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“È una piccola molecola che influenza il cervello quando beviamo vino. Che accompagna gli uomini da 7.000 anni”. Così DeSalle e Tattersal (American Museum of Natural History New York), autori de “Il tempo in una bottiglia - Storia Naturale del Vino”

Italia
DeSalle e Tattersal dell’American Museum of Natural History di New York, al centro, con Fino, docente Università di Pollenzo, e l’agronomo Gily

Cosa accade nel cervello umano quando si assaggia il vino? Se lo sono chiesti Rob DeSalle e Ian Tattersal, dell’American Museum of Natural History di New York, uno dei più importanti al mondo. Nasce così “Il tempo in una bottiglia - Storia Naturale del Vino”, il libro presentato all’Università di Scienza Gastronomiche di Pollenzo, edito da Codice Edizioni di Vittorio Bo (con il contributo del Gruppo Terra Moretti). E, tra un bicchiere e l’altro (“Abbiamo bevuto molto scrivendo” confessano) una scoperta, i due studiosi l’hanno fatta: “è una piccola molecola che ha la capacità di influenzare il nostro cervello: entra in azione quando beviamo e si va in quello stato di follia volontaria dovuto all’ebbrezza”, raccontano. “Gli uomini cominciarono a bere vino prima della civilizzazione: parliamo di 7.000 anni fa. Bevono il vino non solo gli uomini ma anche gli animali”. Un invito a riflettere arriva da Michele Antonio Fino, docente dell’Università di Pollenzo, che ha condotto l’incontro insieme al giornalista agronomo Maurizio Gily.
“La ricerca dell’alcol esiste da secoli per gli uomini e per gli animali - spiegano De Salle e Tattersal - nel libro raccontiamo l’amore che alcuni animali vertebrati avevano già nell’antichità per l’alcol: succhiavano il succo dei frutti in fermentazioni. Ancora oggi accade: esistono piccoli animali che bevono molto senza mai ubriacarsi. Ma esistono anche le scimmie urlatrici che cercano i frutti della palma in fermentazione. Sono stati messi dei radiocollari ad alcuni animali e si è scoperto che si ubriacano e si addormentano tenendosi con la coda sugli alberi”. E ancora: “Già nelle grotte, i disegni e i resti dell’uomo preistorico ci riportano al consumo del vino. Così è stato ritrovato vasellame che contiene vino e risale a 7.000 anni fa. Conclusioni? Il vino è sempre stato consumato”.
Per i due scienziati statunitensi, il terroir è espressione “del luogo da cui proviene il vino e quel luogo non è solo variabili fisiche ma anche tradizioni culturali. Conta il fattore umano nella produzione del vino, non solo il clima. Emilio Castelli produce nebbioli in California, ma sono esperienze completamente diverse dai vostri Barolo e Barbaresco”. Insomma, “abbiamo scritto non un libro sul vino, ma un libro sul rapporto tra vino e scienza. Siamo biologi evoluzionisti. Non parliamo di come degustare ma di quanto è importante il vino per la scienza. Raccontiamo il vino partendo dalla genealogia dei vitigni. Ci interessa non raccontare la degustazione, ma l’elaborazione celebrale di chi degusta il vino, cosa succede nel cervello di chi beve vino”.
Un capitolo del libro è dedicato alla Fillossera: “quando si arriva a un momento drastico non si deve escludere la scienza della genetica per conservare la tradizione”. Perché, come sostiene Rob DeSalle, “la tradizione è ciò che siamo stati, la tecnologia e le innovazioni ciò che saremo”. “L'Italia è un bacino straordinario di vini e di enologi”, aggiungono i due autori, e “la nostra ammirazione sconfinata per i vini italiani e chi li produce - scrivono nella prefazione - dovrebbe trasparire con una certa evidenza dai numerosi riferimenti nel libro. Anzi, se fossimo per caso costretti a bere i vini di un solo Paese - speriamo che non accada mai ... - con ogni probabilità sceglieremmo proprio l’Italia”.
“Il gruppo Terra Moretti, dalla sua costituzione - ha detto Francesca Moretti, ad dell’Area Vino - ha avuto come suo primo obiettivo quello di valorizzare e sviluppare l’identità dei nostri territori. Oggi quindi mi sento onorata di presentare questo libro che è per me, produttore, motivo di orgoglio poiché mi permette di guardare al mio lavoro con gli occhi di questi due scienziati di fama internazionale e di ritrovare in loro la stessa passione e curiosità, la stessa umiltà e rigore che sottendono ogni giorno il lavoro mio e dei miei collaboratori. Sia in Bellavista che a Petra abbiamo sempre vissuto come prioritaria la spinta alla ricerca sulla terra e sulla vigna, sviluppano ad esempio i primi studi di zonazione con il professor Attilio Scienza. Per chi come noi si occupa di vino è stato naturale quindi sentirci promotori di questo bellissimo libro che è sì una storia, ma è la nostra storia, la storia di tutti i produttori in Italia e nel mondo, la nostra vita.
Ritengo fondamentale oggi un ritorno all’approfondimento più ampio, curioso e scientifico sul vino, anche un po’ anticonformista, ma rigoroso e severo affinché si possa indagare la verità della terra e la sua più alta espressione nel vino.
Nostro compito di viticultori è, oggi ancor di più, quello di preservare ed esaltare la nostra grande tradizione vitivinicola nel segno della qualità, delle differenze, della biodiversità, caratteristiche che ogni giorno ci rendono straordinari ambasciatori di uno stile di vita unico al mondo e dal mondo ammirato e ricercato. Oggi la scienza ci permette una disamina di ampio spettro e particolare complessità che auspico ci possa dare la possibilità di comprendere e rendere dunque migliore il nostro lavoro e la nostra vita, in questo viaggio di ricerca costante della bellezza e dell’armonia”.
Fiammetta Mussio

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