutto: basta pensare allo spazio del cibo in tv, al fatto che non c’è Comune che non sia orgoglioso di una cipolla, di un peperoncino, di un prodotto che è simbolo di identità, diventa mito. E non si costruisce nessuna forza senza il mito; e il mito, a volte, è anche un prodotto semplice in cui comunità intere vedono il lavoro dei loro padri, il valore di un territorio, e creano il mito che dà forza all’economia”.

“Ha fatto bene il Salone del Gusto a trasformarsi, dal 1996, in modo internazionale: senza essere sciovinisti, accogliendo e mostrando tutte le comunità del cibo del pianeta - ha aggiunto Petrini - abbiamo portato il mondo a Torino. E io vorrei che Expo2015 a Milano fosse un po’ anche questo: se “se la canta e se la suona” sulla potenza dell’Italia, non va bene. Serve più umiltà: l’Italia accolga il mondo, e non per i suoi prodotti, ma per i sui contenuti, perché o questa Expo, nei pochi mesi che mancano, si costruisce una vera anima che ancora non ha, o altrimenti avremmo sì i capannoni a posto, ma non riusciremo a passare alla storia.

Io sono italiano, voglio che il mio Paese faccia bella figura, ma non perché si dica che siamo bravi nell’accoglienza: voglio che mio Paese abbia la lungimiranza di pensare a quello che è un’Expo, ovvero una riflessione politica, in questo caso, sui temi della biodiversità, dello scambio tra popoli, della fame, della dignità da restituire al mondo contadino, dei problemi dei cittadini che soffrono per malnutrizione e ipernutrizione, per un mondo che spreca cibo come non mai. Se Expo2015 sarà l’agorà dove si discute di tutto questo, bene. Altrimenti sarà solo una bella fiera, e poi tutti a casa”.

“Due cose distinguono questo momento storico. La prima la vediamo qui a Terra Madre, con i nuovi contadini italiani. Molti dei quali non sono italiani, perché quando si parla di made in Italy, dobbiamo pensare che senza 10.000 macedoni competenti, integrati e rispettati nelle Langhe, non avremmo il Barolo. Ormai fanno parte di questa nostra Italia, come le migliaia di famiglie indiane che mungono le vacche per produrre il Parmigiano Reggiano, cosa che gli italiani non fanno, o come i magrebini e i polacchi che stanno nelle malghe in Val d’Aosta a produrre la Fontina.

E poi la scommessa dei giovani di tornare alla terra: mentre il nostro Governo è in ambasce, senza risorse, vorrei che fosse cosciente che operare per questo obiettivo è una delle cose che costa meno in assoluto, anzi pochissimo, e quindi voglio consegnare al Ministro Martina, affinché, le porti anche al nostro Premier Renzi, “sei idee a costo zero”, che realizzate faranno il cambiamento, faranno tornare i giovani alla terra. Che poi è una battaglia già vinta: basta pensare alle nostre origine. Nel 1950, il 50% degli italiani erano agricoltori. Tutti in famiglia ne abbiamo avuto almeno uno, veniamo tutti da lì. Oggi gli agricoltori sono meno del 3%, e di questi più della metà ha più di 60 anni. Ma noi non mangeremo computer e informazione, ma carote, patate, melanzane ... É sicuro che i giovani torneranno alla terra, ma il Governo deve aiutarli. Ed ecco le sei idee:
1 - Fate la legge per difendere il suolo agricolo, fermiamo la cementificazione, si concepisca un’altra idea di sviluppo. Senza suolo agricolo pagheremo, e stiamo già pagando, il dazio di un dissesto idrogeolocico pazzesco, perché senza contadini che puliscono fossi, rivi, boschi, non c’è grande opera che tenga.

