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“Alla fine, la 2014 si rivelerà un’annata discreta dappertutto, ma senza vini irrinunciabili. Grandi cose, invece, mi aspetto dai vini del Sud Italia, i più stimolanti per ogni wine lover”. A WineNews, la Master of Wine Jancis Robinson

Italia
Jancis Robinson

Da Bordeaux alla Borgogna, dalla Champagne ai tanti terroir d’Italia, l’annata 2014 difficilmente resterà scolpita nella memoria dei wine lover. È un’opinione diffusa, dopo una raccolta piena di difficoltà, e condivisa anche dalla più autorevole delle Master of Wine, Jancis Robinson, che ai microfoni di WineNews racconta la “sua” vendemmia, con un occhio ai vini del Sud del Paese, forse i più interessanti in ottica futura.

“A Bordeaux - racconta Jancis Robinson - c’è qualche asperità, ma tutto dovrebbe sistemarsi: sulla riva destra, dovrebbe essere tutto apposto, così come in Borgogna, dove c’è una certa fiducia. E lo stesso vale per la California, anzi, a dirla tutta, sono molto contenti in gran parte delle regioni vitivinicole statunitensi. È troppo presto, invece, per dare pareri sulla Germania, dove stanno ancora raccogliendo, mentre in Champagne non è stato un gran periodo ma stanno facendo buon viso a cattivo gioco. In verità, credo che non ci siano dei “must”, cioè dei vini irrinunciabili, a cui non si può rinunciare, ma la cosa davvero meravigliosa sono i vini del Sud Italia: sono unici, hanno qualità molto peculiari, sia in termini del loro territorio di origine che della varietà di uva usata per farli, quindi direi che ogni bevitore curioso dovrebbe avere lo stimolo per imparare qualcosa dei vini del Sud Italia”.

Il successo dei vini del Sud, del resto, è il risultato di una crescita qualitativa costante, che ha portato le etichette top del Belpaese a ritagliarsi uno spazio sempre più importante nel mondo dei “fine wines” e delle aste enoiche. Un fenomeno che non lascia certo indifferente la Master of Wine inglese: “sono molto soddisfatta nel vedere alcuni vini italiani di pregio andare bene alle aste, ovviamente è un sottoinsieme molto piccolo di etichette, ma credo che sia un trend molto salutare, e il numero di fine wines italiani che verranno scambiati a quei livelli non farà che crescere, quindi non si tratterà più solo di un pugno di etichette dal Piemonte o dalla Toscana. Ad ogni modo, va detto che le quantità prodotte sono molto minori di quelle prodotte dai grossi chateaux di Bordeaux; quindi, credo che continuerà ad esserci un limite, e ancora non si sa quando e come Bordeaux tornerà alla ribalta, ma anche se non ho pregiudizi pro o contro quella regione, scommetterei sul fatto che tornerà grande: hanno bisogno del mercato, quindi alla fine ridurranno i loro prezzi fino a che non lo avranno di nuovo in mano”.

A livello di cultura e conoscenza del vino italiano, però, c’è ancora tanto lavoro da fare in giro per il mondo: “com’è naturale che sia, i consumatori vanno educati prima di tutto su una Regione, quindi si comincia a parlare di sottozone, e, infine, di produttori singoli, o vigneti singoli, è una progressione logica. Ma sarà una percentuale minima - conclude Jancis Robinson - di appassionati del vino, credo, a volere un tale livello di dettaglio”.

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