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A Pompei come da millenni si vendemmia negli Scavi il vino degli “antichi romani”, il “Villa dei Misteri” prodotto da Mastroberardino, “emozione” destinata all’alta ristorazione nel mondo e a cultori (a 100 euro con 5% di royalty alla Soprintendenza)

Piedirosso 40%, Sciascinoso 20% e, dal 2011, anche una “correzione” di Aglianico 40%. La vendemmia nei vitigni degli Scavi di Pompei ha regalato, il 22 ottobre, un’emozione ai visitatori che hanno potuto assistere al taglio dei grappoli che, per il quindicesimo anno, produrranno il vino “Villa dei Misteri”. Un prodotto con il marchio Mastroberardino, destinato all’alta ristorazione nel mondo: Usa, Giappone, Cina e, ovviamente, Italia. Un’“emozione” venduta a prezzi ragguardevoli: 60 euro dal produttore al ristoratore che raggiunge e supera i 100 euro al tavolo. Le royalty assicurate alla Soprintendenza sono pari al 5%, oltre al fitto di 6.000 euro per la coltivazione di un ettaro e mezzo di terreni che circondano il Foro Boario, il Triclinio estivo, la Domus della Nave Europa e la Caupona del Gladiatore. Ma incantarsi davanti a un bicchiere del rosso degli antichi pompeiani non ha prezzo. E le prime bottiglie, quelle della raccolta del 2001, per i collezionisti hanno un valore inestimabile.

Le aree interessate ad oggi comprendono tutti i vigneti delle Regiones I e II dell’antica Pompei, ripartiti su 15 appezzamenti di diversa estensione e per una resa potenziale di circa 30 quintali d’uva. “L’unicità di questa coltivazione - ha spiegato Piero Mastroberardino, ordinario dell’Università Federico II di Napoli - è la tecnica antica utilizzata nella viticoltura, che ricalca quella di duemila anni fa, riprodotta sulla base dei calchi delle radici dei vigneti”. L’impianto è effettuato alla distanza di 4 piedi romani per 4 piedi romani: cioè di 1,20 metri per 1,20 metri.
Il successo della coltivazione dei vigneti negli Scavi di Pompei ha indotto vari siti archeologici in Campania e fuori Regione a chiedere alla Soprintendenza e a Mastroberardino di replicare l’esperimento altrove. “Per il momento è impossibile - spiega Mastroberardino - per esempio, ad Oplonti, la coltre di materiale vulcanico ha coperto tutto e dove i giardini potevano presentare colture del genere, oggi è tutto sepolto da strutture abitate”.

Tutto ciò rende unica la vendemmia negli Scavi di Pompei che ha talmente appassionato il soprintendente Massimo Osanna da proporre l’istituzione di una “Borsa di studio” per un dottorato che approfondisca ulteriormente questi studi. Il vino “Villa dei Misteri”, hanno spiegato Osanna e Mastroberardino, “rappresenta soprattutto un modo per raccontare e far conoscere Pompei con la sua cultura e la sua tradizione antica e quale elemento di valorizzazione e al tempo stesso di difesa del territorio, del paesaggio e dell’ambiente”. Gli studi che ha richiesto e che richiede passano anche per il Laboratorio di ricerche applicate presente negli Scavi e coordinato da Ernesto De Carolis che, in occasione della vendemmia, ha aperto le porte del misterioso luogo in cui sono conservati semi di legumi e di piante officinali, crani e conchiglie ritrovate durante gli scavi. La nuova frontiera è lo studio dei tessuti le cui trame sono ancora visibili ingrandendo i calchi dei corpi inceneriti dall’esplosione del Vesuvio nel 79 d.C..

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