2 - Banche, aprite linee di credito “slow money”, agevolate nei tempi e nei tassi, per i giovani contadini. State certi, non perderete un centesimo, i contadini hanno un’etica, vi ridaranno tutto. Non fate speculazioni, ma prestate denaro perché possano costruire aziende che danno reddito, nel tempo che ci vuole, il tempo dell’agricoltura: anche i banchieri devono imparare che chi fa una nuova vigna per 3 anni non fa vendemmia.

3 - Rafforzate le tecnologie, perché i contadini di oggi non sono quelli di un tempo. Oggi i giovani contadini voglio fare il bio, sono attivi, usano le tecnologie, comunicano, questa è nuova generazione, che deve avere banda larga, opportunità per comunicare, e per uscire dalla soggezione di essere di gente che non conta. Diamogli gli strumenti per accorciare la filiera.

4 - Puntiamo sulla formazione, si aprano le Università: basta con atenei che non capiscano quanto è importante formare un fornaio, un panettiere, un salumiere, un affinatore di formaggi competenti e acculturati. Che poi guadagnano anche bene, e con sapienza produrranno anche prodotto più sani, magari un poco più costosi. Ma quello che spenderemo di più per mangiare meglio, poi lo risparmieremo in farmacia.

5 - La macchina dello Stato è “slow”, ma troppo: meno burocrazia, meno burocrazia, meno burocrazia. I nostri contadini, i viticoltori, i panettieri, passano più tempo sulle carte che a lavorare. Siamo fuori di testa? È una riforma che costa niente, ma dà un valore aggiunto alla produzione incredibile, più tempo per la creatività, per raccontare come lavora un artigiano.

6 - Puntiamo sul buon gusto italiano e sul piccolo artigianato, sulla distintività dei nostri borghi e territori, che già ci premia.

Contadini e artigiani sanno come si fa tutto questo. Basta ascoltarli”, conclude il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini.


Focus - Il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina: “Reddito & lavoro, organizzazione, distintività e ricambio generazionale: le quattro sfide dell’agricoltura”

“Dicendo che agricoltura e agroalimentare sono uno dei pochi settori con segni positivo - ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina - non mi nascondo che ci sono difficoltà per l’agricoltura di Italia ed Europa. Dire che ci sono punti di forza non vuol dire che tutto va bene, se uno pensa al blocco russo, a dinamiche che sono opportunità ma anche rischi, come gli accordi commerciali in ballo. Noi dobbiamo guardare in faccia quattro sfide fondamentali.

La prima è quella di reddito e lavoro: non c’è prospettiva che può rafforzarsi e crescere se non pensiamo a questo nell’impresa agricola italiana, che è medio piccola, familiare, dove non è semplice garantire reddito ed economia. Poi c’è quella organizzativa: essere consapevoli di avere un tessuto fatto di piccole imprese è fondamentale, ma non porsi il tema di un’innovazione su questo versante sarebbe miope. Ancora, c’è il tema della distintività, che ha dentro consapevolezza del patrimonio di biodiversità che abbiamo in Italia, Paese n. 1 al mondo in questo senso.

Non dobbiamo cedere all’omologazione, e riconoscere in questo elemento una scelta anche economica e sociale. Pensate al tema Ogm: dire sì o no non può essere solo un considerazione di carattere tecnologico, ma è una scelta economica e sociale. La distintività non è un’operazione di resistenza, ma un’azione di prospettiva. E poi c’è la sfida generazionale, la grande questione dei giovani in agricoltura: abbiamo solo il 5% di under 35, non possiamo accontentarci. Non possiamo costruire prospettive se non abbiamo le nuove generazioni in campo. Ma non bastano imprese da sole o istituzioni da sole, serve un movimento collettivo, di società civile, partendo dalle esperienze eccellenti che abbiamo.
Sono sfide alla nostra portata, si può costruire un paradigma nuovo. Momenti come questi - ha concluso il Ministro Martina dal Salone del Gusto - sono essenziali per raccontare questa sfida ad un pubblico che va oltre gli addetti ai lavori”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli