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Questo Pit non s’ha da fare ... “non guarda all’economicità agricola, vincola ad un paesaggio agrosilvolpastorale, considera il vigneto una criticità”. Così i Consorzi del vino toscano, mai così uniti, che oggi hanno incontrato la Regione Toscana

Italia
La Toscana del vino contro la Regione Toscana

In una scala negativa, primo, è un Piano che non guarda all’economicità delle imprese e del settore agricolo, per non parlare dell’occupazione che il vigneto mantiene ed accresce (150-200 ore per ettaro all’anno, su 50-60.000 ettari); secondo, si fonda sul vincolismo e il ritorno ad un’agricoltura “agrosilvopastorale”, come 50 anni fa, ma il cui assetto sociale, evidentemente, non esiste più; ma, soprattutto, considera i vigneti toscani, famosi in tutto il mondo, immagine stessa della Toscana, e che hanno rilanciato un’intera agricoltura, troppi ed una criticità, quando invece se solo si pensa alla Francia, dalla Champagne a Bordeaux, la monocoltura è la norma. Questo in sintesi, quello che proprio non va nel Piano di Indirizzo Territoriale adottato dalla Regione Toscana, dice Giovanni Busi, presidente del Consorzio del Vino Chianti, che, per primo, intervistato da WineNews, ha sollevato la questione nei giorni scorsi, e che con i Consorzi del Chianti Classico e del Brunello di Montalcino, si fa portavoce del mondo del vino toscano: 19 Consorzi, mai così uniti nella loro storia, firmatari delle Osservazioni al Pit presentate oggi alla Regione a Firenze, ultimo giorno utile per farlo, in un incontro con gli assessori all’Urbanistica Anna Marson e all’Agricoltura Gianni Salvadori, che lo ha richiesto, con il capo di gabinetto del presidente Enrico Rossi, Ledo Gori, per visionare le parti “stralciate” del piano (“monstre”, oltre 3.000 pagine e costato più di 1 milione di euro). Va detto - come ha ricordato anche lo stesso Busi - che anche senza Pit nessuno può pensare ad un’espansione senza regole del vigneto Toscana, visto che esistono già gli albi dei vigneti e il sistema dei diritti di impianto oggi, e delle autorizzazioni dal 2015.
Ma, forse, si farebbe prima a rifarlo proprio, perché, così com’è, “questo Pit, proprio non s’ha da fare”, dicono i Consorzi. “È come se considerasse la vigna una criticità - spiega Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Chianti Classico - dal punto di vista paesaggistico (senza considerare quanto è famosa, ed i milioni di persone che l’enoturismo muove), idrogeologico (per fare un vigneto ci vogliono 60-70.000 euro ad ettaro: siamo i primi a proteggerlo dai dissesti), e della diversificazione della biodiversità (grazie al vigneto, invece, conserviamo anche le altre colture toscane)”. Per contro, aggiunge Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, “non possiamo essere additati come “inquinatori” del paesaggio, in cui il vigneto non è la monocoltura dominante, ma rappresenta poco più del 2%, accanto a boschi, seminativi, oliveti e così via”. Quello stesso paesaggio di cui, ha annunciato il presidente Rossi, quando il Piano sarà approvato, sarà chiesto il riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità Unesco. Prima di cantar vittoria, la “rivolta della Toscana del vino”, aspetta il risultato finale, da un Consiglio Regionale, peraltro, in scadenza. Che avrebbe dovuto domandarsi prima, conclude Busi, “se c’è un appezzamento di terra incolta, è perché per l’agricoltore, forse, non c’è più economicità nel coltivarlo?”.

Focus - “No a questo Pit”: le Osservazioni sul Piano di Indirizzo Territoriale dei Consorzi di Tutela Vini della Toscana
I Consorzi sono contro “questo” Piano perché:
- non tutela nessun paesaggio, anzi
- danneggia innanzitutto chi lo ha costruito in secoli di lavoro
- ... e chi giorno dopo giorno del paesaggio ha cura
- il paesaggio toscano è innanzitutto un patrimonio degli agricoltori
- è il principale valore aggiunto della nostra viticoltura
- ed averne cura è nel nostro interesse
Ma non si tutela il paesaggio contro gli agricoltori, imponendo vincoli irrealistici ed obbiettivi impraticabili. Non si tutela il paesaggio trasferendo sulle spalle degli agricoltori costi ed oneri, imponendo sempre maggiori obblighi e burocrazia. Il paesaggio si tutela con gli agricoltori, stimolando la loro partecipazione, con poche ma chiare regole. Riconosciamo che il Piano contiene alcune positive indicazioni, soprattutto per quanto attiene i limiti posti al consumo di suolo, ma nelle sue implicazioni per il settore vinicolo il nostro giudizio rimane netto: è un Piano “anacronistico e sbagliato”.
- E’ anacronistico nei suoi assunti teorici e nei suoi obbiettivi pratici, perché punta alla ricostituzione di un paesaggio agrario che non c’è più, superato dalla storia.
- E’ anacronistico perché guarda al passato più che al futuro.
- E’ anacronistico perché sembra che il mondo contemporaneo non lo interessi.
Nel 2014 sono credibili questi obbiettivi? - E’ “prioritaria la conservazione dei paesaggi agricoli tradizionali” (scheda 17, Val d’Orcia).
- “Favorire la riattivazione di economie agrosilvopastorali” (scheda 17, Val d’Orcia).
- E’ “prioritaria la conservazione dei paesaggi agropastorali tradizionali (scheda 18, Maremma).
- “I principali indirizzi per il paesaggio collinare (…) sono volti a … riattivare le economie agrosilvopastorali (scheda 19, Amiata).
E potremmo continuare a lungo ...
E’ profondamente sbagliato, nel suo impianto e per le sue conseguenze, perché:
- è un piano di oltre 3.000 pagine, illeggibile per chiunque
- è composto da 4 documenti principali, 20 schede d’ambito, decine di allegati e un numero infinito di cartografie
- contiene indicazioni contraddittorie, dove niente è definito con precisione
- trasferisce ai funzionari pubblici un enorme potere discrezionale
- accresce la burocrazia
- in molte sue parti è del tutto incomprensibile
- ha un’impronta vincolistica
- è in contrasto con le sue stesse dichiarazioni di principio, che tuttavia non vengono mai portate all’interno della Disciplina di Piano
- infine, è quasi ossessivo nella sua penalizzazione della moderna viticoltura:
“si deve (…) prevenire le espansioni ingiustificate della viticoltura viticola” (scheda 15, piana di Arezzo e Val di Chiana).
Si deve “prevenire l’opinata estensione dei vigneti” (scheda 17, Val d’Orcia).
Si deve “impedire la realizzazione di nuovi vigneti ai danni di aree di pascolo” (scheda 17, Val d’Orcia).
Si deve “contrastare ulteriori trasformazioni in vigneti specializzati” (scheda 17, Val d’Orcia).
“Sono da evitare la realizzazione di coltivazioni agricole intensive (leggi vigneti specializzati) ai danni di aree di pascolo” (scheda 18, Maremma)
Con le nostre Osservazioni abbiamo chiesto di rivedere profondamente l’impianto del Piano, facendo proposte costruttive che riguardano:
- la revisione della Disciplina del Piano con la modifica di una serie di articoli
- la revisione del Documento di Piano per rendere chiari i riferimenti giuridici e le politiche attive che il Governo regionale intende seguire - la revisione puntuale di tutte le Schede d’Ambito che interessano in nostri Consorzi.

Focus - I firmatari del “No a questo Pit”
Consorzio Chianti Colli Fiorentini
Consorzio Chianti Colli Senesi
Consorzio Chianti Rufina
Consorzio del Vino Brunello di Montalcino
Consorzio del Vino Chianti Classico
Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano
Consorzio della Denominazione San Gimignano
Consorzio di Tutela dei Vini Carmignano
Consorzio di Tutela Doc Bolgheri
Consorzio di Tutela Doc Bolgheri Sassicaia
Consorzio di Tutela del Vino Morellino di Scansano
Consorzio Valdarno di Sopra Doc
Consorzio Vini Cortona
Consorzio Vini Valichiana Toscana
Consorzio Vino Chianti
Consorzio Vino Doc Grance Senesi
Consorzio Vino Orcia
Consorzio Vino Terratico di Bibbona
Ente Tutela Vini di Toscana

Focus - Le osservazioni al Piano di Indirizzo Territoriale (Pit) delle Città del Vino
Anche l’Associazione Nazionale Città del Vino, che riunisce i Comuni vinicoli d’Italia, e ovviamente anche quelli della Toscana, ha voluto inviare le sue “osservazioni” sul Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana, redatte dall’architetto Pier Carlo Tesi, ispiratore e curatore del cosiddetto “Piano Regolatore delle Città del Vino”.
Innanzitutto - si legge in una nota - l’Associazione ritiene che il Piano, pur in presenza di criticità, non sia poi così negativo come parte del mondo del vino toscano lo sta dipingendo. È certo che il tema suscita un forte interesse anche tra i non “addetti ai lavori”, come testimonia un recente sondaggio a cura di Swg apparso su “Il Venerdì di Repubblica”, lo scorso 19 settembre (pag. 53) nella rubrica “Luci di posizione” sulla difesa dei vigneti toscani, secondo il quale il 29% degli intervistati è a favore di una stretta osservanza alla storicità del paesaggio vitato, mentre il 50% è favorevole ad una “viticoltura moderna”; il 21% non sa rispondere.
Sulla seconda risposta, che riguarda la modernità dei metodi costruttivi dei vigneti, bisogna stare attenti a non equivocare - afferma Paolo Benvenuti, direttore dell’Associazione Nazionale Città del Vino - perché sarebbe un errore grave pensare che le aziende dovrebbero poter fare come gli pare. Oggi occorre fare tesoro delle indicazioni che la ricerca e le moderne tecnologie mettono a disposizione per modernizzare la viticoltura in termini di redditività, di qualità e di sostenibilità. Basta conoscere, ad esempio, le raccomandazioni del Cra (Centro Ricerche per l’Agricoltura) di Conegliano su questi specifici argomenti. È comunque interessante vedere che il 79% del campione conosce il paesaggio vitato toscano, sa di cosa si sta parlando, e questo è molto importante perché dà sia alle imprese sia agli amministratori una responsabilità ancora più grande: quella di mantenere un bene che è collettivo”. C’è di più: persino il quotidiano Usa New York Times ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo che riprende proprio il dibattito sul piano del paesaggio della Toscana a dimostrazione dell’interesse che il tema suscita a livello internazionale. Benvenuti si sofferma poi anche su un altro aspetto: “la libertà di realizzare nuovi vigneti è un falso problema - afferma ancora - perché il sistema è contingentato e anche l’Italia e tutti i portatori di interessi, compresi i Consorzi di tutela, si sono espressi contro la liberalizzazione dei diritti d’impianto, congelata fino al 2018. Il settore vitivinicolo è comunque dentro la nuova Politica Agricola Comune che, di fatto, condiziona la sovranità del settore”.
Il paesaggio rurale comunque cambia affinché le imprese agricole possano esistere; pertanto non è possibile frenarne il mutamento, bensì occorre governarlo perché sia sostenibile; al bello non si deve rinunciare perché quel “bello” ha anche un valore economico, e i produttori vitivinicoli lo sanno bene. Questi i presupposti che stanno alla base delle osservazioni sul Pit presentate alla Regione Toscana dall’Associazione Città del Vino, secondo la quale la sfida sta tutta nel saper governare i cambiamenti imposti dall’evoluzione economica, stando attenti a non perdere quella qualità che distingue il rapporto tra il territorio (il paesaggio) e le produzioni agricole (la viticoltura, nel nostro caso).
Il Piano offre, secondo l’Associazione, un’ampia e dettagliata analisi del territorio toscano, e offre anche indicazioni tecniche e scientifiche, ad esempio, su come è opportuno fare oggi nuovi vigneti in rapporto la suolo e alle caratteristiche dell’ambiente. Il problema, semmai è che il Piano non contiene indicazioni su quali risorse finanziarie vi sono per incentivare i produttori ad intervenire nella tutela diretta del paesaggio ed è evidente il mancato coordinamento tra le prescrizioni paesaggistiche del Piano e ciò che prevede il Piano di Sviluppo Regionale agricolo: urbanistica e agricoltura avrebbero dovuto dialogare di più per evitare che si generasse una contrapposizione, a volte ideologica e poco pratica, sul “paesaggio cartolina” che in realtà nessuno vuole.
L’Associazione Città del Vino sollecita per l’ennesima volta la realizzazione di una carta approfondita della vocazionalità dei suoli toscani, che il Piano attuale non presenta, e che aiuterebbe molto imprese e enti locali a fare le migliori scelte possibili di gestione del territorio.
L’Associazione Città del Vino considera, infine, molto positivo il fatto che il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi abbia dichiarato di voler chiedere all’Unesco il riconoscimento del paesaggio toscano come patrimonio dell’umanità quando il Pit sarà stato definitivamente adottato.

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