02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Venezia riscopre l’archeo-enologia: dopo il progetto Venissa sulle isole della Venezia Nativa firmato dalla famiglia Bisol, anche il Consorzio Doc Venezia investe nel progetto di un vigneto sperimentale a Torcello, con i vecchi vitigni della laguna

Italia
Vigna a Torcello, Venezia

Venezia e la sua Laguna, simboli dell’Italia nel mondo, sempre più laboratori a cielo aperto di archeo-enologia, quella “branca” della produzione enoica che mira a riscoprire il passato per reinterpretarlo, “per puntare sempre più sull’esperienza e sull’emozione che chi è appassionato di vino ricerca, attraverso il recupero e il racconto di storie uniche”, come ricorda il produttore Gianluca Bisol. Che, dopo il recupero dell’uva Dorona, “l’uva dei Dogi”, sull’isola di Mazzorbo Burano, e la creazione del vino “Venissa” in versione bianca, ora raddoppia con il “Venissa Rosso”, che rinasce ancora una volta su un’isola, dove un tempo sorgevano le popolate Costanziaca e Ammiana, da una vigna di quasi tre ettari, di oltre 40 anni, piantata dagli Armeni, coltivata a Carmenère allevato a Guyot, prodotto in sole 4.476 bottiglie da mezzo litro, 188 magnum, 88 jeroboam e 36 imperiali.

“È un vigneto piantato 40 anni fa dagli Armeni - spiega a WineNews Matteo Bisol, direttore di Venissa - che a Venezia hanno diversi possedimenti, affidati loro dalla Repubblica di Venezia dopo la fuga da Costantinopoli. Tra questi ci sono anche isole: la più famosa è San Lazzaro degli Armeni, e poi c’è questa piccola isola con vigneto i cui proprietari ci hanno chiesto di prendercene cura. A Venissa abbiamo piantato i vitigni, qui invece il vigneto era già maturo. Un’esperienza affascinante”.

Ma anche il Consorzio Doc Venezia ha investito in ricerca sulla viticoltura della Laguna, ed in particolare a Torcello, dove è stato piantato un vigneto sperimentale “con tutte le varietà di vite ritrovate nella laguna - spiega a WineNews il professor Attilio Scienza - che abbiamo censito e di cui abbiamo mappato il Dna, con sorprese interessanti”. Ma il progetto, dice ancora Scienza, che prevede la creazione di un vigneto nel giardino del Convento dei Carmelitani Scalzi di Venezia e la produzione di un vino dallo stile simile a quello che si faceva a Venezia nel 1600, è prima di tutto un progetto di recupero storico.

“Abbiamo ricostruito la storia del ruolo centrale di Venezia nel mercato del vino dal 1300 fino al 1700, che è un esempio virtuoso e utile che fa riflettere anche ai giorni nostri. Venezia fu tra le prime a capire che il vino andava venduto con il territorio, come fece con la Malvasia, che i veneti scoprirono nel mediterraneo orientale nella seconda crociata, e con la quale, nell’era della piccola glaciazione, conquistarono le tavole dei nobili di tutta Europa, puntando su questo vino dolce, medicamentoso e che si conservava bene, che veniva dal Mediterraneo. Ed è una storia affascinante perché poi, quando Venezia perde Creta, che nel frattempo era diventata il territorio più importante per la produzione di questo vino, spinge i suoi viticoltori a realizzare prodotti simili, dando il via alla diffusione delle tante malvasie, e anche vinsanti, che oggi abbiamo in Italia, e che sono tanto diverse tra loro”. La presentazione del libro che racconta tutto questo, e del progetto futuro, di scena il 10 ottobre a Torcello, a Venezia.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli