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Il boom del vino in Cina? In realtà ancora non c’è stato. Parola di Simon Staples, direttore vendite in Asia dello storico ed autorevole wine merchant inglese “Berry Bros & Rudd”. Che a “The Drink Business” spiega: “cresce l’Italia, grazie al Barolo”

Il boom del vino in Cina? In realtà ancora non c’è stato. Anche perché è davvero difficile portare vino legalmente nel Paese, considerato che tra tutto si arriva a pagare il 50% in tasse. E anche perché i cinesi vogliono e possono spendere, ma non vogliono pagare le cose più di quanto valgono. Lo ha detto a “The Drink Business” Simon Staples, direttore vendite in Asia dello storico ed autorevole wine merchant inglese “Berry Bros & Rudd”. Che, in qualche modo, benedice la stretta imposta dal governo di Pechino alle spese di rappresentanza, che nei mesi scorsi avevano contribuito a gonfiare i prezzi di Bordeaux all’invero simile.
“È bello poter tornare a fare mercato e a vendere vino in quanto tale, e non come fosse una commodity o un titolo azionario. Stiamo vendendo ancora tante etichette di Bordeaux, le cose vanno molto bene”. E un buon segnale arriva anche per i vini italiani, secondo Staples, soprattutto da Hong Kong, che spesso anticipa i trend di consumo e di stile che poi si verificano in “mainland China”.
“Cresce l’interesse per l’Italia del vino - spiega Staples - soprattutto per i vini di piccoli produttori di Barolo come Bartolo Mascarello. Comprare un Sassicaia, per i consumatori asiatici di Hong Kong, in qualche modo è già diventato banale”. Segnali di come i promettenti mercati asiatici si evolvano ad una velocità che nel mondo del vino, forse, non si era mai vista prima.

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